Titolo dell'opera: Leucothea in virgam thuream
Autore: Virgil Solis
Datazione: 1563
Collocazione: Vienna, Graphische Sammlung Albertina
Committenza:
Tipologia: stampa
Tecnica: incisione su legno (xilografia), 62x81 cm
Soggetto principale: *
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Leucotoe, putto
Attributi: arco e faretra (Apollo), vanga (Apollo)
Contesto: interno, camera di Leucotoe; sullo sfondo, attraverso una porta, si intravede un esterno
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: etext.lib.virginia.edu/latin/ovid/ovid1563.html ;
The Illustrated Bartsch 19 (parte 1), Abaris Books, New York 1987, p. 484
Bibliografia: B. Guthmüller, Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Roma 1997, p. 219, pp. 224-225
Annotazioni redazionali: Si tratta di una delle xilografie che illustravano le diverse favole delle Metamorphoses Ovidii in latinodi Johannes Spreng, stampate nel 1563 a Francoforte.Ora Bodo Guthmuller ha affermato che tuttavia queste xilografie di Virgil Solis non erano altro che delle copie in senso inverso di quelle realizzate da Bernard Salomon, per illustrare la Metamorphose d’Ovide figurée, pubblicata a Lione nel 1557.Ora, considerando l’incisone di Apollo e Leucòtoe, notiamo innanzitutto la novità dell’ambientazione, o se si vuole il ritorno ad un tipo di composizione che era già stata sperimentata dall’illustratore de Tutti gli libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar di Nicolò degli Agostini, stampato a Venezia nel 1522 (libro IV, f. 36v).Infatti anche in quest’edizione del 1522 si aveva a sinistra la raffigurazione dell’incontro fra Leucòtoe e Apollo, sotto le mentite spoglie della madre di lei, nella camera della fanciulla, mentre, tramite l’espediente di un muro, nella parte destra, veniva mostrato Apollo nel tentativo disperato di salvare Leucòtoe, seguendo alla lettera il testo di Agostini. Tuttavia nelle illustrazioni delle edizioni successive, ed in particolare nelle Trasformationi di Ludovico Dolce (Venezia 1553, p. 89), ci si era maggiormente concentrati sulla fase conclusiva del mito, anche per introdurre un riferimento alla vicenda di Clizia, dal momento che compariva come personaggio nel racconto di Leucòtoe: è per questo quindi che, in questo caso, si può parlare di nuova ripresa del tipo di composizione introdotto nel 1522.Apollo tuttavia, nell’incisione di Virgil Solis, ha già ripreso le sue sembianze, svestendo i panni della madre di Leucòtoe, e, presso il bellissimo letto a baldacchino in legno intagliato, con l’elemento decorativo della luna che allude al momento della notte, sta per unirsi, nascosto da una colonna, con la sua amata Leucòtoe. Mentre sullo sfondo già presagiamo quale sarà la conclusione della vicenda: la figura maschile con una vanga, infatti, dovrebbe essere Apollo che tenta di dissotterrare il corpo di Leucòtoe, che era stata sepolta viva dal padre, una volta venuto a conoscenza della sua unione con Apollo.Tuttavia va sottolineato che nel testo di Spreng, ed in particolare nell’enarratio che, come parte della subscriptio, nella seconda pagina dell’edizione in latino (libro IV, f. 50 v.), racconta l’evento illustrato nella pictura, non vi è alcun riferimento a questo particolare, viene soltanto detto "Leucothoes casum Titan miseratus acerbum,/ Praestitit ut flueret corpore thuris odor.//". Risulta pertanto evidente come quest’illustrazione derivi necessariamente da quella dell’edizione di Agostini del 1522, dove questo particolare di Apollo che tenta, scavando personalmente la fossa, di salvare Leucòtoe, l’anonimo incisore l’aveva trovato proprio nel testo (libro IV, f. 36v).Riguardo a ciò si può anche ricordare che a sua volta, per questo racconto, Agostini aveva ripreso l’Ovidio Methamorphoseos vulgar di Bonsignori (libro IV, f. XXIX, cap. XIV), il quale in questo particolare passaggio aveva frainteso invece la sua fonte, cioè l’Expositio di Giovanni del Virgilio. Bonsignori aveva infatti interpretato il "missis radiis", riferito ad Apollo, come "depose i raggi", anziché come "mandò i suoi raggi", e così era nato il racconto di Apollo che, per salvare Leucòtoe, lasciava la sua corona di dio del Sole, e cominciava a "percuotere" personalmente, quindi con una vanga, la terra della sua fossa.
Elisa Saviani