Sec. I d.C.
OVIDIO, Metamorfosi, III, 701-731
Testo tratto da: Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, traduzione a cura di Bernardini Marzolla P., Einaudi, Torino 1994
Il figlio di Echíone insiste, e questa volta non manda altri, ma va di persona nel luogo eletto dalle Baccanti per celebrare i sacri riti, sul Citerone che tutto risuona di canti e di voci squillanti. Come un cavallo focoso, quando il trombettiere dà il segnale dell'attacco con la tromba sonora, freme e comincia a smaniare pregustando la mischia, così Penteo si sente sconvolgere dentro udendo i lunghi ululati che fanno rintronare il cielo, e a quel clamore riavvampa d'ira. Quasi a metà del monte c'è una radura, ricinta torno torno dal bosco, perfettamente sgombra d'alberi, dove la vista spazia indisturbata. Qui, mentre con occhi profanatori egli osserva la festa, la prima a scorgerlo, la prima ad avventarglisi contro a corsa folle, la prima a sfregiare il suo Penteo scagliandogli il tirso, è la madre. “Iuh, sorelle, - urla, - correte qui tutte e due! Quel cinghiale grossissimo che gira per i nostri campi, quel cinghiale io lo devo ammazzare!”. Tutta contro lui solo si lancia la torma inferocita: tutte si accalcano e lo inseguono, e lui trepida, sí, ormai trepida, ormai usa un linguaggio meno violento, ormai condanna se stesso, ormai riconosce di avere peccato. Colpito ugualmente, grida: “Aiuto, zia Autònoe! Pietà, pietà, per l'ombra di tuo figlio Atteone!”. Quella non lo sa più, chi sia Atteone, e mentre lui la scongiura, gli strappa il braccio destro; il sinistro è asportato di furia da Ino. Non ha più, lo sventurato, delle braccia da tendere alla madre, e mostrando invece lo strazio delle sue membra, “Guarda, madre!”, dice. A quella vista Agave emette un ululato, squassa la testa agitando per l'aria i capelli, gli svelle il capo e stringendolo tra le dita insanguinate esclama: “Iuh, compagne, opera nostra è questa gran vittoria!”. Non fa più presto il vento a portar via di cima all’albero le foglie toccate dal freddo d’autunno e ormai a malapena attaccate: in un attimo il corpo di Penteo è fatto a pezzi da quelle mani sciagurate. Ammonite da un simile esempio, le donne della Beozia seguono il nuovo culto, e offrono incenso e vanno sempre ai santi altari.