Semfr09

1602 

IACOPO ZUCCHI, Discorso sopra li Dei de' Gentili e loro Imprese

BACCO. Se mai stravaganti openioni fra gli antichi nell'Origine de' loro Dei sentimmo, senza dubbio stravagantissime in questa di Bacco veggiamo, poiché non solo di diversi padri et madre procreato lo fanno, ma, accrescendo la lor pazzia, vogliono che dell'utero proprio di Giove al maturo tempo fosse partorito, et per questo, fra gl'altri infinitissimi, di Bimatre il nome gli davano, sì come da Ovidio al terzo Metamorfosi habbiamo; il quale, di Giove et della fulminata Semele figlia di Cadmo mostra la mostruosa origine sua. Apollodoro nel terzo vuole che, essendo nato il putto, Giove per Mercurio alla Ninfa Hiade per nutrirlo lo mandasse, et che questa, dopo haverlo col suo latte et mele allevato, in ricompensa et merito da esso Giove fosse assunta in Cielo, in una stella così dal suo nome chiamata. Non ci è nascosta ancora la opinione di quelli che di Proserpina e Giove figlio lo fanno; et altri, Nila chiamandolo, del Nilo lo credono. Et non mancano chi di Giove et Luna, et altri d'altri, che troppo longo saria replicarlo. Parimente è gran confusione dove educato fosse, poiché chi in Neubea, chi in Esa di Arabia, e altri Tebano lo fanno, sì come Ovidio al quinto de' Fasti, e parimente Luciano. Né mancano chi di Egitto l'affermano, e chi vuole che da Dirce figlia di Acheleo, e chi dalla figlia di Aristeo fosse nutrito. Ma lasciando tante confusioni, al nostro Bacco di Giove e Semele figlio, come più illustre, verremo. Gran cose certo vogliono che costui facesse, sì come in Diodoro veggiamo; anzi di molte cose che a molti Dei applicate sono, a questo infiniti le danno e lo credono primo inventore, per li cui meriti fu tanto venerato da' Gentili, atteso che oletra la vite da lui ritrovata, vuol Diodoro, che più delli altri diligentissimamente ne scrive, infinite altre cose al vivere humano necessario da lui fossero mostre; al quale autore rimetto chi più sottilmente desidera in particolare saperne. Tibullo inventor dell'Aratro et del seme del coltivar gli arbori, del coltivar la vite, et dargli il suo sostegno lo fa primo inventore; Ovidio vuole che il primo fosse che drizasse Altari, et insegnasse il modo de' sacrifici con vittime et incensi; Euripide lo fa Dio della divinatione; Homero compagno di Apollo nella Poetica facultà, consecrando, sì come ad Apollo il Lauro, a questo l'Edera. Diodoro vuole che col valor suo si sottomettesse grandissimi paesi, soggiogasse l'India, et ne portasse di quella il da lui ritrovato Trionfo; penetrò sino all'estrema parte dell'Asia, ma che nell'Oriente drizasse ne' monti dell'India le due famose Colonne, sì come poi parimente nell'Occidente fece lo invitto e valoroso Ercole. Ordinò questo Dio i sacrificii che da lui Baccanali furono detti, i quali ogni tre anni li Tebani in su' monti, et di notte, con grandissimi strepiti e pazzie intolerabili celebravano; là onde per questo con una gran compagnia di Donne, quali Menadi et Theadi chiamano, et insieme una moltitudine di Satiri, che saltando e ballando con stridi horribili, con i Tirsi in mano, tal feste faceano, sì come in pittura si vedono, con le sue solite imprese. Le quali da questi versi, secondo Ovidio, al terzo et al quarto Metamorfosi, Homero imitando, chiaramente si scorgono:

Ipse racemiferis frontem circundatus uvis,

Pampineis agitat velatam frondibus hastam,

Quem circa Tygres, Simulacraque inania lincum,

Pictarumque iacent fera corpora Pantherarum.

Parimente Virg. al sesto così lo finge.

Ma infiniti sono i nomi che da' Poeti attribuiti gli sono, sì come Hedereus, Cantor, Brisaeus, Servator, Melanegis, Lisius, Dionysius, Lenaeus, Dithyranbus, Bimater, Osiris, et Bacchus, et infiniti altri. Siede il detto Bacco in un Elefante coronato d'elera, et alzando il manco braccio ha la mano piena di uva; alli piedi ci è il corpulento e vecchio Silentio in atto di tracannare gran tazze di vino, che d'alcuni Satiri gli si porgono. Tiene a canto il suo Asinello a lui dedicato, et appresso il Cembalo, il Trivello, le Pantere, le Tigri, imprese tutte a Bacco convenienti, et a tutti gli sfacciati e briachi, quali solo del ventre Idolo fatti si sono; ma gran cosa certo è il considerare la pazzia de' Gentili di fare loro Dio nel ricetto, anzi, dove continuamente germogliano ogni sorte di sporcitie et lussurie, et ogn'altro turpissimo peccato, (come disse il Savio): Ebriosus servus est omnium peccatorum. Et certo non si può dire altro, se non che l'Ebrietà non sia se non una volontaria insania, et chi in questo vitio si trova soggetto, non so come possa poi da qual si voglia vitio difendersi. La Ebrietà toglie la memoria, rovina i sensi, confonde l'intelletto, incita la libidine, ingrossa la lingua, corrompe il sangue, debilita le membra, diminuisce la vita; et in ultimo ci toglie ogni salute. Vagliaci di gratia a questo proposito, in vergogna della lussuria de' Gentili, tornare a memoria questi pochi di essempi che dalle Sacre Lettere habbiamo. Poiché Noè, tanto giusto, e buono, Inebriatus est, et nudatus in Tabernaculo suo, Genesi 9, Loth; parimente, scampato dall'incendio et nel foco dell' ebrietà cascato,duplicem incestum commisit, Genesi 19, Holoferne; essendo, dopo molto vino bevuto, cascato nell'ebrietà, interfectus