72: Giove, Semele e la nascita di Bacco

Titolo dell'opera: Giove visita Semele

Autore: Ferdinand Bol (1616-1680)

Datazione: 1660 ca.

Collocazione: Meiningen, Schloss Elisa Bethemburg

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (206x183 cm)

Soggetto principale: Giove fulmina Semele

Soggetto secondario: un amorino sposta la veste di Semele

Personaggi: Semele, Giove, Amorino

Attributi: aquila, fulmini (Giove); frecce (amorino)

Contesto: ambiente interno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.reproarte.com/Kunstwerke/Ferdinand_Bol/Semele+in+Erwartung+des+Zeus/1000.html

Bibliografia: Lehfeldt P. – Voss G., Bau und kunstdenkmaler Thringens, I, 1909, p. 186; Blankert A., Ferdinand Bol,Rembrandt’s pupil, Davaco, Doornspijc 1982, p. 100 n. 24; Brière-misme C., « La Danae » de Rembrandt et son veritable sujet, in « Gazette des Beaux Arts », 39, 1952, I pp. 305-318; Sluijter E.J., Emulating sensual beauty: representations of Danaë from Gossaert to Rembrandt, in “Simiolus”, 27, 1999, pp. 26-39.

Annotazioni redazionali: Ferdinand Bol è stato uno egli allievi prediletti di Rembrandt è anche uno tra quelli che godette di maggior fortuna personale. Nacque a Dordrecht nel 1616 da un medico e al contrario di molti artisti della sua epoca che per formarsi sceglievano di trascorrere alcuni anni in Italia, a contatto diretto con le maggiori della classicità, egli decise di svolgere il suo ultimo periodo di apprendistato presso lo studio di Rembrandt, dopo aver frequentato da giovane quello di Abraham Bloemaert. Rembrandt accoglieva giovani pittori in cambio del pagamento di una retta e insegnava loro l’arte della pittura e, sebbene per Bol fosse il meglio che la sua patria potesse offrirgli, tale scelta influirà sulla sua visione della classicità. Non essendo supportato da una esperienza diretta, le sue composizione mitologiche risultano alle volte viziate da alcuni “errori” rispetto alle fonti o da mescolanze tra un mito e l’altro. Attorno agli anni 1650-60, quando era ormai già un pittore autonomo, Bol dipinse numerose scene mitologiche tra cui, ad esempio, cinque versioni del mito di Venere e Adone e quasi la totalità dei dipinti raffigurano episodi d’amore in una scena all’aperto. Realizzato ai primi del 1660 per molto tempo il dipinto qui in esame fu giudicato come Giove e Danae (Lehfeldt – Voss, 1909). Il problema di distinguere la principessa tebana dalla madre di Perseo non è ristretto a questo caso, ma le sovrapposizioni e gli scambi tra le due sono presenti anche in area italiana (Cfr. scheda opera 65). La confusione sorse sulla base del confronto la tela di Bol e la Danae di Rembrant conservata all’Hermitage. In effetti sia l’una che l’altra scena sono ambientate in un interno, le due protagoniste sono sul loro letto e fanno un gesto con la mano in direzione di Giove rappresentato da un raggio di luce (nel caso di Rembrandt) o nascosto dietro la tenda (nel caso si Bol). Anche alcuni dettagli compositivi avvicinano le due opere, come la tovaglia rossa che copre il tavolo e le pantofole poggiate ai piedi di entrambi i letti.      

Nonostante queste osservazioni, a una seconda lettura, i dipinti risultano molto diversi l’uno dall’altro tanto che Briere-Misme ha suggerito come soggetto del dipinto Giove visita Semele, smentendo un rapporto tra le due tele. Primo motivo fra tutti a conferma di questa diversità, motivo che – tra l’altro - Blankert (1982) crede decisivo, è l’assenza di Giove dal quadro di Rembrandt. Tale assenza sarebbe motivata dal fatto che, secondo il mito, il dio non si unì con Danae personalmente ma trasformandosi in pioggia dorata (Ovidio, Metamorfosi, IV, 610-611; 697-698). Danae è nuda, indossa solamente un diadema e, come la Semele del dipinto di Bol, bracciali di corallo e perle su ciascun polso. Diversamente da lei, però, è adagiata serenamente su un fianco, il suo braccio destro è teso in avanti in atto di accogliere l’arrivo del fascio di luce. La Semele dipinta da Bol invece è tesa, spaventata, il suo corpo è spinto in direzione contraria rispetto all’aquila che scende su di lei con i fulmini tra le zampe; il gesto della mano non accoglie, ma sembra voler allontanare l’animale. Sul fondo della scena del dipinto di Rembrandt, ad agevolare l’incontro tra i due, una vecchia sposta le cortine del letto, vecchia che nel dipinto di Bol non compare (Cfr. scheda opera 43). Richiami molto più forti sembrano esserci tra Bol e la Danae di Correggio per il motivo del putto che sposta la veste di Semele all’altezza del pube proprio come nel dipinto dell’artista emiliano. In più, oltre al putto e a Semele, nel dipinto di Bol compaiono sotto al letto un arco e le frecce, esplicito richiamo all’aspetto amoroso e non solo tragico dell’evento e nel dipinto di Correggio uno dei due puttini gioca con una freccia dorata.Il motivo dell’aquila che tiene tra le zampe il fascio di fulmini del dipinto di Bol compare anche nella tela con il mito di Danae di Henrick Goltzius realizzata nel 1603 e descritto da Van Mander quando faceva parte della collezione di Bartholomeus Ferreris a Leida. Tale ripresa di suggestioni, motivi e spunti da parte di Bol, il quale potrebbe aver visto personalmente il quadro di Goltzius, e attraverso una stampa quello di Correggio (Blankert, 1982), genera una commistione tra un mito e l’altro, causata dalla mancanza di esperienza diretta con la classicità da parte dell’autore. Eppure l’atteggiamento della protagonista della tela di Bol è inequivocabile, a suo modo il pittore ha voluto rendere identificabile la vicenda di Semele: la donna scappa, ha paura. Sebbene Danae sia quasi sempre circondata da ori, da una vecchia ancella o da un amorino, l’unica costante che può davvero differenziarla da Semele è la maggiore sensualità, l’atteggiamento complice e favorevole all’evento (oltre, ovviamente, alla pioggia d’oro). Per Semele, l’unione con Giove significherà la morte, dunque essa è spaventata per via dell’inaspettata potenza dell’amante. La presenza del fulmine ai piedi dell’aquila non è solo un modo per evocare il dio, i fulmini, luminosi e in posizione affatto defilata, sono protagonisti attivi dell’evento. Inoltre sia le frecce poggiate sotto il letto, accanto all’arco che quelle tenute tra le zampe dell’aquila puntano esplicitamente verso la fanciulla e non sono semplici ornamenti del contesto. Blankert sostiene che il riconoscimento dell’episodio è certo per l’identità della posizione della Semele di Ferdinad Bol e quella del dipinto di G. Schalcken al Muesum Pommersferden (Cfr. scheda opera 73) ma ancora più pertinente sembra il legame con l’incisione di Giulio Bonasone appartenente alla serie degli Amori degli dei In questa incisione infatti, Giove è invisibile, nascosto dietro la tenda, Semele si protegge con la mano dal fulmine che punta verso di lei. Ai piedi del letto, un amorino (Cfr. scheda opera 62). Il dipinto è firmato e datato in basso a sinistra sulla tovaglia con una F e una B intrecciate.

Francesca Pagliaro