Titolo dell'opera: Adorazione di Ino-Leucotea-Mater Matuta, significata per Sibilla Albunea-Tiburtina
Autore: Cesare Nebbia (bottega di Girolamo Muziano)
Datazione: 1569
Collocazione: Tivoli, Villa d’Este, (II Stanza Tiburtina)
Committenza: Cardinale Ippolito d’ Este
Tipologia: pittura parietale
Tecnica: affresco
Soggetto principale: sul piedistallo èseduta in trono col suo bambino, la statua d’oro di Ino che, trasformata in Leucotea/Mater Matuta o Albunea, la Sibilla Tiburtina; davanti a lei, figurano dei personaggi in adorazione: i Profeti, a sinistra e i Tiburtini inginocchiati e schierati in semicerchio sulla destra, circuiscono il basamento in marmo che sostiene la sua immagine
Soggetto secondario:
Personaggi: Sibilla Albunea/Ino-Leucotea, Melicerte, Profeti, tiburtini
Attributi: Melicerte (Ino-Leucotea-Mater Matuta/Sibilla Albunea-Tiburtini); baffi, barba folta, barba lunga, tavole,talare (Profeti); tunica,corazza (Tiburtini)
Contesto: Un paesaggio rigoglioso di vegetazione lussureggiante, fa da sfondo alla figura della Sibilla che sembra bagnata dalle acque della fonte che sgorga, alle sue spalle, da un terrapieno sovrastato da un tempio a pianta circolare di ordine corinzio
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Coffin David Robbins, Villa D’Este Tivoli, Princenton 1960, tav.85, pagg. 56, 60-64; A. Bertolotti, Artisti belgi e Olandesi a Roma nei secoli XVI-XVII,Firenze 1880, pagg. 194-205; A. Venturi, Storia dell’Arte Italiana, IX Milano 1932, pagg. 908-912.
Annotazioni redazionali: l’affresco in questione che, sulla parete finge un arazzo contenuto da una cornice rettangolare realizzata in stucco, si trova all’interno della seconda stanza Tiburtina, cosiddetta, per le decorazioni a sfondo mitologico accentrate intorno a Tivoli. Qui, sulle due pareti più lunghe di ogni stanza, un dipinto rettangolare viene affiancato da piccoli ovali verticali, all’interno dei quali, musica e dramma sono personificate fa figure femminili che reggono strumenti musicali, un libro aperto o una maschera. Sulla sommità della volta della stanza, inoltre, è ritratto il dio Sole, Apollo, connotato da un attributo a corde come la lira che, insieme ai suoi corsieri e messaggeri, figura sulla propria quadriga trainata da quattro cavalli di cui due bianchi e due pezzati. L’autore degli affreschi delle due stanze Tiburtine, collocate al piano superiore della villa, sembra essere Cesare Nebbia, un allievo assistente di Girolamo Muziano, il quale esegue e porta a termine la decorazione tra il febbraio e il giugno del 1569. L’attività del Nebbia, come mastro pittore, è attestata dai taccuini dei pagamenti in cui compare citato come Cesare Nebula. L’immagine in questione ritrae, seduta in trono, la locale Sibilla Albunea detta Tiburtina che una leggenda popolare identificava con Ino, trasformata da Venere in Leucotea, cioè bianca nella lingua greca, e albunea e aurora nella lingua latina. Tentare di sciogliere l’enigma legato all’associazione della figura della Sibilla Albunea o Tiburtina con Ino-Leucotea-Mater Matuta, che fra l’altro sembra riscontrarsi solo a Tivoli, è impresa ardua se non impossibile, quand’anche, allo stesso Pirro Ligorio, colui che progettò e realizzò non solo la villa, ma anche l’immenso complesso monumentale del giardino, dall’intricato significato iconologico, sfuggiva il non dimostrato passaggio di Ino in Sibilla nel territorio romano.
Claudia Terribili