I sec. d.C.
STAZIO, Le Selve, I, 2, 51-60
Traduzione da: Publio Papino Stazio, Le Selve, in Opere, a cura di A. Traglia e G. Aricò, UTET, Torino 1987
Una volta, per caso, nella serenità celeste della Via Lattea, appena terminata la notte, l’alma Venere riposava liberata dal duro amplesso del suo amante getico. Attorno ai piedi del talamo della dea e del suo letto fa ressa una schiera di teneri amorini; essi attendono il segnale, chiedendo quali faci ordini loro di portare, quali cuori dovranno esser trafitti, se preferisca che imperversino per terra o per mare, o che sconvolgano l’animo degli altri dei o che tormentino ancora il Tonante Giove. Ella non ha ancora dei progetti e la sua volontà non è ancora determinata nel suo animo. Stanca giace sul letto intorno al quale furono tesi una volta dei lacci fabbricati a Lemno, perché costituissero la prova della colpa, allorché fu colta, così, in flagrante adulterio.