02: Leucotoe

Titolo dell'opera: Apollo e Leucotoe, e Clizia

Autore: Giovanni Antonio Rusconi

Datazione: 1548-1553

Collocazione:

Committenza: Gabriele Giolito de’ Ferrari

Tipologia: stampa

Tecnica: incisione su legno (xilografia)

Soggetto principale: *Apollo, Leucotoe, Clizia

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Leucotoe, Clizia

Attributi: vanga (Apollo), pianta di incenso (Leucotoe), nudità (Clizia)

Contesto: paesaggio campestre, con città nello sfondo, dietro le colline

Precedenti: Nicolò degli Agostini, Ovidio Metamorphoseos in verso vulgar, Venezia 1522, f. 36v

Derivazioni:

Immagini: Ludovico Dolce, Le Trasformationi, Venezia 1553 (II ed.), p. 89

Bibliografia: B. Guthmüller, Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel rinascimento, Roma 1997, p. 266, pp. 270-271

Annotazioni redazionali: In questa stampa si nota come il Rusconi, rifacendosi alla consuetudine di mostrare in una stessa illustrazione più momenti di un unico mito, raffiguri non solo la ninfa Clizia, a destra, ma anche altri due personaggi, in primo piano a sinistra, e si tratta probabilmente di Apollo e Leucòtoe. Infatti Clizia svolge un ruolo rilevante anche nella vicenda che ha per protagonista Leucòtoe: la sua gelosia la porta a raccontare al padre di questa che Leucòtoe ha perso la sua verginità unendosi ad Apollo, perciò tale rivelazione fa sì che il padre decida di far seppellire viva la figlia, e nello stesso tempo è causa del disprezzo di Apollo nei suoi confronti, il quale non vorrà più avere a che fare con Clizia. Ora l’incisore ha raffigurato in primo piano la conclusione del mito di Leucòtoe, mentre a destra, più dietro, notiamo la ninfa Clizia che, disperata per il rifiuto di Apollo, si è spogliata, si è distesa a terra e trascorre ormai i suoi giorni ad osservare il percorso del Sole-Apollo nel cielo. Per questo motivo l’illustratore ha dato tanta rilevanza al sole nascente dietro la collina, in quanto appunto simboleggia Apollo. Ora sappiamo che questo atteggiamento da parte di Clizia porterà, come esito finale, alla sua trasformazione in un fiore, il girasole, così detto perché segue sempre lo spostarsi del sole nel cielo, nei vari momenti della giornata. Tuttavia va sottolineato il fatto che non vi è alcun accenno alla trasformazione, e non sembra di poter individuare alcun fiore accanto alla ninfa, che rimandi a questa metamorfosi. Forse ciò si può spiegare con la volontà da parte del Rusconi di mantenere una certa coerenza rispetto alla scelta di mostrare in primo piano l’esito del mito di Leucòtoe, che nel racconto ovidiano precede quello della metamorfosi di Clizia. Per quanto riguarda poi questo particolare momento della vicenda di Leucòtoe, è stato osservato come il Rusconi non si sia basato sul racconto di Dolce, il quale sappiamo segue prevalentemente l’originale latino, infatti sia Ovidio che Dolce sostengono che Apollo cercò di perforare con i suoi raggi, quindi dal cielo, la fossa dove Leucòtoe era stata seppellita viva, invece nella nostra illustrazione sembra che Apollo stia scavando con una vanga la fossa, dalla quale fuoriesce in parte Leucòtoe. In seguito ad una serie di altri raffronti fra il racconto di Dolce e la corrispondente immagine realizzata da Rusconi, si è giunti alla conclusione che le incisioni vennero realizzate prima che la traduzione fosse stata completata. Sappiamo infatti che il progetto di tale traduzione da parte del Dolce risaliva al 1548, ma, occupato da altri lavori, l’autore la consegnò, sotto la pressione dell’editore Gioito, solo nel 1553; è probabile quindi che l’editore per affrettare i tempi avesse commissionato in anticipo le incisioni al Rusconi. Ora i testi che costui utilizzò come fonti furono quasi certamente l’Ovidio Methamorphoseos vulgare del Bonsignori e Tutti gli libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar di Agostini. Così, per quanto riguarda la conclusione del mito di Leucòtoe, mentre Bonsignori afferma " Vedendo questo el sol pose giù li suoi ragi e operose tanto sopra la fossa che la discoperse" (f. 28v), Agostini chiarisce " Tanto sopra quella terra dura/ percosse, havendo diposto ogni raggio/ che fuor morta la trasse per ventura" (f. 37 r.): Apollo quindi ha deposto la sua corona di raggi e, disceso dal cielo, si appresta a scavare la fossa dove è stata seppellita Leucòtoe. Questo è ciò che raffigurò il Rusconi e questa strana versione è quindi da ricollegarsi ad un errore di interpretazione delle parole " missis radiis" che comparivano nella fonte utilizzata dal Bonsignori, l’Expositio di Giovanni del Virgilio (1322-1323).

Elisa Saviani