27: Giove e Danae

Titolo dell’opera: Danae

Autore: Tiziano Vecellio

Datazione: 1545-1546

Collocazione: Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte

Committenza: principeOttavio Farnese / cardinale Alessandro Farnese

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela

Soggetto principale: Danae e la pioggia d’oro

Soggetto secondario:

Personaggi: Danae, Giove (sotto forma di nuvola d'oro), Cupido

Attributi: nuvola d'oro (Giove); pioggia d'oro (Danae); ali, arco, freccie (Cupido)

Contesto:  camera da letto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Fiocco G., La Danae del Tiziano, un capolavoro ritrovato, in “Illustrazione Italiana”, 1935, 22, pp. 908-909; Venturi A., Altro gruppo di pitture inedite in “L’Arte”, 1938, 9; Watson P., Titian and Mihelangelo: The Danae of 1545-1546, in Italian Renaissance Art, New Haven, London 1978, pp. 245-254; Rosand D., Tiziano, Garzanti Editore, Milano 1983, pp. 122; Gentili A., Da Tiziano a Tiziano, Bulzoni Editore, Roma 1988, pp. 107-111; Zapperi R., Alessandro Farnese, Giovanni della Casa and Titian's Danae in Naples, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, 54, 1991, pp. 159-171; Panofsky E., Tiziano. Problemi di Iconografia, Marsilio Editore, Venezia 1992, pp. 146-152; Davidson J.-Rohmann C., The Oxford guide to classical mythology in the Arts, Oxford 1993; Goffen R., Titian’s women, New Haven, Londra 1997, pp. 215-241; Alabiso A.C., La Danae di Tiziano del Museo di Capodimonte: il mito, la storia, il restauro, Electa, Napoli 2005

Annotazioni redazionali: La Danae con Cupido è stata attribuita da Panofsky e Watson alla committenza del principe Ottavio Farnese, mentre altri critici come David Rosand e Rona Goffen hanno individuato il committente nel fratello di costui, il cardinale Alessandro Farnese. Nel primo caso l’opera è considerata la raffigurazione di un soggetto erotico, destinata a dilettare i piaceri di un giovane principe; mentre per la seconda ipotesi sono state formulate due supposizioni: una più semplicistica, rappresentata particolarmente da Roberto Zapperi e avvalorata da una lettera del 1544 del nunzio papale, Giovanni Della Casa, indirizzata al cardinale Farnese, secondo cui la Danae è il ritratto di Angela, la cortigiana favorita del cardinale; e l’altra, più concettuale, che interpreta il quadro come illustrazione di un amore prettamente spirituale. La Danae Farnese era forse accompagnata da un quadro di Venere e Adone, andato perso, a noi noto solo attraverso delle incisioni ed uno studio dell’opera. Dall’esame ai Raggi X del quadro si è riscontrata una prima composizione della Danae, con cassoni e domestici inclusi, che richiama esplicitamente la Venere di Urbino, impostazione modificata subito dopo da Tiziano poiché caratterizzata da un clima troppo domestico e familiare per poter rappresentare un mito così sensuale come quello di Danae. Con lo sguardo rivolto verso l’alto, offuscato da un’ombra velata, la principessa di Argo è adagiata languidamente sul suo letto a baldacchino, copre le sue gambe con un lembo bianco e aspetta tranquillamente il suo amato; tuttavia la sua emozione è tradita palesemente dalle pieghe del letto (da notare la trazione della stoffa nella mano destra) e soprattutto dal suo sguardo, che suggerisce il riconoscimento di Giove. Nella sua positura Danae tiene un braccio vicino al corpo e l’altro è piegato ad angolo lontano da esso, richiamando in modo chiaro la Leda di Michelangelo, opera allora nota a Tiziano attraverso una copia portata a Venezia dal  Vasari nel 1541. La Leda venne eseguita dall’artista fiorentino per Alfonso D’Este e dopo varie peripezie giunse a Fontainebleau presso la reggia di Francesco I, dove funse da modello al Primaticcio per un affresco di una Danae nella galleria; l’opera perduta, è testimoniata da un disegno (Cfr. scheda opera 26). Altro modello individuato dalla critica per la Danae è la Notte di Michelangelo, scultura eseguita per la tomba di Giuliano De Medici nel 1531: la Notte si piega alla vita come la Danae, cosicché la parte superiore della figura è quasi frontale, mentre le sue gambe rimangono più in profilo. Watson, inoltre, richiama altri modelli per tale raffigurazione, quali la Venere di Urbino dello stesso Tiziano, il nudo in primo piano degli Andrii, la Venere di Dresda di Giorgione, la figura di Mercurio nel banchetto degli dei di Bellini e una rappresentazione fluviale di Giulio Romano negli affreschi di palazzo Te a Mantova, nota attraverso un disegno dello stesso. Nella raffigurazione del mito Tiziano inserisce Cupido, personaggio non riportato nelle fonti testuali, prendendo spunto soprattutto da raffigurazioni antiche del mito (Cfr. scheda opera 04, scheda opera 09, scheda opera 11) e da opere moderne, come il dipinto di Correggio (Cfr. scheda opera 25). L’inclusione di Cupido evidenzia l’importanza che Tiziano conferisce alla componente amorosa nel mito: non è l’oro che determina l’interesse di Danae, ma un sincero sentimento amoroso. Vasari nella seconda edizione delle Vite ricorda di aver visto la Danae di Capodimonte durante la sua realizzazione, in occasione della sua visita con Michelangelo a Tiziano, che nel 1545 risiedeva presso il Belvedere. Dopo aver visto il quadro ed essendosi complimentati con l’artista, tale fu il giudizio che Michelangelo diede sul pittore cadorino: “il Buonarroto lo comendò assai, dicendo che molto gli piaceva il colorito suo e la maniera, ma che era un peccato che a Vinezia non si imparasse da principio a disegnar bene”. Questa breve osservazione è sufficiente per farci comprendere la competitività che esisteva tra i due artisti rinascimentali, e per chiarirci il motivo per cui Tiziano riprende numerose opere michelangiolesche.   

Roberta Ciprotti