23: Giove e Danae

Titolo opera:Danae e la pioggia d’oro

Autore: Baldassarre Peruzzi

Datazione: 1511 (D’Ancona); 1509-1510 (Frommel, Coffin)

Collocazione: Roma, Villa Farnesina, sala del fregio, parete est

Committenza: Agostino Chigi

Tipologia: pittura murale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Danae e la pioggia d’oro

Soggetto secondario:

Personaggi: Danae

Attributi: pioggia dorata (Danae)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Hermanin F., La Farnesina, 1927, pp. 71-74,76-77; Saxl F., The Villa Farnesina, in Lectures, Londres 1957, I, p. 193; D’Ancona P., The Farnesina Frescoes at Rome, ed. del Milione, 1959, p. 92; Mercalli M.- Pagliai D.,  Baldassarre Peruzzi, sala del fregio, in I luoghi di Raffaello a Roma, catalogo mostra, Roma, gennaio-marzo 1984, Multigrafica Editrice, Roma 1983, pp. 32-38; Gerlini Elsa, La Villa de la farnésine à Rome, Nouvelle série, itinéraires des muséès, galeries et monuments d’Italie, n. 2, istituto poligrafico e zecca dello stato, Roma 1990, p. 55; Cappelletti F., L’uso delle Metamorfosi di Ovidio nella decorazione ad affresco della prima metà del Cinquecento. Il caso della Farnesina, in Die Rezeption del Metamorphosen des Ovid a cura di W. Horn, 1995, pp. 126-128; Frommel C. L., La Farnesina a Roma, vol I, comitato nazionale per la celebrazione del IV centenario della fondazione dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Mirabilia Italiae, XII Franco Cosimo Panini, Modena 2003, pp. 70-79, 175-177; Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 298-301. 

Annotazioni redazionali: La scena fa parte del fregio che si trova nella piccola sala al pianterreno della Villa Farnesina a Roma. La datazione dell’opera non è del tutto certa, in quanto alcuni l’hanno posta nel 1511, successivamente quindi al soffitto della Sala della Galatea, mentre altri l’anticipano al 1509-10, ritenendo che sia la prima impresa pittorica del Peruzzi nella villa di Agostino Chigi. Questo troverebbe riscontro nel carattere stilistico della composizione, ancora prettamente quattrocentesco, come si manifesta nella bidimensionalità e nel susseguirsi delle diverse scene. Ciò rivela probabilmente un momento iniziale dell’attività romana del Peruzzi, non ancora influenzata dal classicismo di Raffaello. Tutto il ciclo è stato studiato sul piano iconografico da F. Saxl (1957), che ha individuato una successione di temi di amore e di morte, e più recentemente dal Coffin, che propone una lettura in chiave di contrasto tra ragione e passione. Il fregio è alto 30 cm ca. e fa parte di una trabeazione tripartita tra un architrave ed un cornicione e ricorda l’origine del fregio nei templi antichi. La narrazione prende in esame aspetti positivi e negativi del percorso della natura umana, partendo dalla passiva soggezione ai voleri divini, Europa e Danae, per giungere, attraverso l’impossibilità da parte dell’uomo di entrare in contatto con la vera essenza del divino, Semele ed Atteone, fino alla dolorosa conquista della sua individualità, Marsia, Meleagro ed Orfeo. In tutto ciò Ercole, il personaggio principale del fregio, rappresentato nella parete settentrionale, rappresenta l’uomo che è riuscito a superare anche la morte. Secondo l’interpretazione di Saxl la narrazione pittorica ha inizio con l’episodio del Ratto di Europa e quindi accentua lo sviluppo della realizzazione della volontà umana. Secondo Frommel ha inizio, invece, dalle fatiche di Ercole, poste sopra la porta della camera di Agostino Chigi. In tal modo ogni ospite erudito poteva veder riconosciuta un’allusione all’esemplare virtù del padrone di casa. Dopo di ciò lo svolgimento seguiva la proposta precedente. Nella realizzazione della parete di Ercole tutti sono concordi nell’affermare che questa è stata eseguita per ultima. Questa contraddizione si potrebbe risolvere se Peruzzi avesse stabilito il programma completa prima dell’esecuzione ed avesse deciso di lasciare la parete di Ercole come ultima. Il carattere stilistico è marcatamente quattrocentesco e di derivazione senese e si manifesta nella bidimensionalità, nelle forme aspre e stilizzate sia di Danae, che del letto a baldacchino cinquecentesco su cui è distesa. La scena è delimitata da alberi spogli; in primo piano Danae sta distesa sul letto con volto rassegnato al volere del dio, che si manifesta sottoforma di gocce di pioggia. Il Peruzzi si mostra nella trattazione di questo mito fedele alla fonte letteraria prescelta, le Metamorfosi di Ovidio (Danfc), seguendo uno schema compositivo ed un andamento orizzontale ripreso dai fregi dei templi ionici, ma questo recupero del classicismo è libero e rielaborato con elementi della cultura quattrocentesca.

Silvia Cremona

Giulia Masone