492 a.C.
SOFOCLE, Antigone, vv. 944-950
Traduzione tratta da: Tragici Greci. Eschilo, Sofocle, Euripide, Mondadori, Verone 1966, p. 235
CORO:
Anche Danae sofferse
mutar luce di cielo
con la morsa di bronzo d'una cella;
fu piegata a quel giogo
chiusa e vinta nel talamo
ch'era sepolcro; e veramente, o figlia (ad Antigone)
o figlia, era pur donna
d'alta stirpe, e di Giove
il seme a lei fluito in pioggia d'oro
custodiva nel seno.
cosa tremenda la forza del fato.
Ne la gioia serena
nè l'armato furore,
nè torri ferme, nè da mar percosse
abbrunite carene
evitarla saprebbero.