27: Ino

Titolo dell'opera: Sibilla Albunea detta Tiburtina e Melicerte

Autore: Gillis Van Den Uliete (eseguita sul modello di Pirro Ligorio)

Datazione: 1568

Collocazione: Tivoli, Villa d’Este

Committenza: Cardinale Ippolito d’Este

Tipologia: statue a tutto tondo

Tecnica: scultura in travertino

Soggetto principale: seduta in trono, la massiccia figura della Sibilla Albunea, detta Tiburtina, è vestita di chitone e di hìmation, il cui panneggio è reso con vivo plasticismo e senso volumetrico, in modo particolare nelle ampie e pesanti pieghe accentuate sulle gambe. La Sibilla tiene il braccio sinistro disteso sopra il petto, mentre, col braccio destro sostiene la schiena di un bambino nudo, Tivoli/ Melicerte che, alla sua destra, figura in piedi

Soggetto secondario:

Personaggi: Sibilla Albunea detta Tiburtina/Ino-Leucotea-Mater Matuta (?), Tivoli/Melicerte (?)

Attributi: chitone, hìmation, Tivoli (Sibilla Albunea, detta Tiburtina)

Contesto: la statua è ubicata al centro della terrazza porticata ad archi su pilastri (la cui sintassi richiama il linguaggio albertiano nel fianco del Tempio Malatestiano), che circuisce la fontana principale del giardino di Villa d’Este: la fontana grande, detta dell’Ovato

Precedenti: Mater Matuta, Soprintendenza Archeologica della Toscana, Roma 1975, pagg. 1-4, fig. p.1

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Antonio dal Re, Dell’Antichità Tiburtine, Roma 1611, pagg. 46-48; Coffin David Robbins, Villa D’Este Tivoli, Princenton 1960, Tav. 30, 32, pagg. 31 e segg; Marcello Fagiolo, Natura e Artificio, Roma 1979, pagg. 195 e segg.

Annotazioni redazionali: il gruppo scultoreo, composto dalla Sibilla Albunea e Tivoli/Melicerte è parte integrante della principale della fontane del giardino di Villa d’Este: la fontana detta dell’Ovato. Essa consta di un grande bacino ovale semicircondato da un portico ad archi su pilastri scanditi da nicchie entro le quali, un tempo, vi era un gruppo di dieci statue di ninfe acquatiche che, a loro volta, reggevano dei vasi dai quali fuoriusciva l’acqua che finiva nel grande bacino. Tra le 10 ninfe riportate nell’enciclopedia ligoriana, un posto d’onore era tributato alla Sibilla Albunea che la tradizione vuole connessa con Leucotea-Mater Matuta. Intorno al gruppo scultoreo della Sibilla tante sono ancora oggi le incongruenze e i dubbi relativi alla presunta identificazione della figura del bambino. A soli 40 anni dalla realizzazione della Fontana, l’erudito Antonio Del Re informa che la figura del fanciullo altri non era che Tivoli e non piuttosto Melicerte. Tale identificazione della figura con il figlio di Ino (come riportato nel IV libro delle Metamorfosi di Ovidio, ad esempio) contraddirebbe quella tradizione che vedeva la capacità profetica delle Sibille strettamente dipendente dalla loro condizione di vergini. Se, infatti, l’autenticità della figura femminile è confermata dall’iscrizione che, incisa sulla base del trono ove siede, rileva il nome di SYBILLA ALBUNEA, il fanciullo nudo, Melicerte, compare al suo fianco solo nel 1575, anno in cui, con questo nome, venne messo in intaglio in Roma. Tale equivoco, secondo Del Re, sarebbe scaturito dalla credenza popolare che vedeva e identificava la Sibilla Albunea con Ino-Leucotea e quindi il fanciullo ad essa prossimo con Melicerte. Questa identificazione sembra essere stata particolarmente accentuata dalla critica più recente, ad opera sia, di Coffin David Robbins che attribuisce la realizzazione del gruppo scultoreo al fiammingo Gillis Van Den Uliete su disegno di Pirro Ligorio, sia da parte di Marcello Fagiolo che, pur con la dovuta cautela, propende per questa ipotesi. L’estensione delle prerogative divine della Mater Matuta, deve essersi compiuta, verosimilmente, non solo in funzione del mito di fondazione del culto romano di Leucotea (a questo proposito si rimanda alle annotazioni redazionali della scheda generale di Ino). Le modifiche delle vicende mitiche e delle sfere di influenza che la divinità subisce, sono da attribuire, presumibilmente, ai cambiamenti che condizionarono la cultura della società che ne osservava il culto. Al centro della terrazza porticata che circuisce il bacino è, infatti, seduta in trono, la locale Sibilla Albunea detta Tiburtina, che Ligorio, nella sua enciclopedia, identifica con Ino, trasformata da Venere in Leucotea, cioè bianca nella lingua greca, e albunea e aurora nella lingua latina; tuttavia, tentare di sciogliere il complesso e intricato enigma legato all’associazione della figura della Sibilla Albunea o Tiburtina con Ino-Leucotea-Mater Matuta, che fra l’altro sussiste solo a Tivoli, è impresa ardua se non impossibile, quand’anche, allo stesso Ligorio sfuggiva il non dimostrato passaggio di Ino in Sibilla nel territorio romano. Antiquario erudito, artista eclettico, Pirro Ligorio diventa l’architetto ufficiale del Cardinale Ippolito II d’Este dacché, quest’ultimo, fu nominato, nel Conclave di Giulio III, governatore di Tivoli e il 9 settembre prese possesso del suo ufficio, nell’allora palazzo di Governo (l’antico Monastero Benedettino divenuto, nel 1256 convento Francescano). Da uomo avvezzo al lusso e alla ricchezza delle corti, Ippolito, non si adattò a vivere in un palazzo di Governo ricavato da un austero convento di frati, né d’altra parte, questo concordava con i suoi piani. Concepita come sede diplomatica, al contempo, la villa doveva offrire piacevoli asili agresti per lunghi colloqui d’intesa in opportuni luoghi appartati. Così il fabbricato di villa d’Este  fu ricavato, con opportune modifiche e aggiunte, dall’ex monastero Benedettino già convento Francescano dall’architetto Ligorio, il quale  progettò non solo la villa, ma anche il giardino che, con le sue fontane, scalinate e padiglioni, è uno dei primi e più famosi esempi di giardino all’italiana, un vero capolavoro di fantasia scenografica e decorativa, di gusto squisitamente manierista.      

Claudia Terribili