20: Ino

Titolo dell'opera: Ino e Atamante

Autore: Francesco Xanto Avelli

Datazione: 1528

Collocazione: Vienna, Osterreichisches Museum fur Angewandte Kunst

Committenza:

Tipologia: maiolica

Tecnica: pittura con smalti policromi su coppa istoriata (presso la bottega del mastro Giorgio Andreoli)

Soggetto principale: a sinistra e in primo piano, figura il corpo nudo di Atamante che, nell’atto di torsione del busto accompagnato da entrambe le braccia, sta per scaraventare il corpo del piccolo figlio, Learco, nell’intento di ucciderlo

Soggetto secondario: Sulla destra Ino, in secondo piano e colta di schiena, fugge dallo sposo Atamante con in braccio l’altro figlio Melicerte

Personaggi: Atamante, Learco, Ino, Melicerte

Attributi: Learco (Atamante); Melicerte (Ino)

Contesto: scena all'aperto; sullo sfondo a destra, figurano delle abitazioni schierate a terrazza su di un’altura  

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Hermann W., Horn H.J., Die Rezeption der Metamorphosen des Ovid in der Neuzeit: der antike Mythos in Text und Bild, Gebr. Mann, Berlino 1995, pp. 84-97, tav. 26 a-b; Ravanelli Guidotti C., Corpus Ovidianum della maiolica Italiana datata, in appendice a L’istorato. Libri a stampa e maioliche istoriate nel cinquecento, a cura di Gentilini A.R. e Ravanelli Guidotti C., Gruppo editoriale Faenza editrice, Faenza 1993, pp. 199-236

Annotazioni redazionali: Francesco Xanto Avelli oltre ad essere l’autore dell’immagine sopra citata, è uno fra i più importanti ceramisti del Rinascimento italiano. Tuttavia, l’iconografia, relativa al mito di Ino e Atamante, sembra derivare dall’elaborazione di un modello incisorio; più precisamente, come sostiene C. Ravanelli Guidotti, la fonte iconografica che funse da modello al soggetto mitologico suddetto sarebbe la silografia di Marcantonio Raimondi raffigurante la Strage degli innocenti. Qui, infatti, si distingue la figura centrale di un uomo che, nella stessa posizione di Atamante, figura con un accentuata torsione del busto mentre tiene un bambino per le caviglie e le piccole braccia. D’altra parte, i primi modelli figurativi dei maiolicari italiani vennero realizzati in contemporanea allo sviluppo dell’illustrazione del libro stampato alla cui diffusione si deve non solo quell’autentica proliferazione della circolazione delle idee; ma anche e soprattutto, sul piano della creazione del gusto e della formazione per le arti decorative, di un repertorio di facile reperimento e di costo accessibile. Dalla seconda metà del quattrocento in poi, infatti, la silografia, sostituendo le tradizionali miniature nella produzione libraria a stampa, diventa la protagonista indiscussa nella maggior parte dell’edizioni illustrate. L’arte della stampa incentiva così i maestri ceramisti italiani i quali, stimolati dalla pressante richiesta di una committenza borghese ansiosa di dimostrare un’erudita frequentazione di testi veneti molto in voga, abiurano ai registri decorativi tardo-quattrocenteschi per aderire ad un nuovo repertorio di istorie, favorendo pure una certa uniformità di gusto. D’altra parte per un pubblico non avvezzo alla letteratura dei classici in lingua originale e niente affatto recettivo nei confronti del latino, la formazione di una lingua comune che culturalmente rendesse riconoscibile, ai nuovi lettori, i temi della classicità, sino ad allora patrimonio di pochi eruditi, diventa evidentemente necessaria. Ancora in pieno Rinascimento, infatti, sono tanti coloro che ignorano il latino comprese le categorie dei mestieri e delle arti come pittori, scultori, incisori, ceramisti. Per di più, per il ceramista, spesso senza tirocinio pittorico, era un problema dare forma figurativa ai miti della classicità pagana; infatti, nessuno fra i ceramisti neanche il più erudito Francesco Xanto Avelli dimostra di conoscere direttamente o in maniera autonoma le fonti classiche, le quali venivano dedotte e rielaborate spesso da un modello incisorio oppure pittorico. Fu grazie ai volgarizzamenti o meglio le traduzioni in prosa, tutt’altro che fedeli, che gli artisti in genere riuscirono ad approcciare facilmente con l’universo classico. I modelli iconografici estrapolati, copiati integralmente, o più spesso, disgregati in singole figure, si prestano così ad una lettura generica ma comprensiva di opere e testi diversi; come nel nostro caso, in cui immagini legate alla tradizione iconografica della Bibbia, vengono impiegate per le Metamorfosi ovidiane.   

Claudia Terribili