74: Giove, Semele e la nascita di Bacco

Titolo dell'opera: Semele e Giove

Autore: Sebastiano Ricci

Datazione: 1695-1704

Collocazione: Firenze, Uffizi

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: Olio su tela (191x151 cm)

Soggetto principale: Giove fulmina Semele

Soggetto secondario:

Personaggi: Semele, Giove, amorini

Attributi: saette, aquila, fulmine minore (Giove);

Contesto: ambiente interno con scorcio paesaggistico

Precedenti:

Derivazioni: Gaspare Dizioni, Giove e Semele. Svizzera, collezione privata

Immagini: http://www.xtec.es/~mespuna/zeus/html/semele/semeletc.htm

Scarpa A., Sebastiano Ricci Bruno Alfieri editore p. 186 n.116

Bibliografia: Gamba B., Sebastiano Ricci e la sua opera fiorentina in “Dedalo” 1924-25, V 25 3-7 e n 1 pp. 1-4; Siviero R. (a cura di), Seconda mostra nazionale delle opere d'arte recuperate in Germania, G. C. Sansoni e Firenze 1950; Charini M., Nuovi appunti su Sebastiano Ricci, in “Antichità viva”, XVII, 1978, n. 3 pp.3-7; Gregori M.- Chiarini M., Uffizi e Pitti. I dipinti delle Gallerie fiorentine, Udine 1994, p. 456 n. 595; Scarpa A., “Note per Marco e Sebastiano Ricci” in Venezia, le Marche e la civiltà adriatica per festeggiare i 90 anni di Pietro Zampetti, Venezia 2003, p. 75; Pavone M.A. (a cura di), Metamorfosi del mito: pittura barocca tra Napoli Genova e Venezia, Catalogo della Mostra tenuta a Genova e Salerno nel 2003, Electa, Milano 2003; Scarpa A., Sebastiano Ricci Bruno Alfieri Editore, Milano 2006, p. 186 n.116;

Annotazioni redazionali: il dipinto in esame proviene dalla collezione Alessandro Morandotti di Roma e fu recuperata in Germania nel 1948, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ritrovata dalle truppe americane dopo la fine della guerra e portata nel collecting point di Monaco, fu restituita alla missione guidata da Siviero nel novembre del 1948. Il dipinto si colloca cronologicamente nel periodo degli affreschi di San Bernardino delle Ossa a Milano, eseguiti poco prima del 1695. Scarpa scrive che originariamente era esposto a palazzo Vecchio, ma differentemente dalla scheda di Catalogo degli Uffizi sposta la datazione più avanti, agli anni fiorentini (1704-1708), probabilmente quando Sebastiano aveva iniziato ad avere contatti con il Gran Principe Ferdinando. Anche la studiosa però conferma il legame stilistico con le opere milanesi del Ricci a San Bernardino alle Ossa. Tale vicinanza di stile sarebbe specialmente ravvisabile nello scorcio paesaggistico “a volo d’uccello” che occupa il fondo destro (Cfr. le soluzioni dell’Angelo custode in Santa Maria del Carmine a Pavia), anche se la svolta evolutiva è notevole e sempre più vicina allo stile di Veronese sia nell’acconciatura di Semele che nei panneggi. In particolare, nota Scarpa, l’atteggiamento del corpo ricorda le posizioni degli ignudi a Villa Maser sui timpani della stanza del cane. Tutto il dipinto è costruito per diagonali opposte che sembrano sottolineare e enfatizzare a forza emanata da Giove. Accanto a questo, l’involversi dei panneggi e delle nuvole testimoniano che il momento è quello immediatamente precedente alla morte di Semele. L’ambientazione è la solita: la stanza del palazzo di Cadmo in cui Giove entra per l’incontro fatale con Semele. La principessa tebana, come nel dipinto di Rubens (scheda opera 68), tiene il braccio alzato sopra la testa per proteggersi anche se l’atteggiamento sembra molto meno drammatico. Importante è, come nel dipinto di Luca da Reggio (scheda opera 69 e 70), l’evidente differenziazione tra il fulmine minore, più leggero, che Giove tiene in mano, invece del fuoco con cui ha abbattuto tifone dalle cento braccia (Semfc22)che compare trai piedi dell’aquila. Mentre in altri dipinti rappresentanti il mito, talvolta è proprio l’aquila a condurre il fulmine su Semele (Cfr. scheda opera 72), qui l’animale divino sta in disparte, dietro la principessa, rendendo inoffensive le fiamme che divampano dalla folgore. Giove, dal canto suo, sembra voler indicare a Semele il suo tentativo di non ucciderla troppo violentemente. Come in Ovidio, e, più recentemente, nella versione delle Metamorfosi di Lodovico Dolce (Semfr05), a questo fulmine minore egli aggiunge i lampi, i nembi e i tuoni e per questo appare avvolto nel turbinio di nuvole. Il vaso che figura nell’immagine è simile a quello che compare nel dipinto di Caron e nel disegno di Abate (Cfr. scheda opera 63 e 56). Come spesso nella scena, compare un puttino che sembra molto spaventato dalla potenza di Giove e se ne intravede un altro dietro il letto. Il dettaglio inusuale è che il puttino in primo piano sembra avere gambe di serpente e nelle fonti non sembrano esserci annotazioni che possano giustificare esplicitamente tale presenza. Per la posizione di Semele l’origine è ravvisabile in un’ incisione da Perin del Vaga con Cupido e Psiche di autore conservata alla Marucellana. La posizione di Psiche voltata mentre Amore scopre la tenda è identica a quella di Semele per la quale Ricci ha chiaramente tratto ispirazione.Anche Psiche, come Semele, vedrà qualcosa che non doveva vedere. Da umana, saprà che il suo amante è divino ed entrambe subiranno una punizione che però per Semele coinciderà con la morte, per Psiche finirà con l’ammissione all’Olimpo. C’è una piccola tela in una collezione privata in Svizzera che riprende in scala minore l’intera composizione di Sebastiano e che, secondo Scarpa, è un’esercitazione di Gaspare Dizioni sulla matrice del maestro. 

Francesca Pagliaro