53: Giove, Semele e la nascita di Bacco

Titolo dell'opera:  Nascita di Bacco

Autore: Daniele Ricciarelli, detto da Volterra

Datazione: 1545-1550

Collocazione: Roma, Palazzo Farnese, appartamento del Cardinal Ranuccio

Committenza: cardinale Alessandro Farnese

Tipologia: dipinto murale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Nascita di Bacco da Semele

Soggetto secondario: satiri osservano la scena

Personaggi: Semele, Bacco, satiro, figure maschili e femminili

Attributi: corone di pampini (Bacco)

Contesto: ambiente boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Metz M.L, Una decorazione di Daniele da Volterra nel palazzo Farnese di Roma, in “Rivista d’Arte”,1934, XVI, serie II, anno VI, XVI, serie II, anno VI; Broglie, Raoul de, Le palais Farnese, Ambassade de France, Lefebvre, Paris 1953, p.111; Sricchia Santoro, Daniele da Volterra, in “Paragone”, 1967, n. 213, p. 11-34; Barolsky P., Daniele da Volterra. A catalogue raisonné, New York and London 1979, pp. 73-76; Cheney I., Les premièries décorations: Daniele da Volterra, Salviati et les frères Zuccari, in Le Palais Farnèse, I, 1, Rome, Ecole française de Rome, 1981, pp. 250-251 ; Puaux A., Introduction au Palais Farnese, Ecole francaise de Rome, Roma 1983, p. 74; Davidson Reid J., The Oxford guide to classical mythology in the arts, 1300-1990s, Oxford-New York 1993, vol.1, p.988; Zezza A., Tra Perin del Vaga e Daniele da Volterra: alcune proposte, e qualche conferma, per Marco Pino in “Prospettiva”, 1994, pp. 73-74 e 144-158; Zapperi R., Eros e Controriforma: preistoria della galleria Farnese, Bollati Boringhieri, Torino 1994, p. 85; Hochmann M., Palazzo Farnese, in Palazzo Farnese Ambasciata di Francia, Franco Maria Ricci,Roma 2000, p. 52; Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, p. 280.

Annotazioni redazionali: l’affresco con l’episodio della Nascita di Bacco appartiene ad un ciclo di tema bacchico realizzato da Daniele da Volterra nell’appartamento del cardinale Ranuccio a Palazzo Farnese negli anni 1545-1550. L’artista fu chiamato a lavorare dal cardinale Alessandro (Puaux, 1983) o da suo padre Pier Luigi (duca di Parma e Piacenza). Sebbene recentemente una piccola parte della critica tenda ad attribuire la maggior parte del lavoro a Marco Pino e aiuti (Zezza, 1994), il lavoro è unanimemente attribuito al Ricciarelli a partire dalla Metz (1934) e dalla Scricchia Santoro (1967). La stanza si trova nell’angolo dell’ala destra del piano nobile e faceva originariamente parte dell’appartamento del Cardinal Ranuccio. La decorazione fu eseguita dal Ricciarelli tra gli anni 1545 e 1550 con larga partecipazione della sua bottega; suddivisa in due registri presenta grandi ovali affrescati cinti da coppie di puttini in stucco che sollevano drappi sull’ordine superiore, e tra l’uno e l’altro si susseguono rettangoli affrescati circondati da uccelli sempre in stucco; in quello inferiore è visibile una decorazione a motivi geometrici su fondo policromo, giudicata di pochi anni successiva rispetto al fregio superiore, caratterizzata da motivi classicheggianti. Su ogni parete è inserito un medaglione all’interno di un cartiglio decorato con volute e maschere a rappresentare le Allegorie delle Stagioni. Ad ogni angolo, figure di satiri chiudono le decorazioni. Le storie di Bacco sono protagoniste del registro superiore con l’aggiunta di due ovali: uno con combattimento tra liocorni, emblema dei Farnese, e l’altro con animali e guerrieri. Ogni affresco rettangolare è inquadrato da aironi che stringono nel becco la cornice del dipinto, su uno sfondo dorato decorato con racemi di edera, pampini e grappoli d’uva, tutti in chiaro collegamento con la tematica bacchica. Nonostante le altre scene siano una fedele illustrazione dalle Metamorfosi di Ovidio (il dio è infatti raffigurato come un fanciullo paffuto con la testa coronata di pampini) la scena della Nascita sembra quasi un idillio campestre. Nessun accenno al dolore, alla morte, alla tragedia che caratterizza altrove la nascita del dio (Cfr. scheda opera 43). Anche Broglie nota la differenza di tono tra una parete e l’altra e descrive fedelmente la scena in esame riferendo del piccolo Bacco nudo con alle spalle sua madre Semele dal seno della quale pendono dei pampini che scendono a toccare il corpo del bambino. Ma aggiunge un osservazione: chiama Semele “la terre”, la terra. Perché Semele dovrebbe essere intesa come terra, terra da cui nasce Bacco, se fin dall’epoca medievale essa è intesa come vite (Semfm10) e se ha persino grappoli che pendono dal seno? Improbabile un richiamo al senso classico di Magna Mater, quanto invece alla concezione di un “Dioniso < che > sarebbe stato chiamato dagli antichi “con due madri” e in quanto una - e la prima - nascita sarebbe calcolata quando la pianta, posta nella terra, comincia a crescere; e la seconda quando è carica di grappoli re li porta a maturazione: di modo che una nascita del dio sarebbe stata considerata dalla terra, l’altra dalla vite” (Semfc18).Nelle fonti rinascimentali tale lettura verrà confermata e ampliata (Semfr03 e Semfr07) dunque l’interpretazione è più semplice: Semele non è la terra è la vite, Bacco è il vino. La presenza del satiro si riallaccia alla tradizione classica che vuole che questo fosse uno dei suoi allevatori (Cfr. scheda opera 09) e in più dall’altra parte del muro dei satiri portano rami a una coppa per fare il vino ed è Nonno (XII, 337) a dire come i satiri appresero l’arte di fare la bevanda. Inoltre per riallacciarci all’impressione pacifica del mito di Semele, il richiamato eco di Fontainbleau (Cfr. scheda opera 49) cede il passo ad un classicismo che vede la donna accanto al figlio, come negli affreschi romani della Villa dei Misteri o in quello scomparso della Domus Aurea in cui la principessa tebana era ritratta rilassata a contemplare il bambino appena nato (Kossatz - Deissmann A. 1991, VII, 8, p. 721). Non si può nemmeno parlare esclusivamente di “gusto” visto che la scena dello smembramento di Penteo è visibile in tutta la sua crudezza. Per comprendere il senso degli affreschi bisogna leggerli nell’insieme come un ciclo. Le altre scene bacchiche sono l’Adolescenza in cui Bacco sorge dalla terra come una pianta di vite e la ninfa che tiene in mano un ramo di grappoli richiama il ruolo del dio frutto della vite come Cristo (Barolsky, 1979)l’Invenzione del vino e poi Il trionfo di Bacco in India. Il ciclo è stato interpretato dalla critica recente sulla base di alcuni temi principali quali l’introduzione del vino sulla terra, la diffusione del culto di Bacco connessa con la punizione di coloro che offendono il dio (la punizione dei pirati tirreni sul muro sud-ovest, all’interno di uno dei riquadri rettangolari). Secondo Cheney (1981) e Puaux (1983), bisogna leggere nell’intero ciclo una metafora religiosa poiché nel tema del culto del vino e della sua difesa da parte di Bacco, come un eroe cristologico, è adombrata la Chiesa Cattolica. Anche la Chiesa, come Bacco, difende il culto eucaristico nel periodo della Controriforma. I miti di punizione visualizzano la sorte dei nemici della cristianità dietro cui si celano i Protestanti. Tale interpretazione sarebbe confermata dal fatto che due membri della famiglia Farnese, Ottavio ed Alessandro, avevano partecipato nel 1546 alla Lega di Smalcalda sotto la guida di Carlo V, battaglia, appunto, contro i protestanti. Inoltre i Farnese avevano bisogno di ripristinare un prestigio minacciato dall’assassinio di Pier Luigi Farnese nel 1547 e dalla morte di Paolo III nel 1549. L’inimicizia verso i Farnese di Giulio III obbliga i cardinali Alessandro e Ranuccio a emigrare a Roma nel 1551-55 ed è proprio in questo momento che il fregio sarebbe stato concluso (Barolsky, 1979). I Farnese mostrano dunque nei confronti della Chiesa un atteggiamento di militanza e fedeltà esplicita, dovuta al pieno clima controriformistico. Tra le punizioni esemplari degli offensori di Bacco, la scena dell’ uccisione di Penteo da parte delle Baccanti (Il re di Tebe fu punito perché si era opposto all’introduzione dei culti di Bacco nella sua patria, dunque ancora una chiarissima allusione alla Chiesa) e l’episodio di Bacco e i marinai di Acete che potrebbe fare riferimento alla minaccia dei pirati musulmani nel Mediterraneo, scongiurata proprio sotto il pontificato Farnese. Oltre a questi riferimenti non si può non pensare a un’ eco di Alessandro Magno nel parallelo tra Bacco e Alessandro Farnese, prima di essere Paolo III, ricavabile dal Trionfo in India affresco che occupa più spazio in assoluto. Proprio come l’imperatore macedone, Alessandro Farnse s’identifica nelle vittorie indiane del dio (Arriano, L’india, V; Stradone, Geografia, XI, 5.5. La storia di Alessandro fu poi utilizzata per la sala paolina a Castel Sant’angelo). Il fregio è descritto dal Vasari (Vite, VII, 56) il quale secondo Sricchia Santoro (1967), assegna a Daniele molti più lavori di quanti non ne abbia fatti nel Palazzo. Tra le altre interpretazioni Broglie incentra la lettura sull’unicorno, animale simbolo di Cristo, che può essere catturato soltanto da una vergine e indica come ideatore del programma qualcuno che gravitava attorno a Paolo III a Castel Sant’Angelo. Zappieri fornisce invece una lettura più spensierata del tema, riallacciandosi alla ricorrente presenza di Bacco nei Palazzi Farnese. Secondo lo studioso Odoardo Farnese non diventò mai uomo di fede ma fu “uomo di chiesa per esigenze dinastiche”. Egli aveva ricevuto un’educazione mondana e vi restò legato seguendo anche l’esempio del capostipite che era molto legato al dio del vino come testimonia Cellini confortato dalle testimonianze del bottigliere del principe (I vini d’Italia giudicati da Paolo III Farnese e dal suo bottigliere, Sante Lancerio, a cura di Ferraro, Roma 1980). Il fregio dunque sarebbe servito a ricordare al cardinale Odoardo la dedizione farnesiana a tale culto. Benché la scena mitologica sembra meno preoccupata dei dettami del Concilio di Trento, il tema profano non impedisce la connessione con la famiglia papale. Basti pensare agli appartamenti di Paolo III a Castel Sant’Angelo decorati con cicli dedicati ad Apollo, Psiche, Perseo. Per la presenza del tema Bacchico anche nel ducato parmense Cfr. scheda opera 65

Francesca Pagliaro