
Titolo dell'opera: Ino-Leucotea (divinità marina)
Autore: anonimo
Datazione: 47/48 d.C.
Collocazione: Atene, Museo Benaki
Committenza:
Tipologia: piatto d’argento
Tecnica: incisione a sbalzo
Soggetto principale: al centro Ino, seduta sul dorso di un tritone, allatta il piccolo Melicerte
Soggetto secondario:
Personaggi: Ino, Melicerte, Centauro
Attributi: Melicerte (Ino); remo, chiave (?) (Tritone)
Contesto: la scena si svolge in mare
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Nercessian A., ad vocem Ino, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Artemis Verlag, Zurigo Monaco 1990, vol. V, 1, pp. 657-661; vol. V, 2, p. 441, fig. 24
Annotazioni redazionali: il piatto d’argento di pregiata fattura romana, reca incisa un’insolita iconografia: centrale e in rilievo è la figura di Ino-Leucotea, appoggiata sul dorso di un essere marino, verosimilmente un tritone che, alle sue spalle e in secondo piano, gli volge lo sguardo. Il tritone reca un remo nella mano sinistra mentre, nella destra sembra stringere una chiave. La dea, che porta i capelli raccolti sulla nuca e indossa un chitone che gli scopre la gamba sinistra, sta allattando un bambino, presumibilmente, Melicerte. Il mondo romano, intorno al I sec. d.C. aveva già accolto Leucotea nella schiera delle divinità marine (d’altra parte la metamorfosi di Ino in Leucotea appariva già in Omero: Od., V vv. 346-350, Inofc01). Questa scena però, rileva un’iconografia più tarda che, associata ad un tritone, la connoterebbe come una Nereide. Il suo accostamento ad un tritone, infatti, fa pensare ad una triade famigliare dove, come in questo caso, solo la presenza di Melicerte, che diventa il suo attributo, le consente di riappropriarsi della sua originaria valenza iconologia; inoltre, il tritone non figura come il dio marino nato dalle sacre nozze di Poseidone con la dea marina Anfitrite. L’attributo che gli appartiene non è infatti il tridente, simbolo del regale potere paterno, ma un remo e il suo corpo, dalle zampe anteriori di cavallo, rileva una figura ibrida di essere umano che non ha nulla del tritone ma che, piuttosto, ricorda la figura mitica di un centauro (essere biforme, abitante dei boschi, dal corpo di cavallo su cui si innestava il tronco e la testa di uomo). Nell’antica leggenda il dio che accoglieva i naviganti greci era senza nome e aveva un aspetto umano dalla coda di pesce; tuttavia, l’iconografia relativa al tremendo dio dal corpo umano e dalla coda di pesce denominato in seguito Tritone, nel corso dei secoli, sembra subire delle variazioni fino ad apparire, nel contesto specifico, come una figura secondaria. Quando, infatti, Apollonio Rodio (Arg., IV, vv. 1310 e segg., Inofc14) racconta dell’intervento del dio Tritone legato alla vicenda degli Argonauti, Tritone, per i greci, è ormai solo un servo regale di Poseidone. Nelle scene marine, dunque, esso non appare più con l’impressionante coda di pesce e, come il dio Eros, che si moltiplica nell’arte ellenistica in una schiera frivola e leziosa di Amorini; così, la figura del dio marino si moltiplica in una schiera gioconda e spregiudicata di Tritoni giovani e vecchi che, forniti di zampe cavalline, solcano le onde del mare fra Delfini e Nereidi al seguito del sovrano del mare Poseidone.
Claudia Terribili