Titolo dell'opera: la follia di Atamante
Autore: anonimo
Datazione: 1497
Collocazione: Giovanni dei Bonsignori, Ovidio Methamorphoseos vulgare, Venezia 1497, fig. 32v
Committenza: Lucantonio Giunta
Tipologia: incisione (per riproduzione a stampa)
Tecnica: xilografia (9,2 x 14,4 cm)
Soggetto principale: dal centro, verso sinistra, la Furia Tisifone è rappresentata anguicrinita e con il corpo nudo cinto da un serpente intorno alla vita mentre varca la porta del palazzo di Atamante. Sempre a sinistra, Tisifone, nuovamente raffigurata, scaglia sul petto di Ino e Atamante i due serpenti che tiene nelle rispettive mani; nella zona superiore, in alto e a destra di Tisifone, compaiono tre figure di esseri mostruosi di cui, due volanti che, insieme alla Furia, sono impegnati nella cruenta azione.
Soggetto secondario: a destra è rappresentato Atamante che, uscito di senno, sta per scaraventare il piccolo Learco tenuto per una caviglia contro una roccia mentre, davanti a lui, figura di spalle Ino che, con l’altro figlioletto, Melicerte, tenuto fra le braccia, si getta in mare. Sullo sfondo, nella zona superiore destra, compaiono stanti sulle onde del mare due personaggi stanti, uno di fronte all’altra, Nettuno a sinistra e Venere a destra.
Personaggi: Ino, Atamante, Tisifone, serpenti, Terrore, Infamia, Paura; Tisifone, Atamante, Learco, Ino, Melicerte, Nettuno, Venere
Attributi: nuda, anguicrinita, serpenti (Tisifone); corpi biformi, ibridi, volanti (esseri mostruosi); anguicrinita, nuda, serpente attorcigliato in vita (tisifone); Learco (Atamante); Melicerte (Ino); mare, nudità, Venere; tridente, nudità (Nettuno)
Contesto: nella sequenza narrativa delle due scene il mito di Ino e Atamante si snoda entro un unico riquadro dove, le figure, si alternano a brevissimi brani paesaggistici che contribuiscono a separare realisticamente l’illustrazione in due scene.
Precedenti:
Derivazioni: Raffaello Regio, Metamorphoseon Pub. Ovidii Nasonis libri XV cum Raphaelis Regii Volterrani luculentissima explanatio, per Giorgio Rusconi, Venezia 1521, libro IV, fol. 56b (Cfr. scheda opera 18); Niccolò degli Agostini, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseo, in verso vulgar con le sue allegorie in prosa et istoriato, Venezia 1522, fig. F. 3r. p. 42 (Cfr. scheda opera 19)
Immagini:
Bibliografia: Henkel M.D., Illustrierte Ausgaben, Amburgo 1970, pp. 64-71; Huber-Rebenich G., L’iconografia della mitologia antica tra Quattro e Cinquecento. Edizioni illustrate delle Metamorfosi di Ovidio, in “Studi Umanistici Piceni”, 12, 1992, pp. 123-133; Wlosok A, ad vocem Junos abstieg in die unterwelt, in Hermann W., Horn H.J., Die Rezeption der Metamorphosen des Ovid in der Neuzeit: der antike Mythos in Text und Bild, Gebr. Mann, Berlino 1995, pp. 129-149, tav. 37 b; Lord C., Three manuscripts of the Ovide moralisè, in "The Art Bulletin", 3, 1975, pp. 161-175; Guthmuller B., Mito, Poesia, Arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997, p. 243, p. XV, tav. 23
Annotazioni redazionali: l’immagine appartiene alla prima edizione illustrata dell’Ovidio Methamorphoseo Vulgare, opera che venne stampata nel 1497 a Venezia (Inofr02). Si tratta di una versione in volgare, il cui testo poetico, apparentemente costituito dalla volgarizzazione trecentesca di Giovanni dei Buonsignori è, invero, composto da vari commenti. Tra questi, infatti, si riscontra non solo quello di Giovanni del Virgilio, ma anche quelli di altri traduttori italiani del trecento che trasformano l’opera mitografica di Ovidio, in latino, in un compendio in volgare di allegorie morali. Il testo, pertanto, risulta pregno di quella particolare ricezione a carattere enciclopedico, sintomatica della tendenza esegetico-allegorica che caratterizza, ad esempio, opere della seconda metà del ‘300 come L’Ovidius Moralizatus (Inofm07). Sebbene la concezione umanistica di Ovidio era quella di poeta erudito, raccomandato come modello di lingua e stile tuttavia, l’approccio di tipo filologico non si era ancora imposto. D’altronde il grande favore che l’opera riscosse sul vastissimo pubblico, testimonia non solo che questo era il metodo ancora preferito, ma anche l’arguta intuizione dell’editore Lucantonio Giunta, il quale preferì puntare su di uno stile e una lingua più accessibili piuttosto che su di una versione fedele al testo originale. Anche dal punto di vista figurativo, l’edizione del 1497, riscontra un favore di consensi nell’opinione pubblica tale da conquistarsi, nelle edizioni successive, un ruolo decisivo e determinante nell’iconografia ovidiana. In generale le immagini, illustrative del testo, presentano all’interno di ogni riquadro almeno due momenti diversi del mito che, da leggersi da sinistra a destra, solitamente, risultano connessi da elementi architettonici. Dal carattere prevalentemente narrativo, le scene sono realizzate con il tradizionale metodo illustrativo dei codici miniati in cui, in ogni illustrazione si ripetono i personaggi principali, seguendo la successione delle azioni del poema. La silografia presa in esame illustra in particolare, del IV capitolo relativo al mito di Ino e Atamante, la follia che colpisce i due protagonisti, provocata dall’intervento, su richiesta di Giunone, della Furia Tisifone. Nella scena, infatti, quest’ultima è rappresentata in due momenti consecutivi della vicenda: al centro figura prima da sola, mentre varca la porta del palazzo di Atamante poi, subito appresso, insieme alle malvagie sorelle; Terrore, Infamia, Paura, tutte insieme intente a spaventare e far uscire di senno Atamante e la sposa, Ino. Tuttavia, del tutto insolite, dal punto di vista figurativo, appaiono queste tre figure maligne al seguito di Tisifone che, sebbene menzionate nel testo ovidiano delle Metamorfosi, sono qiu rappresentate per la prima volta. Caratterizzate da un aspetto mostruoso in Ovidiosembranopiuttosto personificazioni simboliche della Furia Tisifone; invece, nella versione illustrata del Buonsignori, esse, accompagnano concretamente Tisifone e, come tali, vengono rappresentate. L’illustratore, per altro anonimo, sembra aver interpretato alla lettera la nuova versione del testo e, in mancanza di un modello figurativo a cui ispirarsi, ha creato, con un risultato piuttosto ingenuo, questi esseri diabolici; tuttavia, forse non è un caso che essi non influenzarono la tradizione figurativa delle edizioni successive. Nella parte destra dell’illustrazione si snoda la scena, da leggersi da sinistra a destra che, immediatamente successiva alla prima, vede ancora protagonisti Atamante e Ino. Qui, infatti, si snoda il tragico epilogo del mito in cui Atamante uscito di senno, dopo aver subito la violenta irruzione della Furia infernale, uccide il figlioletto Learco mentre Ino, spaventata dalla follia omicida dello sposo, si getta nel mare portando con se l’altro figlio Melicerte. Nella zona superiore destra infine, uno di fronte all’altra, figurano due personaggi: a destra Venere sta parlando con Nettuno che figura a sinistra, contrassegnato dal tridente che tiene con la mano destra; entrambi concepiti in origine come due classiche figure nude, le “zone a rischio” dei loro corpi, in seguito, vennero coperte. Già negli anni venti lo storico Henkel individuava in queste illustrazioni un cambiamento particolare nel modo di rappresentare i personaggi mitologici, tutto proteso, al recupero delle forme classiche. D’altronde la tendenza alla appropriazione delle tradizioni antiche, tipica rinascimentale, qui si esplicita non solo nel nuovo interesse artistico che suscitano ad esempio i reperti archeologici per la resa dei nudi più veritieri e naturali, ma soprattutto dal tipo di approccio più rispettoso delle forme classiche. Infatti, i serpenti, come pure i capelli anguicriniti di Tisifone, il corpo nudo di Nettuno e quello di Venere, sono tutti attributi classici e pertinenti.
Claudia Terribili