
Titolo dell'opera: Apollo e Leucotoe
Autore: Hendrick Goltzius
Datazione: 1590-1591
Collocazione: Amburgo, Kunsthalle, Kupferstichkabinett (inv. 1926-229)
Committenza:
Tipologia: disegno
Tecnica: penna con inchiostro marrone scuro, contorni marroni e rialzi di bianco, 168x225 mm
Soggetto principale: *
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Leucotoe, figura femminile (?)
Attributi: corona di raggi (Apollo), fuso (Leucotoe)
Contesto: interno di una stanza da letto
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: E. K. J. Reznicek, Die zeichnungen von Hendrick Goltzius, Utrecht 1961, II, tav. 124
Bibliografia: A. Pigler, Barockthemen, Budapest 1956, II, p. 30;
E. K. J. Reznicek, Die zeichnungen von Hendrick Goltzius, Utrecht 1961, I, pp. 270-271; J. Davidson Reid-C. Rohmann, The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1330-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 183
Annotazioni redazionali: Si tratta del disegno originale realizzato da Goltzius per un’incisione della serie illustrante le Metamorphoses di Ovidio, la cui unica impressione si trova oggi al British Museum di Londra. Tale disegno si caratterizza per la grande cura dell’autore nella definizione di ogni particolare della camera della bella Leucòtoe. In fondo, a destra, subito sotto le finestre, si riconoscono dei sedili ed un fuso, a cui probabilmente stava precedentemente lavorando la fanciulla, discorrendo con le sue ancelle, come narra Ovidio (Metamorfosi, libro IV, vv. 219-221). L’autore racconta infatti (Metamorfosi, libro IV, vv. 190-255) che Apollo si era innamorato, per vendetta di Venere, della bellissima Leucòtoe e perciò aveva deciso di assumere l’aspetto della madre di questa, Eurìnome, per poter entrare indisturbato nella sua stanza, allontanare le ancelle che erano con lei, e rimanervi solo. Goltzius coglie in questo disegno il momento in cui Apollo si rivela a Leucòtoe, in tutto il suo splendore, come dio del Sole, "Io sono l’occhio del mondo", dice alla fanciulla, e cominciando a baciarla, pian piano la convincerà a concedersi a lui. I due sono raffigurati seduti su di un uno splendido letto a baldacchino, ed Apollo sta appunto cercando di baciare l’intimorita, ma già conquistata, Leucòtoe. A questo punto ciò che risulta innovativo, in tale illustrazione del mito da parte di Goltzius, è la presenza di una figura femminile che sembra spiare, dalla soglia della porta, ciò che accade all’interno della camera di Leucòtoe. Con ogni probabilità si tratta di Clizia, che, scoprendo tale unione, ed essendo anch'essa innamorata di Apollo e perciò gelosa di Leucòtoe, rivelerà al padre di lei che questa, a sua insaputa, aveva perduto la verginità, e ne provocherà pertanto la morte. Alla fine infatti, ma in questo caso Goltzius non fa alcun accenno alla conclusione del mito, che invece altri illustratori prima di lui avevano prediletto, il padre Orcamo fa seppellire viva Leucòtoe, e Apollo tenta disperatamente di salvarla, ma ormai morta soffocata, viene dal dio trasformata in una pianta di incenso. Precedentemente infatti gli incisori che avevano illustrato questo mito, nelle edizioni cinquecentesche delle Metamorfosi, si erano prevalentemente concentrati sull’estremo tentativo di salvare la fanciulla compiuto da Apollo, o comunque l’esito della vicenda era stato accennato sullo sfondo, magari rendendolo visibile attraverso una porta della camera di Leucòtoe, Goltzius invece, come detto, non lo tratta affatto. Non solo, in queste illustrazioni precedenti, per quanto riguarda Clizia, o non compariva, poichè comunque personaggio secondario nella vicenda di Leucòtoe, oppure veniva raffigurata sullo sfondo, ma con un riferimento ben preciso al suo mito, cioè alla sua trasformazione in girasole, così come viene descritto da Ovidio (Metamorfosi, libro IV, vv. 256-270), subito dopo quello di Leucòtoe. Goltzius quindi introducendo Clizia, come colei che spia i due amanti, non vuole far riferimento alla sua specifica vicenda, ma ne fa un personaggio dell’episodio di Leucòtoe, suggerendo in tal modo il suo importante ruolo per il successivo evolversi del racconto.
Elisa Saviani