70: Giove, Semele e la nascita di Bacco

Titolo dell'opera: Giove e Semele

Autore: Luca Ferrari detto Luca da Reggio (1605-1654)

Datazione: 1650 ca.

Collocazione: Verona, Museo di Castelvecchio

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: Olio su tela (148 x 136 cm)

Soggetto principale: Giove sta per fulminare Semele

Soggetto secondario:

Personaggi: Giove, Semele, Amorino

Attributi: fulmine minore, saetta, corona (Giove); ali, fiaccola capovolta, frecce (Amorino)

Contesto: ambiente interno

Precedenti:

Derivazioni:

Bibliografia: Marinelli S., Proposte e restauri: i musei d'arte negli anni Ottanta. Verona, 1987, Museo di Castelvecchio, Cortella, Verona 1987; Marinelli S., Per Licisco Magagnato: l'attivita espositiva dei primi vent'anni a Verona, Verona 1988; Pirondini M., Luca Ferrari. regesto e documenti, Credito emiliano, Merigo art books, Reggio Emilia 1999, p. 179 e n. 90 p. 184; Ramponi B., L’attività veneta di Luca da Reggio Tesi di Laurea Università di Venezia a.a. 1992-1993.

Annotazioni redazionali: Per l’introduzione generale vedi scheda opera. 69. Pirondini e Marinelli (1987) ritengono che l’opera con Giove e Semele, come quella con lo stesso soggetto conservata alla Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, sia una di quelle risalenti al secondo soggiorno padovano dell’artista e in particolar modo vicina alla Deposizione della Basilica del Santo risalente al 1652: Giove che entra da sinistra è molto simile al San Giovanni della citata pala padovana. Rispetto al contemporaneo dipinto di Reggio Emilia ci sono alcune differenze significative: Giove, oltre a tenere in una mano le saette e nell’altra il fulmine più leggero come nell’altro dipinto, è avvolto da nubi (Cfr. scheda opera 47 o 49). Queste nubi sono menzionate esplicitamente sia da Ovidio (Semfc22) che da Nonno di Panopoli (Semfc41) e possono essere state aggiunte dal pittore sia per una maggiore aderenza alla fonti classiche che per una tendenziale revisione della scena sulla base delle rappresentazioni tradizionali dove Semele è distesa sul letto e spinta indietro o per proteggersi o dalla troppa forza dell’impatto. Anche qui la donna getta le braccia indietro e alza gli occhi al cielo (Cfr. scheda opera 68). Giove questa volta tiene davanti a sé le saette più potenti, come a mostrarle il tentativo di ridurre la sua sofferenza. L’ambientazione è la stanza di Semele ma non si vedono le tende del baldacchino, soltanto un cuscino sopra le coperte ad indicare comunque con certezza l’ambientazione nella casa di Cadmo. Anche per questa scena sembrano funzionare bene i versi di Cartari “Onde si scuote, e con la mano move/ Spesso la veste, e fassi vento, e finge” (Semfr08) cosa che permette di affermare un’attenzione diretta sia alle fonti classiche che alle fonti contemporanee da parte dell’autore. Un’altra divergenza con la versione di Reggio Emilia è la presenza dell’amorino in basso a destra che però curiosamente guarda attento la scena, o stesso che in Bonasone e in Sebastiano Ricci si copre gli occhi o si volta (scheda opera 62 e 74). Tale atteggiamento potrebbe spiegarsi in virtù della sua doppia natura di amorino e di genio funebre: egli infatti tiene con entrambe le mani una fiaccola capovolta verso il basso, presagio di morte che si trova convenzionalmente sui sarcofagi romani ma che è anche rappresentato da Wiligelmo sul duomo di Modena e confrontabile con la coppa del tesoro di Menandro (scheda opera 19) dove nella morte di Semele compare il Genio alato.Marinelli (1987) legge il particolare formato dell’opera e un certo sottinsù come debitori della collocazione, che forse doveva essere il Palazzo dei Conti Chiodo a San Zeno. Inoltre, sia lo stile a larghe pennellate che la posizione fortemente diagonale di Semele riconducono con certezza alla piena maturità del pittore.  L’opera è stata restaurata nel 1984 rivelando numerosi pentimenti specie nella posizione della mano destra di Giove e il manto blu dello stesso personaggio (Pirondini, 1999)

Francesca Pagliaro