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II sec. d.C.

LUCIANO, Dialoghi di dei

Traduzione da: Luciano, Dialoghi di dei e di cortigiane, traduzione di A. Lami e F. Maltomini, BUR, Milano 2001

 

17, Ermes e Apollo

Ermes: Però, Apollo! Che uno, zoppo lui stesso e che di mestiere fa l’operaio, si sia sposato le più belle, Carite e Afrodite!

Apollo: Un colpo di fortuna, Ermes. Semmai mi stupisco di questo: che quelle sopportino di starci insieme, soprattutto quando lo vedono grondante di sudore, chino sulla fornace, con tutta quella fuliggine sul viso. Eppure uno cos’ l’abbracciano, se lo baciano e ci dormono insieme.

Ermes: Ciò contraria anche me e mi fa geloso di Efesto. Tu, Apollo, hai un bel portare lunghi i capelli, un bel suonar la cetra e menar vanto della tua bellezza ed io del mio vigore e della lira. Poi, quando c’è da andare a letto, dormiremo soli.

Apollo: Io, poi, sono sfortunato in amore e specialmente con quei due che ho amato di più, Dafne e Giacinto. Lei mi sfugge e mi odia, al punto che ha preferito diventar di legno piuttosto che stare con me, e lui è stato ucciso dal disco. Ed ora, invece di loro, ho delle corone.

Ermes: Io una volta con Afrodite... ma non bisogna vantarsi.

Apollo: Lo so, e si dice che ti abbia generato Ermafrodito. Ma dimme questo, se ne sai qualcosa: com’è che Afrodite non è gelosa di Carite né Carite di lei?

Ermes: Il fatto è, Apollo, che quella sta con lui a Lemno e Afrodite in cielo. E soprattutto, questa è presa di Ares e ne è innamorata, sicché poco le importa del nostro fabbro.

Apollo: E pensi che Efesto lo sappia?

Ermes: Lo sa. Ma che potrebbe fare vedendo che quello è un giovane prode e un guerriero? Così se ne sta quieto. Soltanto, minaccia di fabbricare per loro certe catene e di prenderli alla rete mentre sono a letto.

Apollo: Non lo sapevo, ma mi augurerei d’esservi preso io con lei.

 

20 Afrodite e Eros

[...]

Eros: [...] Oppure tu, madre, sei disposta, tu, a non amar più Ares e che lui non ami più te?

[...]

 

21 Apollo e Ermes

Apollo: Perché ridi, Ermes?

Ermes: Perché, Apollo, è davvero ridicolo quel che ho visto.

Apollo: Raccontami dunque, così dopo potrò ridere anch’io.

Ermes: Afrodite è stata colta sul fatto con Ares e Efesto li ha presi insieme e incatenati.

Apollo: Come? Hai l’aria di chi sta per raccontare una storiella deliziosa.

Ermes: Da un pezzo doveva essere al corrente della cosa e faceva loro la posta e così, messe delle

Catene invisibili tutt’intorno al letto, se ne andò a lavorare alla fucina. Più radi entra Ares di nascosto, così almeno pensava, ma Elios lo scorge e lo dice a Efesto. Dopo che se ne andarono a letto ed erano all’opera e furono dentro la rete, ecco, le catene gli si intrecciano intorno e Efesto gli è sopra. Lei, che si trovava nuda, piena di vergogna, non sapeva come coprirsi. Quanto ad Ares, dapprima cercò di fuggire sperando di rompere le catene, poi, quando capì che non aveva scampo, si mise a supplicarlo.

Apollo: E allora? Efesto lo ha liberato?

Ermes: Non ancora. Anzi, chiama a raccolta gli dei e mostra loro la tresca. Quei due, nudi, a capo chino, incatenati, sono rossi di vergogna, e a me è parso uno spettacolo veramente delizioso: non mancava che di vederli all’opera!

Apollo: Ma il fabbro non ha ritegno, anche lui, a esibire l’offesa al suo matrimonio?

Ermes: Niente affatto, per Zeus! Gli sta sopra e li deride. Io però, se devo dire la verità, provavo invidia per Ares, che non solo ha sedotto la dea più bella, ma se ne stava anche incatenato con lei.

Apollo: Dunque accetteresti perfino di stare in catene per questo?

Ermes: E tu no, Apollo? Va’ solo a dare un’occhiata e se poi non ti augurerai anche tu la stessa cosa, i miei complimenti!