sec. XIII d.C. (1225-30 /1269-1278)
GUILLAUME de LORRIS – JEAN de MEUN, Le Roman de la Rose, vv. 1423-1578.
Traduzione da : Guillaume de Lorris – Jean de Meun, Le Roman de la Rose, a cura di : Gina D’Angelo Matassa, Palermo 1993.
Io nel frattempo sono arrivato
giusto in un luogo fresco ed ombroso.
Lì, sotto un pino meraviglioso
come nessuno dentro il verziere,
v’è una fontana bella a vedere.
Penso che un fusto come quel pino
mai non lo vide Carlo o Pipino.
Abile è, certo, Madre Natura:
quella fontana ch’è d’acqua pura
volle che fosse lì, dove è giusto:
sotto quel pino, anzi quel fusto.
Tutta è di marmo: sulla bordura
vedo ch’è incisa una scrittura,
piccola, breve, quasi sbiadita:
Qui il bel Narciso perse la vita.
Questo Narciso (lo conoscete?)
fu un giovinetto che nella rete
cadde d’ Amore. Questi sgomento
reca a Narciso, pena, tormento,
gemiti e molto pianto e dolore
tali che in breve fermano il cuore.
Eco, la bella, boccio di rosa,
ama Narciso, anzi sua sposa
vuole chiamarsi, pronta a morire
se un tale amore deve finire.
Fiero, si dice d’esser bello,
spregia il suo amore quel giovincello.
Eco rinnova il pianto e preghiera
sempre, di giorno come di sera.
Nulla sperando più da Narciso
perde il suo chiaro, dolce sorriso,
né rimane goccia di vita:
è solo la voce smarrita.
Prima che il fiato doni al buon Dio,
mentre gli manda l’ultimo addio,
Eco, infelice, umidi gli occhi,
prega il Destino: - Mai non gli tocchi
vita più lunga, sorte migliore,
poi ch’è Narciso rozzo nel cuore,
rozzo, villano e orgoglioso.
Abbia il destino più doloroso.
Mai più nessuno d’ora in avanti
osi spregiare simili amanti.-
Questa preghiera venne ascoltata,
poi ch’era giusta ed assennata.
Vuole fortuna che il giovincello
cerchi nell’ombra fresca, un ruscello,
onde riposi dopo la caccia,
chè l’affannoso correre, in traccia
d’un capriolo, daino o cerva,
a monte, a valle, dopo lo snerva.
Caldo, stanchezza, sete ed arsura…
voi conoscete vita più dura?
Giunge Narciso qui, alla fontana
che, sotto il pino, limpida e sana,
fresca e pulita, alla stanchezza
offre ristoro, come la brezza
quando dal mare soffia la sera
o come zeffiro a primavera.
Arso di sete, dunque si china
sopra la bella onda azzurrina;
pensa di bere, si, finalmente,
l’acqua, ch’è pura e trasparente.
Ma, all’improvviso, ecco, il riflesso
nella fontana vede sé stesso.
Piccolo è il naso, labbra sottili…
ora è Narciso stretto dai fili
dolci d’ Amore, tutto è legato.
Pure non vede come è ingannato,
troppo!dal viso ch’è dentro l’onda,
rosa, azzurrina, tremula, bionda.
Grande è l’arsura, forte la sete:
cade Narciso dentro la rete;
chè s’innamora, disavventura!
d’un giovanetto bello in figura.
Ama sé stesso: la sfortunata
giovane donna è vendicata.
Ora la mente guasta ed insana
cerca soltanto quella fontana.
Su, ne parliamo senza riguardi:
questo è problema solo di sguardi?
Chiede, l’Amore, gioie più sane,
tu non le trovi nelle fontane.
Quando Narciso tutto ad un tratto
scopre che i sogni belli che ha fatto
altro non sono che spruzzi e bolle,
scoppia in un pianto misero, folle,
senza speranza, senza conforto.
Subito dopo, dicono, è morto.
Dame e donzelle, considerate
bene l’esempio: quando spregiate
uno ch’è amante bono e sincero,
Dio vi punisce; questo è il pensiero.
Io che rivivo dalla scrittura
quella famosa disavventura
quasi ne provo sbigottimento.
Dura, credete, solo un momento:
subito dopo penso che ho torto
quando ho paura d’uno ch’è morto,
quasi lo voglia risuscitato.
Sono, a dir poco, folle o insensato.
Forte di questo ragionamento
guardo: nel fondo tutto d’argento
splende la sabbia, come nessuna
(sembra sfuggita, penso, alla luna).
E’ la fontana più sorprendente;
mai ne ho vedute belle talmente.
L’acqua affluisce limpida e viva
da una perenne doppia sorgiva:
sempre, d’inverno come d’estate,
sgorga pulita, fresca, ad ondate.
Tutta all’intorno cresce l’erbetta
tenera, verde sempre e umidetta;
mai che tu veda l’erba avvizzire
o la sorgente inaridire.
Guardo più attento: lì dove il fondo
sembra celato, nero, profondo
scopro due pietre luminescenti:
puro cristallo sono e splendenti
sempre in maniera meravigliosa.
Fate attenzione: dico una cosa
tale che desta gioia e stupore.
Illuminante dallo splendore
vivo del sole, specie d’estate
sprizzano luci d’oro a manciate.
Cento i colori, forse anche mille.
L’acqua si accende: sono scintille
indaco, giallo, rosso, violetto,
ora più intenso ora corretto.
Vedi riflessi alberi e fiori
ben ordinati, verdi, a colori…
quanti il giardino fanno gioioso.
Certo! è cristallo puro, prezioso!
Onde spiegare meglio il concetto
faccio un esempio: come un oggetto,
piccolo o grande, viene svelato,
senza che nulla resti celato,
quando uno specchio poni davanti,
bene, in quel modo i verdeggianti
alberi e fiori più variegati
sono riflessi, tutti, e specchiati.
Grazie al cristallo lucido, terso,
uno che guardi lì vede immerso
mezzo giardino, precisamente.
Quando il giardino ch’è rimanente
voglia osservare con attenzione,
sposti il suo punto d’osservazione,
guardi nei bassi, cupi meandri,
dove tra querce ed oleandri
verde cosette scura, nascoste,
ben conservate, meglio riposte.
Brillano tutte, lucide, chiare
grazie al cristallo particolare.
Questo è lo specchio pericoloso
dove Narciso bello e orgoglioso
vide i suoi occhi, insuperbito,
e vi rimase freddo, stecchito.
Chi si rispecchi nella fontana,
fosse di mente vigile e sana
trova l’oggetto, sempre, d’amore;
ciò che non trova è un guaritore.
Non v’è rimedio né medicina
contro la bella fonte assassina