04: Clizia

Titolo dell'opera: Apollo e Clizia

Autore: Sebastien Le Clerc

Datazione: 1676 circa

Collocazione:

Committenza:

Tipologia: stampa

Tecnica: incisione su rame, 78x94 cm

Soggetto principale: Clizia e Apollo 

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Clizia

Attributi: faretra (Apollo), corona di alloro (Apollo), raggi (Apollo, come dio del Sole); petali di girasole al posto dei capelli (Clizia) 

Contesto: bosco

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Inventaire du Fonds Français, tomo 9, Graveurs du XVII siècle: Sebastien Le Clerc, II, a cura di M. Préaud, Parigi 1990, p. 29;B. Guthmuller, Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Roma 1997, p. 233

Annotazioni redazionali: Si tratta probabilmente di una delle incisioni su rame che illustravano le Métamorphoses d’Ovide en rondeaux di Isaac de Benserade, pubblicate a Parigi nel 1676 come revisione delle Metamorfosi di Ovidio, commissionata da Luigi XIV per il Delfino, affinché potesse ricevere un’educazione morale.La composizione mostra, sulla sinistra, Apollo, con la faretra e la corona d’alloro sul capo, e caratterizzato come dio del Sole, ossia seduto su di una nuvola in cielo, rifulgente di luce, mentre sotto di lui, è una figura femminile, con petali di fiore al posto dei capelli, e lo sguardo fisso verso il dio. Proprio il particolare dei petali di fiore, che suggeriscono una metamorfosi in atto, ed il fatto che la fanciulla sia rivolta fissa verso il Sole, ci permettono di riconoscere qui il mito di Clizia, narrato appunto nelle Metamorfosi ovidiane (IV, 234-237; 254-270). Questa raffigurazione è una delle poche, nell’ambito delle edizioni illustrate delle Metamorfosi pubblicate dalla fine del Quattrocento in poi, ad esser stata dedicata esclusivamente al mito di Clizia. Infatti, soprattutto nelle edizioni volgari del Cinquecento, maggior rilievo era stato dato al mito di Leucòtoe, di cui Clizia causava la morte, rivelando per gelosia al padre Orcamo la sua unione segreta con Apollo. In tali illustrazioni, in primo piano era raffigurata la vicenda di Leucòtoe e solo sullo sfondo, talvolta, poteva scorgersi la figura di Clizia, nuda e seduta sul terreno, colta nel momento della disperata ed inutile contemplazione del dio del Sole, che, dopo la morte dell’amata Leucòtoe, da lei causata, aveva deciso di non volerla più vedere. Le Clerc, invece, sembra risentire piuttosto dell’influsso dell’illustrazione ideata dal van Diepenbeeck per il Temple des Muses di Marolles, pubblicato a Parigi nel 1655: anche qui, infatti, la ninfa era stata raffigurata in piedi nel momento della metamorfosi. All’artista non interessa descrivere, come avveniva invece, ad esempio, nell’illustrazione delle Trasformazioni del Dolce, Clizia seduta in terra, nuda e abbandonata a se stessa, in attesa che Apollo le rivolga anche un solo sguardo, ossia descrivere la fase fortemente patetica che precede la trasformazione in girasole. Egli vuole piuttosto concentrarsi sul momento più originale e sorprendente del racconto ovidiano, quello in cui la ninfa cambia essenza, fissandone in immagine l’aspetto ibrido.  

 

 

                                                                       Elisa Saviani