1155 ca.
ROMAN D’ENEAS, vv. 4426-4485
Traduzione da: Le Roman d’Eneas. Il Romanzo di Enea, edizione di Aimé Petit (BN fr. 60), introduzione, traduzione, note e indice tematico di A.M. Babbi, Memini, Paris-Roma, 1999
Vulcano comprese che sua moglie
voleva che usasse la sua arte;
le promise dolcemente
di fare secondo il suo desiderio
e la baciò più di cento volte. 4430
Quella notte giacque con Venere
E fece con lei il suo piacere,
secondo il suo desiderio:
era da sette anni
che non la possedeva
e non gli giaceva con lei in un letto
a causa della collera che c’era tra loro.
Vi racconterò brevemente
Il motivo di quella lite.
Vulcano sapeva con certezza 4440
Che Marte, dio della guerra,
amava sua moglie e lei lui:
per questo si odiavano.
Vulcano era un artista nel suo mestiere,
dio del fuoco e del forgiare:
fece una leggera rete di ferro –
i fili erano delicati –
la preparò intorno al letto.
Quando Marte si coricò con Venere,
e la tenne tra le braccia, 4450
Vulcano tirò i suoi lacci:
li imprigionò nella rete:
riunì tutti gli dei
e mostrò loro apertamente
quel flagrante adulterio.
Quella cosa dispiacque agli dei,
per quanto ce ne fossero alcuni
che avrebbero voluto essere insieme
abbracciati strettamente a lei.
La dea s’adiro 4460
E odiò il marito;
mai gli dimostrò amore
né bel sembiante fino a quel giorno
che lo pregò di fare le armi.
Se avesse potuto tirarsi indietro
L’avrebbe fatto volentieri,
se non avesse voluto che suo figlio
avesse uno scudo e un usbergo forti
per difendere il suo corpo da morte;
se non fosse stato per chiedere le armi 4470
non l’avrebbe pregato a lungo.
Gli perdonò la sua bravata,
pensò che per bisogno
doveva pregare
Vulcano, se voleva ottenere il suo scopo:
dovette blandirlo e lusingarlo
e supplicarlo come meglio poteva.
La notte si riconciliarono.
Venere si dette da fare
per riuscire nel suo intento. 4480
Vulcano non cercò di sottrarsi:
il giorno dopo si alzò.
chiamò tutti i suoi operai
e li pregò di iniziare,
di fare e compiere l’opera.