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VIII sec. a.C.

OMERO, Odissea, VIII, vv. 266-366

Traduzione da: Omero, Odissea, a cura di R. Calzecchi Onesti, Einaudi tascabili, Torino 1989

 

Ed ecco tentando le corde intonò un bel cantare

L’aedo: gli amori d’Ares e d’Afrodite bella corona,

quando la prima volta s’unirono nella casa d’Efesto

furtivi, e molti doni le diede e il letto disonorò

del sire Efesto; ma a lui fece la spia                                                               270

il Sole, perché li vide abbracciati in amore.

E come Efesto udì la parola strazio del cuore,

andò alla fucina, nel cuore profondo meditando vendetta,

e sul sostegno pose la grande incudine e batteva catene

da non poter sciogliere o infrangere, perché restassero presi.

Poi com’ebbe finito la trappola, sdegnato contro Ares,

andò nella stanza, dov’era il suo letto,

e ai sostegni del letto attaccò le catene in cerchio, da tutte le parti,

e molte anche dall’alto, dal soffitto, pendevano,

sottili come fili di ragno, e nessuno avrebbe potuto vederle,                             280

neppure dei numi beati: con grande astuzia eran fatte.

Quando tutta la trappola intorno al letto ebbe stesa,

finse d’andare a Lemno, rocca ben costruita,

che gli è carissima sopra tutte le terre.

Non da cieco spiava Ares dalle redini d’oro,

e come vide Efesto, l’inclito artefici, andarsene,

corse alla casa d’Efesto glorioso,

bramando l’amore di Citerea bella corona.

Lei, dalla casa del padre Cronide somma potenza

Tornata da poco, sedeva; egli entrò nella casa                                                290

e le prese la mano e disse parola, diceva:

“Qui cara, andiamo al letto e stendiamoci.

Non è più Efesto fra noi, ma forse a quest’ora

È già a Lemno, fra i Sintii dal rozzo linguaggio”.

Così disse, e a lei sembrò caro stendersi.

E nella trappola entrati, si stesero; e intorno ricaddero

le ingegnose catene dell’abilissimo Efesto:

non potevan più muovere né alzare le membra,

ma lo capirono solo quando non c’era più scampo.

E fu loro addosso lo Zoppo glorioso,                                                               300

tornato subito indietro, prima di raggiungere Lemno,

ché il Sole montava la guardia e gli fece la spia:

e lui corse a casa, affitto nel cuore,

e si fermò sotto il portico: l’ira lo dominava, selvaggia.

Paurosamente gridò, e tutti i numi raggiunse:

“Zeus padre, o voi altri, o dei beati sempre viventi,

qui a veder cose vergognose e ridicole,

come la figlia di Zeus, Afrodite, ma che son zoppo,

disprezza sempre, ama Ares crudele,

perché è bello e sano di gambe; e io invece                                                    310

son nato sciancato: e nessun altro ne ha colpa,

tranne i due genitori: oh non m’avessero mai generato!

Ma guardate dove fanno all’amore quei due,

saliti sopra il mio letto... Scoppio di rabbia a vederli.

Ora però non vorrebbero, penso, più neppure un minuto

Giacere insieme, per molto che s’amino: sì, non vorranno

Dormir più insieme, ma li terrà la catena, la trappola,

finché tutti mi renda il padre i doni di nozze

quanti ho dovuto pagarne per questa sposa senza pudore.

Certo, ha una figlia bella, ma incontinente!”                                                    320

Diceva così, e i numi s’adunarono sulla soglia di bronzo;

venne Poseidone che cinge la terra, venne il benefico

Ermete; venne il sovrano preservatore Apollo;

le dee, per pudore, rimasero nella sua casa ciascuna

Stavano ritti nel portico i numi datori di beni,

e inestinguibile riso scoppiò fra i numi beati

a vedere la trappola dell’abilissimo Efesto.

Così qualcuno guardando diceva a un altro vicino:

 “Non fruttan bene le mali azioni; il lento acchiappa il veloce.

Come appunto ora Efesto, che è lento, acchiappò Ares,                                     330

il più veloce fra i numi che hanno l’Olimpo,

lui, lo zoppo, con l’arte sua; e pagherà l’adulterio!”

Così dicevano queste cose fra loro.

E il sire Apollo figlio di Zeus diceva a Ermete:

“Ermete figlio di Zeus, messaggero, datore di beni,

vorresti, premuto così sotto gagliarde catene,

dormire in letto con l’aurea Afrodite?”

E gli rispose il messaggero Argheifonte:

“Potesse questo avvenire, sovrano lungisaettante Apollo,

catene tre volte più grosse, infinite, mi tenessero avvinto,                                 340

e tutti veniste a vedermi, voi dei, e poi anche le dee:

io dormirei volentieri con la dorata Afrodite!”

Così diceva, e una risata scoppiò fra i numi immortali.

Ma Poseidone non rise: continuamente pregava

Efesto l’artefice illustre, di scigliere Ares,

e a lui rivolto parole fugaci diceva:

“Scioglilo: ti prometto che come vorrai

ti pagherà tutto il giusto davanti ai numi immortali”.

E gli rispose lo Zoppo glorioso.

“No, Poseidone che cingi la terra, non chiedermi questo:                                   350

misera garanzia garantir per i vili.

Come potrei obbligarti davanti ai numi immortali,

se Ares ci scappa, eludendo la catena e la pena?”

E Poseidone che scuote la terra, diceva:

“Efesto, se Ares, eludendo il dovuto,

se la squaglia e ci sfugge, pagherò tutto io”.

E allora rispose lo Zoppo glorioso:

“Non si può e non sta bene opporsi al tuo detto”.

Così dicendo la forza d’Efesto scioglieva la trappola:

e i due, come furon liberi dalle catene, quantunque gagliarde,                            360

d’un balzo l’uno se ne andò subito in Tracia,

e l’altra andò a Cipro, Afrodite ch’ama il sorriso,

a Pafo, dov’ella ha un tempio e un altare odoroso;

qui la lavaron le Cariti e l’unsero d’olio

immortale, come s’ungono i numi sempre viventi,

e le vestirono vesti amabili, meraviglia a vederle.