
Titolo dell'opera: Giove e Semele
Autore: Luca Ferrari detto Luca da Reggio (1605-1654)
Datazione: 1650 ca.
Collocazione: Reggio Emilia, Fondazione Cassa di Risparmio Pietro Mondadori
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: Olio su tela (120x 157 cm)
Soggetto principale: Giove sta per fulminare Semele
Soggetto secondario:
Personaggi: Giove, Semele
Attributi: fulmine, saetta, corona (Giove)
Contesto: ambiente interno
Precedenti:
Derivazioni:
Bibliografia: Pirondini M., Luca Ferrari. regesto e documenti, Credito emiliano, Merigo art books, Reggio Emilia 1999, n. 83, p.179 e n. 90 p. 184; Belli G. Un Luca da Reggio alla Cassa di Risparmio in “Reporter”, Reggio Emilia 22 marzo 1996.
Annotazioni redazionali: Luca Ferrari detto Luca da Reggio nasce a Reggio Emilia il 16 febbraio 1605 e dal 1627 lavora nella bottega di Ludovico Tiarini a Modena. Nel 1637 risulta iscritto alla Fraglia pittorica padovana e il primo soggiorno a Padova dura circa un decennio (1634-1644), nel corso del quale egli avrà occasione di accostarsi all'opera di Paolo Veronese e Francesco Maffei ma anche di portare in Veneto il gusto narrativo-naturalistico della pittura emiliana. L’artista è considerato il più significativo testimone dei rapporti che nel Seicento sono intercorsi fra la pittura veneta e quella emiliana. Pirondini testimonia che l’opera con Giove e Semele è pervenuta all’istituto di credito Reggiano da un antiquario che a sua volta l’aveva acquistata da una vendita della casa d’aste Chaussins-Bremes di Lione (1993). È una delle opere risalenti del suo secondo soggiorno padovano con la collaborazione della bottega. Secondo la critica Semele sarebbe di mano dell’autore, mentre l’”impacciato” Giove è realizzato da uno studente della sua bottega (forse Francesco Viacavi) che Luca teneva con sé in casa a Padova. Il dipinto risente delle opere d’impostazione guerciniana con le grandi figure a mezzo busto colte in espressioni patetiche e in movimento e il panneggio dinamico. L’ambientazione è la stanza di Semele e l’iconografia è convenzionale: sono visibili le tende del baldacchino del letto, lei è seminuda ad indicare che il fulmine le colpirà durante l’atto d’amore perché ella chiese al dio di unirsi a lei come si mostrava a Giunone. Sembra di vedere in lei la descrizione commossa che ne fa Cartari : “E vorrebbe poter non esser stata /Compiacciuta di quel che chiese a Giove /All'hor che da Giunone fu ingannata. /Onde si scuote, e con la mano move / Spesso la veste, e fassi vento, e finge / Che la fulminea fiamma si rinove”(Semfr08). L’espressione è di spavento più che di sorpresa come invece la vediamo nel disegno di Guercino (Cfr.scheda opera 67), e il pittore si è dimostrato assai attento alla narrazione di Ovidio perché Giove, anch’egli con il viso teso in un’espressione contratta, tiene nella mano destra la sua convenzionale saetta e nella sinistra un fulmine più piccolo, quella con cui colpisce la fanciulla, “levius fulmen” di Ovidio (Semfc22), fulmine minore o fulmine secondo. L’unica fonte rinascimentale a menzionare il fulmine minore sarà Ludovico Dolce (Semfr05). Tale differenza, visibile nella dimensione ridotta del fulmine che sembra un bastoncino rispetto alle saette nella mano sinistra luminose e fiammanti, tornerà anche in Nonno di Panopoli, che per indicare il fulmine userà “ελάχεια” “elakeia”, il corrispondente etimologico di levius. Anche la teatralità della scena e il pathos dei sentimenti espressi in particolar modo dalla figura di Semele, sono tutti derivati della sua origine emiliana. È abbastanza evidente il rigonfiamento del ventre della fanciulla, segno della sua gravidanza. Il pittore dedicherà al soggetto un altro dipinto (Vedi scheda opera 70).
Francesca Pagliaro