490 a.C.
PINDARO, Pitica, XII
Traduzione tratta da: Pindaro, Le Pitiche, a cura di Gentili B., Mondadori, Milano 1995
A Mida d’Agrigento auleta
Questa corona da Pito
Per Mida illustre,
e lui stesso vincitore dei Greci
nell’arte che un giorno trovò,
intrecciando il funereo lamento
delle violente Gorgoni, Pallade Atena;
Dai loro capi di vergini
e dalle testa inaccessibili dei serpi
ella l’udiva strillare
con luttuoso travaglio,
quando la terza parte
delle sorelle Perseo eliminò
recando rovina
A Serifo marina e al suo popolo
Così fiaccò la stirpe mostruosi di Forco
e volse in lutto Polidette
il convitto e il costante servaggio
della madre e l’imposto connubio
poi ch’ebbe rapito
il capo di Medusa dalle forti gote
Il figlio di Danae che nacque, si dice,
dall’oro che piovve spontaneo
Ma quando da queste fatiche
ebbe salutato l’eroe diletto,
una melodia compose
con tutte le voci dell’aulo,
per imitare con lo strumento
il lamento sonoro scaturito
dalle mascelle frenetiche di Euriale.
La dea la trovò e trovatala
Ne fece dono agli uomini mortali
la chiamò aria dalle molte teste,
glorioso incentivo alle gare
che adunano il popolo;