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sec. I a.C

VITRUVIO De architectura, II,8,12.

 

In cornu autem summo dextro Veneris et Mercuri fanum ad ipsum Salmacidis fontem. Is autem falsa opinione putatur venerio morbo inplicare eos qui ex eo biberint. Sed haec opinio quare per orbem terrae falso rumore sit pervagata non pigebit exponere. Non enim quod dicitur molles et inpudicos ex ea aqua fieri, id potest esse, sed est eius fontis potestas perlucida saporque egregius. Cum autem Melas et Arevanias ab Argis et Troezene coloniam communem eo loci deduxerunt, barbaros Caras et Lelegas eiecerunt. Hi autem ad montes fugati inter se congregantes discurrebant et ibi latrocinia facientes crudeliter eos vastabant. Postea de colonis unus ad eum fontem propter bonitatem acquae quaestus causa tabernam omnibus copiis instruxit eamque exercendo eos barbaros allectabat. Ita singillatim decurrentes et ad coetus convenientes e duro feroque more commutati in Graecorum consuetudinem et suavitatem sua voluntate reducebantur. Ergo ea acua non inpudici morbi vitio sed humanitatis dulcedine mollitis animis barbarorum eam famam est adepta.

 

Traduzione da: Vitruvio, De Architettura, a cura di Pierre Gros. Traduzione e commento di Antonio Corso e Elisa Romano, Einaudi 1997

 

E sul lato destro in alto vi è il Santuario di Venere e di Mercurio proprio presso la fonte Salmacide. Questa fonte però è ritenuta da una falsa opinione contagiare con una malattia venerea coloro che ad essa si abbeverano. Ma non rincrescerà esporre per quale motivo quest'opinione abbia vagato per il mondo intero con false dicerie. Poiché non può essere vero quello che si dice, che con quest'acqua si diviene effeminati e impudichi, ma tale fonte ha la proprietà d'essere limpida e di ottimo sapore. Ma quando Mela e Arevania dedussero in tal luogo da Argo e Trezene una comune colonia, espulsero i barbari Cari e Lelegi. Costoro però avendo riparato sui monti riunendosi tra loro facevano scorrerie e colà li saccheggiavano crudelmente compiendo ladrocini. Successivamente uno dei coloni costituì una taverna con tutte le provviste per la ricerca di guadagno presso tale fonte per la bontà dell'acqua ed esercitando questo commercio attirava i barbari. Così accorrendovi individualmente e radunandovisi per stare insieme essendo passati dal costume duro e selvaggio alla consuetudine con i Greci e al vivere dolce erano ricondotti ad esso per loro volontà. Pertanto tale acqua conseguì tale fama non per il male di un morbo impudico ma per la dolcezza del vivere umano avendo ingentilito gli animi dei barbari.