sec. VII d.C. ?
Excerpta Vaticana (vulgo Anonimo De incredibilibus), pp. 91-92 Festa, IX
Traduzione da: Bettini M., Pellizer E., Il mito di Narciso. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Torino, Einaudi, 2003, pag. 194.
Si dice di lui che, avendo visto la propria immagine nell’acqua ed essendosene innamorato, si spinse in quell’acqua e su di essa dicono che volle abbracciare la sua ombra, e che così annegò.
Ma questo non è vero. Infatti non annegò nell’acqua, ma avendo contemplato la sua propria ombra nella natura fluida del corpo fatto di materia, cioè la vita fisica nel corpo, che è l’estrema immagine dell’anima nella sua essenza, e avendo cercato di abbracciare questa come propria, cioè avendo amato la vita fisica in essa, annegò, rimanendone sommerso, come se avesse distrutto l’anima nella sua essenza, che è come dire la vita che nell’essenza a lui stesso si addiceva. Da cui anche un proverbio dice: "timoroso della tua stessa ombra". E ci insegna a temere lo studio intorno alle cose ultime come alle prime, il quale ci porta alla rovina dell’anima, ed invero alla scomparsa della vera conoscenza delle cose e della compiutezza che conviene ad essa per essenza. Così colui che scrisse sulle massime in Platone.