sec. XVI
Niccolò degli Agostini, Tutti li libri de Ovidio Methamorphoseos(edizione del 1522)
De Ino. (pagg. 40.a - 43.b)
pag. 40.a
Fu per le tre sorelle assai turbato
Il populo di Thebe, e impaurito
e molto più che pel tempo passato
fu da quello il dio Bacco riverito
ma più de glialtri assai lhebbe honora
Ino, laqual di lui per ciascun sito
predicando ne gia perch’el vedesse
lamor, laffettion chella li havesse
E si avantava che da chera nata
mai molestia da lei fu conosciuta
ne in periglio nessun non era stata
ne haveva doglia, ne passion havuta
anzi era al mondo viss, e notricata
sempre in delizie, e in piacer cresciuta
ma Iuno udendo cosi dir costei
si vuolse vendicar contra di lei
E tre cagion la mosse a tal vendetta
la prima fu se cio non piglio errore
per esser a la casa, e stirpe elletta
molto congiunta delo re Agienore
e la seconda per Semele detta
a laqual porro Giove molto amore
sorella de Ino, e la terza fu poi
per lo exaltar di Bacco, e tutti i suoi
Del qual pensando come fatto havia
vendetta sopra de le tre sorelle
chel desprezzavan con mente aspra, e ria
e in nottole havea converse quelle
disse fra se perche a la voglia mia
non posso far, come lui fece delle
Agave per infamia uccise il figlio
che più mi penso e più mi consiglio
Io son disposta di farla morire
per far di lei nel mondo exempio eterno
e per adempir ben le mie giuste ire
e per mostrar il mio poter superno
Athamante con lei faro perire
il suo marito, ma gira linferno
mi conven prima per aver le furie
e per mandarle a farli mille ingiurie.
Allegoria. (pag. 40. b)
Narra Ovidio nel suo poema come Iove taglio i testiculi a Saturno e gettolli nel mare, della cui schiuma nacque Venus, e per fare intender si come Iuno se vendico de Ino e di Athamante glie dibisogno che vediamo la allegoria di Venus Saturno fu detto castrato perche gia persi li testicoli col figlio e li furo giettati in mare, cioe chel suo honore ando nel mare e per mare fuggi e in mare acquisto Venus sua figluola, Proxerpina figluola della dea Ceres era secondo fabuleggia Ovidio nello inferno appresso Plutone, laquale era nepote di Iove, alla cui segurta Iuno ando a linferno per le Furie.
Come Iuno parlo alle Furie. (pag. 42.b)
“(…) e vide Sisifo il quale era fratello di Atamante marito de Ino a cui disse Iuno il tuo fratello gode al mondo e tu stai a pattir questa pena. Ma io te dico in verita che egli anchora pattira pena con la moglie sua poi detto questo se rivolse alle Furie, cioe ad Aletto Tesifhone e Megera e disse a loro io voglio che tutto lo regnio di Cadmo habbi, pena percio mandate il furore a Ino e al suo marito accio che loro medesimi se uccidano, e si le prego e comandolli che cosi facessero promettendoli molte cose, Tesiphone prese li suoi capegli et lenosoli dal volto, e lassando il pozzo adornosseli et acconciossi la bocca per parlare a Iuno et poi disse non bisognia tante parole perche quello che ne hai detto sera fatto si che partite de qui perche questo non e tuo loco, Iuno quando udi questo se parti lieta e torno a la sua famiglia, e Iris figluola de Thaumante li sparse lacqua nel viso per le nebbie le quali haveva ricevute nello inferno”.
De Ino et di Athamante suo marito. (pag. 43.a)
Come fu Giuno de linferno uscita
Thesiphon presto senza resistenza
con seco tolse ogni sorella ardita
terror, paura, infamia, e violenza
e Megera con seco, e Aletto invitta
e se cinse dun serpe in lor presenza
e sopra luscio de Ino finando e
a lo qual giunta il sol tutto oscuroe
La casa loro comincio a tremare
onde Athamante, e Ino impauriti
fuor de la porta volevano andare
ma da Tesipho furono impediti
e dui serpenti del suo capo trate
si fece, i qual comhebbe in man gremiti
lun messe al petto del tristo Athamante
e laltro ad Ino atonita, e tremante
Alhor le furie per la casa andaro
e la malvagia, e cruda Tesiphone
dapoi che molto ben gli infuriaro
subito prese in man una untione
di la bava di Cerbaro lavaro
e di terrore de la oblivione
col qual unguento senza far dimoro
unse quasi in un punto i petti loro
Poi li lassor soletti, e partiro
linique furie maledette, e strane
e nel profondo inferno se ne giro
vantandosi di lopre lor vilane
onde Athamante che più dun suspiro
havea già tratto, con laperte mane
il volto a più poter si percotea
per la gran furia che raccolta havea
E dui figluoli c’havea piccolini
entrando dentro le paterne foglie
gli parve di veder dui leoncini
e una leoncia la sua trista moglie
onde grido quando li fur vicini
tendian le reti, accio non ne dian doglie
e corse presto come … al varco
e presene un c’havea nome Learco
E con i piedi alzati, e il capo basso
lo giro atorno iniquitosamente
poi lo percosse a furia sopra un sasso
si che morto rimase quel dolente
la donna per timor movendo il passo
con laltro figlio corse prestamente
Melicerta nominato sopra il mare
col qual in braccio si vuolse anegare
Venus chera lor… vedendo questo
ando a Nettuno, e tanto lo pregoe
c’hebbe pieta del suo caso molesto
e in dui dei marini li mutoe
e per non far lor danno manifesto
il proprio nome dambidui cagione
e chiamo Melicerta Palemone
e Ino Leucothea per tal cagione
Allegoria. (pgg. 43.a / 43.b)
La allegoria di Athamante e Ino e Melicerta mutati in dei marini, lo autore poeteggiando racconta lo odio che era fra Iunone e li descendenti dello re Agienore, ma volendo moralmente questa historia fabulosa exponer, per Iuno se intende lo aria, lo quale e posto per temperare le cose non ordinate, per Bacco se intende il vino. Costoro erana li maggiori di Thebe e adoravano Bacco, cioè che erano grandi bevitori, e Ino predicava e diceva che cui beveva bene era senza dolore e senza alcuno pensero e cosi riscaldandosi nel vino dicea che Iunone ando allo inferno, cioe laria che penatra la terra, la qual col suo umore augumentata dal sole trascende fin alla piu bassa parte dello inferno, dove ritrova le furie cioe li vapori della terra, li quali gienerano li venti nelle cavernosita di quella per le qual furie si pono comprender la fumosita e grandezza del vino, dilquale Athamante inebriato vedendo Ino la sua moglie li parve vedere una leonessa e gli figluoli leoncini come spesso alli inebriati avenir sogliono che vedendo una cosa li paiono veder unaltra per laqual cosa, Athamante ne piglio uno che si chiamava Learco e si lo percosse ad uno sasso e ucciselo la donna cio vedendo era pur in tanta memoria che fuggi con Melicerta, cioe laltro figluolo e fuggiendo cosi riscaldata dal vino venne ad uno loco lo quale riferiva sopra il mare appresso la citta di Thebe, e in ello col figluolo in braccio si somerse, e perche la fama mai non more percio dice Ovidio che diventaro Dei marini, questa histiria fu vera ben che in parte lo autore la fa fabulosa, per che costoro furono Thebani aliquali per il superchio bere avenne come di sopra e detto.