
Titolo dell'opera: Clytie
Autore: Anonimo incisore della metà del XVII sec.
Datazione: 1655 circa
Collocazione:
Committenza:
Tipologia: stampa
Tecnica: incisione su rame
Soggetto principale: Clizia e Apollo
Soggetto secondario:
Personaggi: Clizia, Apollo
Attributi: petali di girasole sul capo (Clizia), foglie di girasole al posto delle dita delle mani (Clizia), dita dei piedi in forma di radici (Clizia), nudità (Clizia); carro (Apollo, dio del Sole)
Contesto: campestre
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: De Marolles M., Tableaux du temple des Muses, Parigi 1655, p. 107
Annotazioni redazionali: Un’iscrizione al di sotto dell’illustrazione ripropone i versi 269-270 del libro IV delle Metamorfosi di Ovidio “[…] Illa suum, quamvis radice tenetur,/ vertitur ad Solem, mutataque servat amorem//”, ossia “[…] Benché trattenuta dalla radice, essa si volge sempre verso il suo Sole, e anche così trasformata gli serba amore”. Risulta, pertanto, chiaro, anche grazie alla presenza di tale iscrizione, che si tratta di una raffigurazione del mito di Clizia (Ovidio, Metamorfosi, IV, 234-237; 254-270).Il disegno per l’illustrazione venne fornito da Abraham van Diepenbeeck, ed inciso poi da un artista anonimo per il testo del Marolles. Sembra che il disegnatore si sia qui concentrato sul momento della metamorfosi della ninfa in girasole, anziché sulla fase immediatamente precedente del deperimento e della sconsolata contemplazione del Sole nel cielo, che invece, in precedenza, aveva interessato maggiormente gli artisti. Nell’incisione, infatti, non solo non compare la raffigurazione della morte di Leucòtoe causata dalla ninfa, la quale, per gelosia, aveva rivelato l’unione di quest’ultima con Apollo al padre Orcamo, su cui invece in passato gli illustratori si erano per lo più concentrati, relegando solo in secondo piano l’epilogo della vicenda di Clizia, ma, inoltre, come detto, la ninfa non è colta nel momento della semplice contemplazione del cielo. Clizia è raffigurata in piedi, e non seduta sul terreno, con lo sguardo rivolto al carro del Sole sopra di lei, dove Apollo sembra quasi coprirsi il viso con un braccio per non guardarla, ed inoltre ha già iniziato a trasformarsi in un fiore, proprio come nel racconto ovidiano: petali di girasole formano una sorta di corona attorno al suo viso, delle foglie si sviluppano al posto delle dita delle mani, mentre quelle dei piedi si trasformano in lunghe radici conficcate nel terreno. Si tratta, pertanto, di un momento di passaggio, dove la protagonista ha un aspetto ibrido: non è più un essere umano, ma non è ancora del tutto un fiore, e proprio tale aspetto doveva attirare l’attenzione del lettore. Non ci troviamo, infatti, di fronte ad un tipo di composizione a carattere narrativo, dove vari momenti di una stessa vicenda vengono inseriti contemporaneamente in un unico contesto, e l’artista non sembra qui interessato al pathos, ossia a coinvolgere l’osservatore nella disperata ed inutile contemplazione del Sole da parte di Clizia, quanto piuttosto a meravigliarlo con lo strano aspetto assunto da quest’ultima.
Elisa Saviani