Titolo dell’opera: Giunone e Semele
Autore:
Datazione: 1450-1475
Collocazione: L’Aia, Koninklijke Bibliotheek, manoscritto dell’Epistre d’Othea di Christine de Pisan, Ms. 74 G 27 58r
Committenza:
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Tipologia: illustrazione
Tecnica: miniatura
Soggetto principale: Beroe/Giunone inganna Semele
Soggetto secondario:
Personaggi: Semele, Beroe/Giunone
Attributi: abito da nutrice (Giunone)
Contesto: ambiente interno
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: http://www.kb.nl/manuscripts/search/index.html
http://collecties.meermanno.nl/handschriften/showillu?id=1555
Bibliografia: Campbell, P.G.C., L'Epître d'Othea. Etude sur les sources de Christine de Pisan. Paris 1924;Brayer É., Jubinal et les manuscrits de la Bibliothèque Royale de La Haye, in: « Bulletin d''information de l''Institut de Recherche et d''Histoire des Textes », 3, 1954, p. 85; Brayer, E.-Korteweg, A.S., Catalogue of French-language medieval manuscripts in the Koninklijke Bibliotheek (Royal Library), Meermanno-Westreenianum Museum,The Hague 1956; Mombello G., Per un' edizione critica dell' "Epistre Othea" di Christine de Pizan, in “Studi francesi”, 8, 1964, p. 401-417; Carrara E., Mitologia antica in un trattato didattico-allegorico della fine del Medioevo: l’Epistre d’Othea di Christine de Pizan, in “Prospettiva”, 66, 1966 (aprile), pp. 67-83; Mombello, G. La tradizione manoscritta dell' "Epistre Othea" di Christine de Pizan. Prolegomeni all' edizione del testo, in “Memorie dell'' Accademia delle Scienze di Torino. Classe di Scienze Morali, Storiche, e Filologiche”, Torino 1967, Serie 4°, 15 p. 39 nota. 1, p. 59 nota. 4, pp. 182-186, p. 215 nota. 3, pp. 292-301, 303, 340, 343, 352-353; Wisman J.A., Manuscrits et éditions des oeuvres de Christine de Pisan, in “Manuscripta”, 21, 1977, pp. 144-153; Bussagli M., Gabriele, l'Angelo dell'Annunciazione, in Le ali di Dio. Messaggeri e guerrieri alati tra Oriente e Occidente, a cura di Bussagli M. e D'Onofrio M., Silvana Editore, Cinisello Balsamo 2000, pp. 148-151; Korteweg, A.S., Splendour, gravity & emotion. French medieval manuscripts in Dutch collections,. Koninklijke Bibliotheek/Museum Meermanno-Westreenianum, Den Haag 2002, pp. 112, 129, 135-137, 203, 211, fig. 105-106; Desmond, M.-Sheingorn, P. Myth, montage, and visuality in late medieval manuscript culture. Christine de Pizan's "Epistre Othea", Ann Arbor 2003, p. 231-232, p. 275 nota. 43, p. 298 nota. 1, fig.. A.2, A.3.
Annotazioni redazionali: il manoscritto dell’Epitre d’Otheaconservato all’Aia consta di 98 miniature con il bordo decorato ed è di provenienza sconosciuta. Si sa che è in possesso della Koninklijke Bibliotheek dal 1830, probabilmente proveniente dalla collezione Orange-Naasau collection di Dillenburg, trasferita nel 1821. L’opera scritta da Christine di Pizan nei primissimi anni del Quattrocento prende ispirazione le favole raccontate principalmente da l'Ovide moralisé, poema di autore incerto scritto in francese fra il 1316 e il 1328, e dall’ Ovidius moralizatus (ovvero Metamorphosis Ovidiana moraliter explanata), che corrisponde al XV librodel Reductorium Morale di Petrus Bercorius (Semfm09 e Semfm11). Christine, lo utilizzò come fonte per circa un terzo delle favole raccontate e si mise così in relazione con la tradizione di lettura in chiave allegorica-cristiana delle Metamorfosi di Ovidio. Godendo di una grande fortuna anche per le illustrazioni, il poema di Christine diede un enorme contributo alla diffusione delle Metamorfosi assieme ad altri testi quali: Echoes Amoureux e il Roman de la Rose di Guillame de Lorris e Jean de Meun. In queste opere come nell’Epitre d’Othea, i miti ovidiani vengono presi nella forma di insegnamenti morali, dando luogo ad iconografie mitologiche di gusto medieval-cortese. Nel caso di Christine, Othea è il tipico cavaliere medievale che per non sbagliare deve seguire gli esempi positivi degli eroi e delle divinità ovidiane, ma anche fare tesoro delle loro gesta negative. Ed è a questo che serve anche la miniatura con la storia di Semele. La miniatura riprende il momento in cui Semele viene avvicinata da Giunone. La fanciulla appare qui vestita semplicemente, con le mani incrociate sul grembo visibilmente rigonfio e ascolta Beroe/Giunone mentre esprime dubbi sull’identità del suo amy. Giunone ha il copricapo tipico delle nutrici, segno della trasformazione avvenuta, e indica con la mano proprio la pancia di Semele, a esplicitare la gravità del fatto compiuto. Leggendo i versi del poema (Semfm14) salta immediatamente agli occhi la totale omissione della gravidanza e di Bacco, nonostante la posizione delle mani di Semele sulla pancia facciano pensare a una reminescenza dell’evento che era cardine della lettura del Reductorium Morale di Petrus Bercorius (Semfm11). L’omissione della gravidanza potrebbe essere imputabile al valore della verginità e della dimensione spirituale della donna medievale, tale da far optare l’autrice per l’episodio dell’inganno di Giunone. Tale scena è totalmente tralasciata nelle raffigurazioni antiche, dove la moglie di Giove è rappresentata soltanto mentre sopraggiunge troppo tardi sulla scena del parto (Cfr. scheda opera 22). La causa dell’assenza di Giunone potrebbe essere imputabile alla fama delle Baccanti di Euripide, opera in cui si dice che Semele “lo serbava nel grembo, un giorno, la madre tra doglie di parto fatali, Poi a volo piombò il tuono di Zeus, lei lo espulse dal ventre, e schiantata dal fulmine lasciò la vita” (Semfc12) e solo dopo “Zeus, figlio di Crono, lo accolse nella guaina segreta della sua coscia cucita con fibbie dorate, all’oscuro da Hera” (ibidem vv. 95-98). Tale descrizione dei fatti avrebbe influenzato la scelta dei decoratori di vasi che rappresentarono esclusivamente tre scene: la nascita di Dioniso insieme alla morte di Semele per parto; la nascita di Dioniso dalla coscia di Zeus, la consegna del bambino alle ninfe o al satiro (Cfr. scheda opera 08 e 09). Sarà proprio a partire dalle raffigurazioni medievali che la scena otterrà nuovo successo. Nel testo dell’Epitre d’Othea l’esempio da trarre dal destino di Semele è quello di non desiderare la conoscenza a tutti i costi, ma imparare a distinguere le reali intenzioni e identità degli interlocutori. Come nell’immagine proveniente dallo stesso manoscritto con Aracne e Minerva (Cfr. scheda opera relativa)si può notare la vicinanza con l’iconografia tipica dell’Annunciazione: Minerva è in piedi di fronte ad Aracne, proprio come Giunone di fronte a Semele e come l’Arcangelo Gabriele di fronte a Maria. Esattamente come per Minerva anche per Giunone l’eco dell’apparizione angelica serve a sottolinearne la teofania, anche se alla fine Minerva rivelerà la sua identità togliendosi il travestimento da vecchia come raccontato da Ovidio (Met., VI, vv.43-45). La “rivelazione” dell’identità di Giunone coinciderà di riflesso con la rivelazione dell’identità di Giove, causa della morte di Semele. Quello che Chrstine vuole dire è che mentre la dea insinua il dubbio nella testa della principessa tebana, quella dovrebbe preoccuparsi dell’identità della sua interlocutrice piuttosto che di quella del suo amante. Imparare a discernere attraverso la fede nelle giuste cose è il consiglio cristiano da desumere dall’episodio di Semele che Christine rivolge al cavaliere protagonista del romanzo.
Francesca Pagliaro