24: Giove, Semele e la nascita di Bacco

Titolo dell’opera:

Autore:

Datazione: post 150 d. C.

Collocazione: Roma, Museo Ostiense

Committenza:

Tipologia: marmo

Tecnica: scultura (0, 7m x 0, 27 m)

Soggetto principale: Nascita di Dioniso da Semele e nascita da Zeus

Soggetto secondario:

Personaggi: Semele, Dioniso, Zeus, Eileithyia o Ninfa o Iride(?)

Attributi: trono (Zeus); velo mosso dal vento (ninfa o Iride);

Contesto: ambiente interno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://fototeca.iccd.beniculturali.it/FOTOFULL/E2/E23923.jpg e http://www.ostia-antica.org/fulltext/zevi/zevi2003.htm

Bibliografia: Becatti G., Un rilievo con la nascita di Dioniso e aspetti mistici dell’ostia pagana, in Bollettino d’arte” 36, 1951, pp. 1-14; Calza R.- Floriani Squarciapino M., Museo Ostiense, Roma 1962, p. 42 n. 14 inv, 148; Veloccia Rinaldi M.L., Museo Ostiense. Nuove immissioni, Ostia 1971, p. 15, Tav. II,1; Simon E., Zagreus. Uber orphische Motive in Campanareliefs, in “Latomus, Homages a Albert Grenier” Bruxelles 1962, n. 3052; Harrison J.E., Prolegomeni to the study of Greek Religion, Meridian Books, New York  1957, pp. 101-107; Simon E., Die Goetter der Roemer, Munchen 1990, pp. 254-255; Gasparri C., ad vocem “Dionysos”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco 1992, III, vol. III n. 134; Olmos R., ad vocem “Eileithyia”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco, 1992, vol. III n. 55;Zevi F. Un fregio tra Ostia e Berlino in Convegno internazionale Roma-Ostia 12-14 novembre 2001.

Annotazioni redazionali: il fregio è databile alla prima metà del III sec. d.C e farebbe parte dell’arredo figurato pertinente ad uno dei due templi di Vulcano noti ad Ostia dalle iscrizioni, ma finora non localizzati (Zevi, 2001). I due frammenti del Museo Ostiense rappresentano uno Eretteo e Erittonio reimpiegato in una tarda tamponatura dell'ingresso ovest delle Terme del Foro, l'altro la nascita di Dioniso (o di Atena), utilizzato con altre lastre a copertura di una fognatura nelle Terme Bizantine alle spalle dello stesso foro.

Nel 1979, uno studio di K. Schefold ha riconosciuto l’appartenenza allo stesso monumento – o comunque alla stessa serie - di due lastre scolpite acquistate a Roma nel 1832 dai Musei di Berlino, dove sono tutt’ora. In base all’analisi tecnica di Harrison i due blocchi di Ostia sarebbero collocati alle due estremità, quelli di Berlino al centro. Così ricomposto il fregio risulta una successione di episodi che secondo recenti studi sono relativi al mito di Efesto/Vulcano e di Atena, secondo altri al mito di Dioniso. A favore della prima ipotesi si deve dire che tuttora a Ostia sorge l'imponente struttura del tempio dorico di Efesto (Hephaisteion) che accoglieva i simulacri sia di Atena che di Efesto. Ma proviamo ad osservare la narrazione. La “storia”, procede da destra a sinistra, si apre con una nascita. Secondo la prima ipotesi si tratterebbe della nascita di Atena poiché Zeus aiuta un bambino o una bambina ad uscire dal suo cranio.                

Secondo l’iconografia tradizionale, la dea balzava armata dal cranio di Zeus, che Efesto aveva aperto con un colpo d'ascia. Come abbiamo visto anche per la ceramica attica, però, spesso l’iconografia della nascita di Dioniso ha risento di quella della nascita da Atena e il rilievo di Ostia ne sarebbe un esempio (Cfr. scheda opera 24). Se fosse Atena la dea raffigurata a mezzo busto, emergerebbe dal cranio del padre seduto su un trono intento come già detto ad estrarla con la mano. Eppure non è né adulta, né armata, ed ha un atteggiamento simile a quello di Dioniso appena nato: tende le braccia verso la nutrice o Eiletyhia. Se si tiene presente lo studio di Olmos su Eileithyia (Olmos, 1992) se ne deduce che non ci sono episodi in cui la dea del parto è presente alla nascita di Atena non armata, bambina e soprattutto non dinamica. Inoltre, l’aspetto già adulto e combattivo è una componente fondamentale dell’iconografia della nascita della dea. Becatti, invece, riconosceva nell’episodio la nascita di Dioniso, prima da Zeus poi da Semele (Becatti, 1951). Da destra, Zeus, seduto su un trono visibile solo per metà; ha un mantello sulle gambe e tiene lo scettro con la mano sinistra; con la destra sollevata afferra il bambino di cui sfortunatamente non è sopravvissuta la testa mentre emerge alzando il braccio sinistro. La donna con un chitone rivolge il volto verso Zeus, ma il corpo va in senso opposto, come se corresse a dare l’annuncio. Supponendo con Becatti che si tratti della nascita di Dioniso, riassumiamo brevemente le motivazioni fornite riguardo il punto più contrastante cioè l’incredibile anomalia della nascita, invece che dalla coscia, dalla testa (scena che – tra l’altro - non ha alcun precedente). Nel coperchio del sarcofago col trionfo di Dioniso a Baltimora e in quello conservato nel Museo Chiaramonti (Cfr. scheda opera 25 e 26) vediamo la scena della nascita. Becatti ritiene che queste rappresentazioni forniscano versioni di un originale rappresentato dalla pompè di Tolomeo Filadelfo descritto da Ateneo (V, 196), ma la testimonianza più pertinente a livello di fonti sembra essere quella di Plinio che descrive Zeus “mitrato” (Semfc26). La pittura descritta da Plinio s’inserisce in quei soggetti cominci che si andavano diffondendo col calare della religione olimpica, durante il primo ellenismo. Secondo Becatti la spiegazione dell’anomalia può essere fornita soltanto spostandosi dall’ambiente olimpico ufficiale di Roma a quello mistico e misterico di Ostia. Nel pensiero orfico, neopitagorico e neoplatonico, la nascita di Dioniso assume valori e significati molto complessi. Diodoro Siculo racconta che i “Dionisi” maggiori sono tre: quello della vite (quello della conquista indiana), quello nato da Proserpina e quello invece nato da Semele. Ma, come testimonia lo storico, è da quest’ultimo che provennero i riti orfici (Semfc18). Secondo la tradizione riportata dai neoplatonici e cioè la dottrina dello ιερος λογος (ieros logos), Kronos, il tempo è a capo di tutto. Egli è padre dell’Etere e del caos da cui poi generò l’uovo cosmico. Da questo venne Phanes, la luce, anche chiamato Metis. Metis, in forma maschile, è insieme mente, luce, intelligenza e la vita e ha in sé il seme degli dei. Come sappiamo, anche Dioniso aveva valore di luce di Zeus e degli uomini (Cfr. scheda opera 02) e cercando di non aggiungere altri passaggi alla già complicata teogonia orfica, proviamo a sintetizzare il punto cruciale della spiegazione fornita da Becatti. Dopo la nascita di Dioniso da Persefone e l’episodio dello smembramento dei Titani, Atena ne salvò il cuore. Dal fumo dei Titani nacque l’umanità e dalla potenza generativa di Zeus si passerà a quella di Dioniso-Zagreus, attraverso l’episodio dell’ingoio del cuore. Con questo atto si trasmetterà il principio unitario indistruttibile (νους nous) che è lo stesso νους nous dei neoplatonici (Macrobio, In Somnum Scipionis I, XII, 2). Il neoplatonico Proclo collegherà la dottrina neoplatonica a quella orfica: dei tre elementi, mente, anima e corpo, due sono divisibili, anima e corpo, mentre la mente resta sempre intatta ed essa - νους nous- è il cuore di Dioniso, il cuore intellettivo dell’universo. Ecco dunque perché, secondo Becatti, nel rilievo di Ostia Dioniso nasce dalla testa del padre: l’artista, influenzato da una “conventicola ostiense di iniziati ai misteri dionisiaci e influenzati dall’orfismo” (Becatti, 1951, p.6) era stato probabilmente indotto a rappresentare la nascita di Dioniso non tanto in base alla storia quanto in base al concetto che doveva rappresentare. Zeus è quello dal cui capo dell’universo apparvero tutte le cose (Inno orfico XV). Pur sfruttando una serie di motivi iconografici tradizionali ne ricava una disposizione originale col fanciullo sopra la testa. Certo questa interpretazione risulta piuttosto complessa specie se all’epoca in cui scrisse l’articolo, la ricomposizione del fregio con i pezzi di Berlino non era ancora avvenuta. E anche sul ruolo e sulla posizione della madre che sorgono alcune divergenze interpretative. Secondo Zevi si tratterebbe della nascita di Efesto da Era (da riconoscersi nella dea matronale assisa) la quale generò da sola il figlio, per ritorsione contro la nascita di Athena (Esiodo, Teogonia, 924 sgg.). Sempre secondo lo studioso nel bambino che cammina verso la nutrice sarebbe da vedersi il passo incerto che indica la malformazione di Efesto. La figura femminile seduta sullo sgabello coperto da un cuscino veste il chitone e un himation che le scende fin sopra le spalle, avvolgendo le gambe, come Zeus nel rilievo di Matelica (Cfr. scheda opera 29). Tale posizione matronale, indica che c’è una separazione con la scena precedente e che inizia una nuova parte di racconto. Vediamo i primi passi del neonato che è nudo tra le braccia della nutrice e corre verso di lui. La vecchia veste un himation annodato ai fianchi e una cuffia. Nel centro c’è un catino con l’acqua per il bagno del fanciullo dietro come anche nella  pisside bologna (Cfr. scheda opera 31). Il motivo iconografico della nutrice che tiene il fanciullo e lo aiuta a fare i primi passi dinnanzi alla madre è molto diffuso per i soggetti di nascita e adattato variamente ai sarcofagi romani e i suoi caratteri/attributi costanti sono l’andamento ricurvo e il panneggio morbido che lascia la spalla scoperta; essa ha spesso il volto inquadrato nella cuffia, e anche l’himation legato con approssimazione con lo scopo di indicarne lo status sociale. Molti dei sarcofagi con nascita o bagno del neonato studiati da Cumont (Cumont, Sirya X, 1929) e da Marrou (Marou, Mousikos aner, 1938) sembrano rielaborare uno schema identico ma invertito rispetto a quello di Ostia (Cfr. scheda opera 22 e 23). Il sarcofago ritrovato a Baltimora ci dà una diversa versione della storia (Cfr. scheda opera 26). Secondo Zevi (2001) la scena del bagno compare in sarcofagi romani di II/III sec. d.C., come rappresentazione d'inizio del ciclo della vita umana, ma in essi il bimbo, accompagnato dalla nutrice, muove i primi passi verso la figura materna e non verso la nutrice, fatto questo che propenderebbe per l’identificazione della scena con la nascita Efesto. La questione resta, ovviamente, ancora aperta.

Francesca Pagliaro