Titolo dell’opera:
Autore: Pittore di Altamura
Datazione: 475-460 a.C.
Collocazione: Ferrara, Museo Nazionale di Spina
Committenza:
Tipologia: cratere a campana
Tecnica: pittura vascolare a figure rosse (h. 45 cm, diam. 46, 5 cm.)
Soggetto principale: Nascita di Dioniso da Zeus
Soggetto secondario:
Personaggi: Zeus, Dioniso, Ninfe
Attributi: corona, tirso come scettro (Zeus); kantharos, ramo di vite (Dioniso); fiore (ninfa di Nysa)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: http://www.theoi.com/Gallery/K12.27.html e
http://www.utexas.edu/courses/larrymyth/images/dionysus/CA-Young-Dionysos-Altamura.jpg
Bibliografia: Alfieri N.- Aurigemma S., Il museo nazionale archeologico di Spina in Ferrara, Istituto Poligrafico Dello Stato, Roma 1957, p. 150 tav. 83; Alfieri N.- Arias P. E., Spina: guida al museo archeologico in Ferrara Sansoni, Firenze 1960, pp. 55-56; Alfieri N.-Arias P.E., Catalogo dei vasi, bronzi, e ori di Spina 1960, pp. 118-119; Kerenyi K., Dioniso: archetipo della vita indistruttibile, Adelphi, Milano 1993 (II ed.), pp. 260- 261; Alfieri N., Spina museo archeologico nazionale, Calderoni, Bologna 1979, pp. 32- 33; Beazley J. D., Attic red-figure vase-painters, Hacker art books, New York 1984, p. 593. 41; Veneri A., ad vocem “Dionysos”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco 1992, VII, p. 705, p. 481; Carpenter T.H., Dionysian imagery in fifth-century Athens, Clarendon press, Oxford 1997, pp. 54-55;
Annotazioni redazionali: al Museo Archeologico nazionale di Spina, a Ferrara, ci sono due vasi molto simili per stile, che risultano determinanti per la comprensione dell’iconografia di Dioniso, sia per la scena della nascita che per quella della consegna alle Ninfe (Cfr. scheda opera 08). Tra il V e il IV a.C., Spina è stata un grande anello di congiunzione tra Occidente e Oriente per la sua natura di porto commerciali del Mediterraneo. Ebbe un legame strettissimo con il mondo e la cultura greca, tanto da vantare un Tesoro persino a Delfi. Per molto tempo si era ignorata l'esatta ubicazione di Spina, fino a che nel 1922, venne rinvenuto un sepolcreto di epoca etrusca. I corredi funerari, la maggior parte di produzione attica, composti da oggetti di uso comune e elementi d'arredo, oppure legati alla cura della persona o destinati ad aiutare il defunto nella vita oltre la morte, erano per lo più destinati alla miscelazione e mescita del vino talvolta troppo grandi per poter essere davvero usati. Secondo il catalogo del museo del 1960, il vaso in esame sarebbe stato usato come ossario nella tomba 311, scoperta il 15 ottobre 1924, sebbene la presenza di Dioniso, come si evince dallo studio di Cornelia Isler Kerenyi, sia sempre significativamente legata alla tipologia di vaso e quindi al fatto che contenesse vino. È a un vaso a figure rosse e le dimensioni sono notevoli, sebbene risultasse già rimaneggiato per la presenza di fori per le aggrappature metalliche. Su una fronte del vaso si riconosce Zeus il quale tiene in braccio Dioniso appena venuto al mondo. Indossa un chitone e regge un tirso nella mano destra a mo’ di scettro; siede su un diphoros coperto con un tessuto maculato e regge con la mano sinistra Dioniso appena nato dalla coscia, il quale non ha per nulla l’aspetto del neonato. Egli tiene un cantaro nella mano destra e un ramo doppiamente bipartito nella mano sinistra. Di fronte a loro, una donna, identificata come una delle ninfe di Nysa, fa un gesto di meraviglia alzando una delle mani. Alle spalle di Zeus, un’altra donna – chiamata “altra ninfa” nel catalogo - tiene un fiore arcuato in entrambe le mani, forse lo stesso che tiene in mano Dioniso nello specchio etrusco conservato al Museo Nazionale di Napoli (Cfr. scheda opera 14). Seguendo invece il catalogo del 1979 realizzato da uno dei due autori del precedente catalogo per la collana Musei e Meraviglie di Italia dell’edizioni Calderoni, notiamo delle considerevoli differenze nell’identificazione del soggetto probabilmente a partire dalla simile lettura del Beazley (Beazley, 1984, 593. 41). Le due figure principali vengono infatti riconosciute come Dioniso e Oinòpion e questo perché la pelle ferina e il tirso tenuti in mano da Zeus/Dioniso vengono letti come attributi del dio del vino. Il piccolo sarebbe Oinopion – personificazione della vite e del vino – per via della corona d’edera, del ramo di vite che tiene nella mano sinistra e del kantharos. Secondo Plutarco (Plutarco, Vita di Teseo , 20, 2) i due fratelli Staphilo e Oinopion sarebbero figli gemelli di Arianna e Teseo, mentre invece secondo Apollodoro (Biblioteca I.9) Thoas, Staphilo e Peparethos sarebbero figli di Dioniso e Arianna, e Diodoro(Biblioteca Storica 5. 79 1-2) afferma che qualcuno chiama Oinopion il figlio di Dioniso, il quale avrebbe imparato dal padre stesso l’arte del fare il vino (oinopoiia). Inoltre, sul catalogo, si ipotizza una diversa identificazione anche per una della due donne (quella con la corona e con il peplo che reca il panno al nuovo nato) che secondo l’autore sarebbe Arianna, e identifica quella con il fiore come un’ancella. In effetti, il nostro ipotetico Dioniso del pittore di Altamura mostra un atteggiamento colloquiale verso Zeus ed è rivolto verso di lui e non verso una probabile nutrice o Ermes come nel vaso di Taranto (Cfr. scheda opera 10). La critica è apparsa piuttosto divisa sulle interpretazioni dell’episodio dipinto: secondo Kerenyi, ad esempio, gli attributi della pelle maculata e del tirso andrebbero a identificare inequivocabilmente la figura seduta come Dioniso, ma addirittura il bambino non sarebbe Oinopion: secondo lo studioso si tratterebbe infatti di un alter ego del dio stesso, o di un suo figlio mistico, il che sarebbe evidenziato anche dal gesto di meraviglia compiuto dalla donna di fronte alla coppia misteriosa. Il bambino è nudo e con gli stessi attributi del Dioniso (corona d’edera, kantharos, pianta tra le mani); per di più – sostiene lo studioso – la posizione eretta sarebbe collegabile a idoli dionisiaci composti da una maschera e una colonna che erano usati per evocare il dio. Questa lettura sembra spingersi decisamente troppo avanti, visto che la posizione eretta di Dioniso dopo la nascita dalla coscia di Zeus non sembra essere una novità (Cfr. scheda opera 02). Lo studio di Carpenter riportò infine la lettura della scena sui binari della nascita servendosi di un vaso attribuito al pittore di Altamura e sempre conservato a Ferrara, che rappresenterebbe il seguito della storia (Cfr. scheda opera 08). Quanto alle due donne presenti nelle scena, è stata avanzata l’identificazione per quella a sinistra con Aphrodite, per quella che compie il gesto di meraviglia con le mani, con Eileithyia (Beazley). Si vedrà che in quasi tutte le rappresentazioni della nascita è presente una donna alza una o due mani verso il bambino; sui sarcofagi romani sarà proposta l’identificazione con Era che scaglia una maledizione sul bambino (Cfr. scheda opera 22).
Francesca Pagliaro