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1375-1377

GIOVANNI dei BONISIGNORI, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, capp. XXII, XXVI

Ed. a cura di E. Ardissimo, Commissione per i testi di lingua, Bologna 2001

Favola de Penteo figliuolo de Echione e de Agave. Capitulo XXII

Essendo cotal fatto avvenuto, come fu de Narciso (per che Tiresia era auto così in reverenza), Penteo, figliuolo de Echione e de Agave, andò a Tiresia e spregiavolo, facendose beffe de lui. E una volta tra l’altre, trovandolo, incominciò a dire: «O vecchio maladetto, tu se’ cieco e col male anno te fai indovino». Tiresia respuse scotendo el capo: «Ben te saria se tu fosti cieco com’io sono, imperciò che tu de’ vedere li sacrificii de Baco, nelli quali tu morerai, imperciò che tu de’ vedere li sacrificii de Baco, nelli quali tu morerai, imperciò che verranno dì nelli quali Baco veràà contra Tebe, e, se tu non sacrificarai, tu sarai squartato dalla tua matrigna e dalla tua madre». Odendo questo, Penteo per poco lassò ch’ello non l’uccise, ma lassò perch’elli era vecchio e cieco. Dipo alquanto tempo Baco venne alla città de Tebe, e gli omini e le femini vecchie e gioveni li andarono incontra cantando e sonando li stormenti. Penteo, vedendo questo, chiamò li vecchi e li giovani dicendo: «O uomini, che sete nati del serpente e sete dedicati allo dio Marte, questi soni e questi cembali porrieno elli fare che lle fiere vencano voi, che mai non foste venti per battaglia, e simelmente voi gioveni che sete mei parecchi, a cui è licito de portar l’elmo in capo e tener l’arme in mano, e non le frondi de le erbe, e devete tenere il paterno onor, e siave a mamoria che voi siete nati del seroente, el quale uno de loro ne vence molti. Pigliate adunque l’animo forte e lassate el debele; e dicove per lo dio mio, se li fati volessero, Tebe non starria ed io vorria che gli omini forti cadesseno, imperciò che non sarria imputato a vergogna, perché non debbia essere presa Tebe da uno garzone sì come è Baco, el quale non andò mai a cavallo né mai non portò arme e ha el capo onto e la veste nera. Non vedete voi, che Atrisides el descacciò? Dunque perché ne lassiamo vencere a llui? Andate, pigliatelo e menatelo legato a me senza nullo induzio, e ciò fate che non falli».

 

Come Penteo diventò porco salvatico. Capitulo XXVI

Allora disse Penteo: «Per queste tue novelle credi tu partire da me? Ma certo non sarà così!»Allora apellò li soi fanti e disse: «Pigliatelo e con duri tormenti el cruciati». Coloro andaro e volevanolo tormentare, ma perché non aveano alcuna generazione de tormenti, perciò lo misero in pregione, e, così stando, ecco venire Baco e sciolselo e sì el trasse de carcere. Sapendo questo, Penteo fu contra Baco molto più crudele, onde, retornando Baco a Tebe, Penteo udìo el remore e non volse mandare li fanti che’l pigliassero, ma egli medesimo ci andò. Ed udendo egli le campane e li suoni e l’altre solennitadi che llì facevano, sì lo’ncendeano ad ira contra de Baco, sì come li cavalli, li quali se movono per li suoni delle trombe a battaglia. Intanto madonna Agave, matre de Penteo, ad Autonoe ed Ino, sue zie, andarono a sacrificare allo dio Baco. Vedendo Baco che Penteo era così furioso, sì il tramutò in forma de uno porco selvatico. E vedendo madonna Agave, matre de Penteo, quello porco, chiamò le sorelle acciò che l’uccidessero; andarono adunque e sì’l percosseno. Penteo pensò ch’elle nol conoscessero e perciò disse a lloro: «O zia mia Autonoe, guarda che io non te paia altro che Penteo», come volesse dire: «Non ferire, perciò che io so’ tuo nepote e recordite del mio consobrino e tuo fgliuolo Ateon, el quale fu morto dalli cani, perciò ch’era convertito in cervio». Respuse Autonoe: «Io non so chi se fosse Ateon» ed andò a llui e mozzòli el braccio dritto. E nota che Penteo non era porco, anti era uomo vero e perciò parlava sì come uomo. Lo dio Baco facea così parere a coloro, onde la sua zia, credendo aver mozza la gamba al porco, ella avea mozzo el braccio a Penteo, suo nepote. L’altra sua zia, chiamata Ino, dall’altra parte, li mozzò l’altro braccio, allora Penteo se volse alla madre e disse: «Madre mia, abbime misericordia, perciò che io sono Penteo». Disse la madre «Io non so chi sia Penteo» e sì andò e mozzòli el capo, allora la mdre ralegrandose disse: «Noi avemo vinto». E qui se diterminano le favole del terzo libro d’Ovidio.

 

Allegoria nona ed ultima trasmutazione de Penteo mutato in porco salvatico. Segnata per J

La nona ed ultima trasmutazione è de Penteo mutato in porco salvatico; onde devemo sapere che li tebani adoravano Baco per due ragioni: prima perch’ello fu el primo che piantò vigne a Tebe, la secunda perché se delettavano in bere. La sua festa se facea de ottobre, quando el vino s’aracoglieva ed andando gli omini e le donne otto dì cantando con le ghirlande del pampane e de l’uve in capo, ed andando come pazzi armati così gli omini come le donne. Ed uno dì che’l vino s’aracoglieva e venia entro dalla città, la gente embriaca li fecese incontra con molti canti: e questo fu lo dio Baco che venne a Tebe. Penteo ch’era uno uomo ordenato e savio andò a reprendere costoro fuor della porta; gli omini e le donne erano tutti embriachi e, vedendo penteo, parve a lloro vedere uno porco salvatico, onde li corsero adosso e sì l’uccisero. Essendo la matina partita l’ebriezza, conobeno el male ch’aveano fatto, per la quale cosa l’usanza de quella festa fu molto più con paura venerata per li tebani. E qui se determinano le allegorie del terzo libro de Ovidio.