sec. IV-V d.C
AMBROGIO TEODOSIO MACROBIO , Saturnali, seconda giornata, III, 8,1-3
Non nullorum quae scientissime prolata sunt male enuntiando corrumpimus; ut quidam legunt:
discendo ac ducende dea flammam inter et hostes
expedior,
cum ille doctissime dixerit "ducente deo", non "dea".
Nam et apud Calvum Haterianus adfirmat legendum:
pollentemque deum Venerem,
non "deam". Signum etiam eius et Cypri barbatum, corpore et veste muliebri, cum sceptro ac statura virili; et putant eandem marem ac feminam esse. Aristophaneseam Afroditon appellat. Laevius etiam sic ait:
Venerem igitur almum adorans,
sive femina sive mas est,
ita ut alma noctiluca est.
Philochorus quoque in Atthide eandem adfirmat esse lunam, et ei sacrificium facere viros cum veste muliebri cum virili, quod eadem et mas aestimatur et femina.
Traduzione da: I Saturnali di Macrobio Teodosio, a cura di Nino Marinone, Utet 1967
Di alcuni passi che furono enunciati con piena conoscenza di causa roviniamo il merito adottando lezioni errate. Ad esempio alcuni leggono:
mi allontano e guidato dalla dea tra le fiamme e i nemici
riesco a passare
mentre egli con grande erudizione aveva detto "guidato dal dio", non "dalla dea"
Infatti Ateriano sostiene che anche in Calvo bisogna leggere:
e Venere, possente dio
non "dea". A Cipro c’è anche una statua con la barba, con forme e in abbigliamento da donna, con lo scettro e in statura da uomo; e ritengono che sia maschio e femmina nello stesso tempo. Aristofane la chiama Aphroditos, al maschile. Levio dice anche:
adorando dunque l’almo Venere,
sia essa femmina o maschio,
così come è l’alma luce della notte.
Anche Filocoro nell’ Attive afferma che la stessa è la luna: ad essa gli uomini celebrano sacrificio in abiti femminili e le donne in abiti maschili perché è considerata maschio e femmina nello stesso tempo.