19: Ino

Titolo dell'opera: la follia di Atamante

Autore: anonimo

Datazione: 1522

Collocazione: Niccolò degli Agostini, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseo, in verso vulgar con le sue allegorie in prosa et istoriato, Venezia 1522, p. 40, f. 3r

Committenza: Niccolò Aristotele de Rossi, detto Zoppino, eVincenzo di Pollo

Tipologia: incisione (per riproduzione a stampa)

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: a sinistra è rappresentato, al centro e in primo piano, Atamante che, uscito di senno, scaraventa il piccolo Learco che tiene per una caviglia, contro il suolo mentre, dietro di lui, in secondo piano a sinistra, figura di lato Ino che, con l’altro figlioletto, Melicerte, tenuto fra le braccia, sta per gettarsi in mare. Sullo sfondo nella zona superiore destra, compaiono stanti sulle onde del mare due personaggi disposti uno di fronte all’altra, Nettuno a destra e Venere a sinistra

Soggetto secondario: al centro verso destra, figurano nude, anguicrinite e con i serpenti che gli circuiscono le braccia, le Furie Tisifone e, presumibilmente, la sorella Megera, mentre minacciano Ino e Atamante che, accomunati dalla stessa sorte, si fanno scudo con i propri corpi, ma nulla possono contro i serpenti che le Furie tengono nelle rispettive mani e che scagliano su di loro. Infine, nella zona superiore in alto e a destra di Ino e Atamante compaiono altre due figure di mostruosi esseri volanti impegnati, insieme alle Furie, nella cruenta azione

Personaggi:  Atamante, Learco, Ino, Melicerte, Nettuno, Venere; Tisifone, Megera (?), Serpenti, Ino, Atamante, Infamia, Violenza

Attributi: Learco (Atamante); Melicerte (Ino); mare, nudità, Venere; tridente, nudità (Nettuno); nudità, anguicrinite, serpenti (Furie); corpi biformi, ibridi, volanti (esseri mostruosi)

Contesto: nella sequenza narrativa delle due scene il mito di Ino e Atamante si snoda entro un unico riquadro dove, le figure, si alternano a brevissimi brani paesaggistici che contribuiscono a separare realisticamente l’illustrazione in due scene

Precedenti: Giovanni dei Bonsignori, Ovidio Methamorphoseos vulgare, Venezia 1497, fig. 32v (Cfr. scheda opera 17)

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia:

Annotazioni redazionali: il titolo della “nuova” versione delle Metamorfosi ovidiane di Niccolò degli Agostini, trae in inganno. La sua, infatti, non è una versione tradotta dall’originale, ma risulta, invero, una trascrizione eseguita  in ottava rima dell’Ovidio Metamorphoseos Vulgare, di Giovanni dei Buonsignori (Inofr02); il quale, a sua volta, aveva tradotto in volgare il commento con l’esposizione critica del 1322 di Giovanni del Virgilio (Inofm08). D’altra parte, almeno sino a tutto il 1500, la maggior parte delle versioni volgarizzate delle Metamorfosi, dipendono direttamente da quelle trecentesche. La scelta poi, dell’insolito metro utilizzato (ottava rima) è, presumibilmente, da tributare al desiderio di restituire agli antichi miti una dignità. Decaduti col Buonsignori ad un’arida prosa i miti, infatti, vengono rielaborati nello spirito dei poemi cavallereschi, acquistando così, una nuova forma poetica. Dal punto di vista iconografico, rispetto ai modelli figurativi precedenti qui le due scene, per la prima volta ribaltate, compaiono nel giusto ordine di successione narrativa; tuttavia, anche le illustrazioni dell’edizione di Niccolò degli Agostini dipendono direttamente da quelle del 1497. L’immagine presa qui in esame, infatti, risulta palesemente dipendente dal suddetto modello figurativo, tanto nella disposizione in cui i personaggi figurano, quanto nell’utilizzo dello stesso metodo illustrativo. La seconda scena a destra nel testo è relativa all’episodio in cui la Furia Tisifone infonde la pazzia nel Palazzo di Atamante e Ino, su incarico di Giunone che, offesa dal comportamento superbo dei suddetti protagonisti del mito, scende negli inferi e persuade le tre Furie a punire il torto ricevuto. In questa scena ritroviamo anche quelle citazioni figurative medioevali e insolite che nell’edizione, questa volta contemporanea di Raffaele Regio, erano scomparse a favore di una interpretazione più rispettosa dei canoni classico-figurativi (Cfr. scheda opera 18). In numero di due, infatti, quegli esseri diabolici volanti già contemplati nell’illustrazione dell’edizione del Buonsignori, sono qui presenti, nella stessa veste di “sorelle putative”, nella zona più alta dell’illustrazione. In basso e in primo piano, tuttavia, Tisifone non è da sola ma, nell’azione cruenta, essa figura impropriamente insieme ad una sua sorella. Questa atipica variante iconografica, tuttavia, non è da tributare ad un vezzo licenzioso dell’anonimo illustratore che invece, pare aver tradotto, sulla scia della versione di Niccolò degli Agostini, un dato che peraltro, non trova riscontri figurativi e testuali (nell’edizione del Buonsignori) tali, da giustificare la duplice presenza delle Furie. Verosimilmente, per coerenza figurativa finalizzata ad una rapida comprensione da parte del fruitore, le due Furie ricompaiono anche nell’illustrazione di “Giunone agli inferi”, che subito precede questa. Un’immagine simile, in cui a prevalere è la tradizione figurativa su quella invece testuale, diventava fruibile e non era fraintesa proprio in virtù di quelle precedenti, ma questo dato, insieme al buon livello artistico tradito dalle incisioni, non giustificano le suddette varianti iconografiche che, di stampo medioevale alcune, palesemente ingiustificate altre, nell’insieme, rivelano incongruenze di tipo figurativo e testuale. Sulla base delle considerazioni fatte, l’unico dato certo è che l’opera dell’Agostini non rappresentò alcuna sorprendente novità, tanto sotto il profilo figurativo, quanto nell’ambito della vasta produzione letteraria dell’epoca; infatti, la sua opera si colloca sulla scia della letteratura popolare di largo consumo.  

Claudia Terribili