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I sec. d.C.

OVIDIO, Metamorfosi, IV, 167-189

Traduzione da: Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, traduzione a cura di P. Bernardini Marzolla, Einaudi, Torino 1994

 

Anche questi che regola tutte le cose con luce astrale, il Sole, fu preso da amore. Racconteremo gli amori del Sole. Si pensa che questo dio fosse il primo ad accorgersi dell’adulterio di Venere con Marte: questo dio vede tutto per primo. Si indignò, e a Vulcano, figlio di Giunone e marito di Venere, rivelò quei segreti convegni, e il luogo di quei convegni. E a Vulcano cascarono le braccia, nonché il lavoro che teneva nella sua mano d’artefice. Appena si riprese, fabbricò con estrema cura sottilissime catene di bronzo e con esse una rete e lacci tali da sfuggire alla vista: non c’era tessuto, non c’era ragnatela appesa a trave di soffitto che superasse quell’opera in trasparenza. E fece in modo che scattassero al più leggero tocco e al minimo movimento, e dispose il tutto opportunatamente intorno al letto. Quando Venere e l’amante andarono insieme a letto, tutti e due rimasero presi in quella trappola meravigliosa e di nuova invenzione preparata dal marito, immobilizzati nel bel mezzo dell’amplesso. Il dio di Lemno spalancò di colpo la porta d’avorio e fece entrare gli dei. I due giacevano legati in posa vergognosa, e qualcuno degli dei meno severi osservò che non gli sarebbe spiaciuto essere svergognato così. Tutti risero, e per lungo tempo questa storia fu sulle bocche di tutti per tutto il cielo.