01: Ermafrodito e Salmace

Titolo dell'opera: Ermafrodito e Salmace

Autore:

Datazione: IV – III sec. a.C., fu ricostruita nel 1560.

Collocazione: Gallipoli

Committenza:

Tipologia: Fontana greca di pietra dura di Corinto

Tecnica:

Soggetto principale: Dirce e Bacco (I scomparto, facciata di scirocco); Ermafrodito e Salmace (II scomparto, facciata discirocco); Bibli e Cauno (III scomparto, facciata di scirocco).

Soggetto secondario: Fatiche di Ercole (architrave)

Personaggi: *,Bacco, Bibli, Cauno, Cupido, Ercole, Dirce, quattro cariatidi, quattro puttini, Venere

Attributi: fronde di vite, mantello (Bacco); afferra il mantello di Cauno, distesa (Bibli); distesa, due tori, nudità, versa acqua dalle mammelle (Dirce); abbraccio, laccio, nudità (Ermafrodito); abbraccio, laccio, nudità (Salmace); laccio (Venere)

Contesto: fonte

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Argentina F., Un giorno a Gallipoli, Tipografica Pompei, Pompei 1978, pp. 62-63

Annotazioni redazionali: Il sito della Fontana nei tempi antichi non era quello attuale, ma un luogo chiamato "Fontana Vecchia", dove esisteva una fonte di acqua purissima, attorno alla quale erano soliti incontrarsi fanciulli e fanciulle. Solo nel 1560 la Fontana fu spostata definitivamente nel sito attuale. Nella facciata monumentale, dal basso si elevano quattro piccoli pilastri tra i quali sono inserite tre vasche, sorrette da eleganti puttini ed impreziosite da ghirlande, dalle quali, attraverso un foro, fuoriusciva l'acqua che si raccoglieva in una sottostante grande vasca. Sui pilastri poggiano dei piedistalli sui quali si ergono quattro cariatidi (due di sesso femminile e due di sesso maschile) che, terminando con un capitello corinzio, sostengono l'architrave (con le scene delle fatiche di Ercole), il fregio e la cornice sulla quale poggia il timpano. Le cariatidi dividono la facciata in tre scomparti nei quali sono rappresentate, in bassorilievo, le metamorfosi di Dirce, Salmace e Bibli, le tre ninfe della mitologia trasformate in fonte dagli dei, sdraiate sopra le tre vasche; vi sono anche Bacco, Venere con Cupido e Cauno, fratello di Bibli. In epoca posteriore all' edificazione della fontana furono incise nei tre riquadri sotto l'architrave, delle parole dei distici latini che, illustrando il significato delle sculture, ammoniscono a non lasciarsi trascinare dalle insane passioni amorose. Nel primo scomparto, a sinistra di chi guarda, è rappresentata Dirce, nuda, distesa sulla vasca. Essa, anticamente, versava l’acqua dalle mammelle e da varie parti del corpo. Affianco a lei vi sono due tori e, scolpito più in alto, Bacco coperto dal mantello e circondato da fronde di vite. Secondo la Mitologia, Lico, re di Tebe, ripudiò la moglie Antiope per sposare Dirce. Anione e Zeto vendicarono la madre uccidendo il re e facendo straziare il corpo di Dirce da un toro inferocito. Bacco ebbe pietà della ninfa e la trasformò in fonte. Sotto l’architrave, sopra la testa di Bacco, si legge la parola "Zelotypiae" (gelosia). Il distico latino, assieme alle immagini, invia un messaggio, un'esortazione, tendenti a suscitare l'orrore per l'adulterio e per la gelosia che producono inevitabilmente danni irreparabili. Nel comparto centrale è scolpita la metamorfosi di Salmace. Distesi sulla vasca ci sono i corpi di Salmace e Ermafrodito abbracciati e avvinti da un laccio la cui estremità è nelle mani di Venere, che li sovrasta e che ha sulla destra Cupido. Sotto il profilo dell’architrave si legge Amoris. I versi del distico, che riportano l'Epigramma 99 del poeta Ausonio, sembrano mettere in evidenza i tristi effetti di una sfrenata passione amorosa che, il più delle volte, illanguidendo l’animo e la forza dl corpo, fa perdere ogni dignità umana. Nella terza sezione è scolpita Bibli, distesa sulla vasca, che con una mano sorregge una mammella e con l’altra afferra il mantello di Cauno, suo fratello, che fugge preso dal raccapriccio e dall’orrore. La ninfa aveva concepito un’insana passione per Cauno: pentitasi piange amaramente e, perdonata dagli dei, viene trasformata in una fonte. Sul capo di Cauno compare la parola Erubescentia (vergogna) ed il distico latino che mira a suscitare repulsione e vergogna nei riguardi dell'amore contro natura. Nel fregio sono scolpite, oltre a dei motivi floreali, alcune delle fatiche di Ercole.

Anna Gentili