05: Cadmo e Armonia

Titolo dell'opera: Cadmo e Armonia trasformati in serpenti

Autore: Giovanni Antonio Rusconi

Datazione: 1553

Collocazione: Le Trasformationi di m. Lodovico Dolce di novo ristampate e da lui ricorrette et in diversi luoghi ampliate con la tavola delle favole, In Venetia, appresso Gabriel Giolito dè Ferrari, 1553

Committenza: Gabriele Giolito dè Ferrari

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: Cadmo e Armonia trasformati in serpenti

Soggetto secondario: figure che osservano stupiti la trasformazione

Personaggi: Cadmo, Armonia, altre figure

Attributi: drago (Cadmo, Armonia)

Contesto: scena all’aperto con città sullo sfondo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Huber-Rebenich G., L’iconografia della mitologia antica tra Quattro e Cinquecento. Edizioni illustrate delle Metamorfosi di Ovidio, in “Studi Umanistici Piceni”, 12, 1992, pp. 123-133; Immagini degli dei. Mitologia e collezionismo fra '500 e '600, a cura di Cieri Via C., Leonardo Arte, Milano 1996, pp. 22-28, 290-291; Guthmuller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997, pp. 251-274; Glénisson-Delannée F., Illustration, traduction et glose dans les Trasformationi de Ludovico Dolce (1553): un palimpseste des Métamorphoses, in Le livre illustre italien au XVI siecle: texte/image. Actes du colloque organisé par le «Centre de recherche Culture et societe en Italie aux 15., 16. et 17. siecles» de l'Universite de la Sorbonne Nouvelle (1994), a cura di Plaisance M., Parigi 1999, pp. 119-147

Annotazioni redazionali: Le Trasformationi di Lodovico Dolce (Armofr03) furono pubblicate a Venezia nel 1553. La versione di Dolce si connota come una traduzione libera del testo ovidiano, anche alla luce dei volgarizzamenti di Bonsignori (Armofm10) e dell’Agostini (Armofr02). Come sottolinea Guthmuller (1997), il suo intento è ricreare il testo ovidiano nella lingua e nello stile dei classici italiani in volgare, come l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Il fatto che si tratti di una scrittura in versi sottolinea ulteriormente il nuovo rapporto con il testo originale nei confronti del quale acquisisce una maggiore libertà, soprattutto rispetto alle versioni in prosa. Antonio Rusconi, chiamato dall'editore Gabriele Gioito de Ferrari ad illustrare il testo di Lodovico Dolce, che era ancora in fase di lavorazione e non poteva quindi essere utilizzato dall’illustratore come fonte letteraria, conosce i due volgarizzamenti di Giovanni deì Bonsignori e di Niccolò Degli Agostini, ma non può tenere conto delle loro illustrazioni sul mito di Cadmo e Armonia, poiché nessuno prima aveva scelto di illustrare la metamorfosi dei due coniugi in serpenti. La scena è del tutto originale e rappresenta il momento della trasformazione. Cadmo è già un serpente, mentre Armonia ha ancora la testa umana, velata da un copricapo tipico dell'abbigliamento dell'epoca dell'artista. I due sono situati in primo piano al centro dell'incisione, uno dietro l'altro, ma più che serpenti hanno le sembianze di dragoni con zampe, ali e grandi orecchie. La scelta di mantenere umana la testa della donna sembra voler accentuare la volontà di raffigurare il momento del passaggio da una forma ad un'altra, una fase fondamentale per la conclusione del mito, che qui vuole essere resa con la sua drammaticità e straordinarietà. Mentre Cadmo si volge indietro verso la sua donna, cerca insieme a lei di avvicinarsi al bosco, raffigurato sulla destra. A bilanciare il bosco, sulla sinistra sono raggruppati alcuni uomini con abiti da pastori, spettatori sconcertati e stupefatti della mutazione. Al centro, sullo sfondo, un piccolo villaggio con tetti e campanili molto appuntiti. Di solito, i due coniugi sono raffigurati come serpenti e non come dei draghi come in questo caso (Cfr. scheda opera 04; scheda opera 06); posto che la tradizione di questo episodio non era particolarmente diffusa, quella dell’uccisione del serpente custode della fonte da parte di Cadmo era ben consolidata, e in ambito francese, specie nelle illustrazioni dell’Epitre d’Othea di Christine de Pizan, il serpente viene spesso raffigurato come un drago alato.

Claudia Angeletti