Titolo dell'opera: Apollo e Leucotoe
Autore: Antoine Boizot (padre)
Datazione: 1737 circa
Collocazione: Tours, Musée des Beaux-Arts
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela, 167x200 cm
Soggetto principale: *
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Leucotoe, cupido
Attributi: corona di raggi (Apollo), lira (Apollo), corona e scettro (Leucotoe), fuso (Leucotoe)
Contesto: interno del palazzo di Orcamo, padre di Leucotoe e re degli Achemènidi
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: B. Lossky, Tours, Musée des Beaux-Arts, peintures du XVIII siècle, Parigi 1962, scheda n. 4 (sotto Boizot, Antoine)
Bibliografia: A. Pigler, Barockthemen, Budapest 1956, II, p. 30;B. Lossky, Tours, Musée des Beaux-Arts, peintures du XVIII siècle, Parigi 1962, scheda n. 4 (sotto Boizot, Antoine)
Annotazioni redazionali: Si tratta del dipinto che servì a Boizot per accedere all’Accademia di Pittura nel 1737. Indubbiamente l’artista doveva conoscere le illustrazioni che, di questo mito, erano state date nelle edizioni cinquecentesche delle Metamorfosi di Ovidio, fonte nella quale veniva narrata la vicenda di Leucòtoe (libro IV, vv. 190-255). Egli infatti ripropone il momento dell’incontro fra Apollo, dio del Sole e della poesia, caratterizzato quindi dalla corona di raggi e dalla lira, che però in questo caso viene suonata, come sottofondo all’incontro, da un puttino, e Leucòtoe, figlia del re degli Achemènidi, così almeno la dice Ovidio, e forse, a questa sua origine reale, sono da ricondurre sia lo scettro e la corna, ai piedi dei due protagonisti, sia l’ambientazione in quello che sembra essere un palazzo, almeno dalla colonna visibile sulla destra. Oppure per lo scettro e la corona, con il mantello, si potrebbe pensare al travestimento che Apollo ha appena smesso. Ad alludere all’antefatto comunque Boizot ha introdotto l’elemento del fuso, tenuto nella mano sinistra da Leucòtoe, ed infatti Ovidio racconta che Apollo, innamoratosi della fanciulla, aveva deciso di mascherarsi nella madre di lei, per poter entrare indisturbato nella stanza dove Leucòtoe stava filando. Nel dipinto Apollo ha già rivelato alla giovane donna la sua vera identità (forse togliendosi proprio quella corona, il mantello e lo scettro che vediamo davanti a lui) e sembra stia cercando di convincerla a concederglisi. La scena non ha però, a differenza delle illustrazioni cinquecentesche, una finalità narrativa, viene piuttosto scelto tale momento del mito con la volontà di profondersi nella resa dell’abbigliamento, dei materiali, e delle carni, e soprattutto con la volontà di attirare l’attenzione dello spettatore sullo sguardo fra i due amanti, caratterizzato da un forte sentimentalismo. Pertanto non vi è neppure da parte di Boizot un qualsiasi accenno alla triste conclusione della vicenda di Leucòtoe, punita con la morte dal padre proprio per questa unione, e alla sua successiva trasformazione in pianta di incenso: conclusione che invece compariva, o veniva accennata, nelle incisioni a carattere narrativo.
Elisa Saviani