Semfc41

V sec. d.C.

NONNO DI PANOPOLI, Dionisiache, Estratti dei Canti, 1, 7, 8 e 9

Traduzione tratta da: Nonno di Panopoli, Dionisiache, a cura di Gigli Piccardi D., BUR, Rizzoli, Milano 2004, pp. 117 e sgg.

Canto I

Il primo parla del Cronide, luminoso rapitore di una fanciulla,

e della volta delle stelle messa a soqquadro dalle mani di Tifeo.

Parlami, dea, dell'anelito del fulmine, messaggero dell'unione fiammante

del Cronide, che provocò con le sue scintille nuziali un parto doloroso,

parlami della folgore, ancella di Semele; dimmi la doppia nascita

di Bacco, che Zeus sollevò bagnato

dal fuoco, feto incompiuto di una madre senza levatrice;

dopo essersi incisa la coscia con mani attente

il dio lo generò con il suo ventre maschile, padre e madre veneranda:

aveva già conosciuto un simile parto nella sua testa feconda

quando una volta da uno strano ingrossamento sulla fronte gravida

era scaturita Atena, splendente nella sua armatura             10

(…)

che un giorno, unita in matrimonio ad un Gigante,                            200

genererà un figlio simile al suo sposo, nato dai denti del drago.

Ed ecco Semele, la quarta delle figlie, immagine delle Grazie,

ha un volto che ispira desiderio ed è riservata

 a Zeus, giacché a lei sola, la più giovane,

 la natura ha dato il privilegio di una bellezza senza pari.        

Accanto a questa discendenza femminile, più tardi, Armonia

metterà al mondo per la gioia di Cadmo anche un figlio maschio

Polidoro, stella mattutina della sua patria Aonia,

più giovane della rosea Semele, che Penteo,

il re empio, scaccerà da Tebe, usurpandone lo scettro.                                210

Ma tutto ciò il vecchio Tempo lo compirà più tardi.

Intanto Cadmo per quattro volte compie il gesto di chiudere

la camera nuziale alle spalle delle figlie con i loro mariti

e unisce le coppie una dopo l'altra. Il primo a portare dei doni

è Aristeo, chiamato anche il Pastore e il Cacciatore,                         215

nato dal divino Febo e da Cirene dalle mani forti,

che sposa Autonoe secondo la legge per procreare figli legittimi;

e l'Agenoride non si sogna neppure di rifiutare come genero

un esperto dell'arte pastorale, il figlio salvifico di Febo,

ma unisce volentieri la figlia a quello sposo geniale,                         220

(…)

 Ma è a Semele che sono riservate le nozze più illustri.                    560

Canto 7

Il settimo canta della preghiera del canuto Aion

edi Semele e dell'amore di Zeus e della loro unione furtiva.

E ormai Eros per rinnovare il frutto della vita inesauribile,

mescolato il fertile seme maschile al solco femminile,

ha arato il cosmo senza più semenze, lui, aratore d'amore.

E la Natura, nutrice del principio generatore, ha messo radici;

mescolando il fuoco alla terra e l'acqua all'aria,

 ha formato la razza umana con questo quadruplice legame.

Ma il dolore sotto varie forme teneva la vita degli uomini,

iniziata nella fatica e la cui angoscia non ha mai fine.

Fu allora che Aion decise di mostrare a Zeus onnipotente, suo compagno,

le afflizioni e le sofferenze della razza umana.

Chè il padre non aveva ancora sciolto il filo puerperale,

per far scaturire dalla coscia pregna Bacco,

in cui l'umano affanno s'acquieta;

le libagioni di vino allora non inebriavano gli aerei sentieri con esalazioni

odorose e le Stagioni, figlie dell'Anno,

intrecciavano senza gioia per gli dei corone d'erba di campo.

Era il vino che mancava: la grazia della danza           17

(..)

A queste parole del vegliardo, a lungo Zeus saggio

fece vibrare il suo senno infinito in pensieroso silenzio

e sciolse le redini della mente; sospinti da una forte volontà,

turbinavano i pensieri nel suo cervello creativo.                                           70

Ma ecco che infine il Cronide rimanda ad Aion la sua voce divina,

per svelare oracoli superiori all'asse profetica:

«O padre, pastore autogenerato dell'eternità,

non ti adirare: la natura umana che troppo presto appassisce,

non smette mai di crescere e decrescere, come la luna.

Lascia il nettare ai beati: ai mortali, come rimedio del dolore,

darò il dolce vino, simile al nettare che si versa da solo,

una bevanda diversa, adatta agli uomini. Il cosmo primordiale

soffrirà ancora, finché non avrò generato un figlio, uno.

Sarò io, il padre, a metterlo al mondo e a sopportare nella mia coscia maschile

i dolori che hanno le donne nel parto, per salvare il frutto del parto.

Proprio ieri ad un segno della mia Demetra, la dea delle grandi aie,

la terra solcata dal ferro che aspira alle spighe

ha generato il frutto secco delle zolle, il grano.

È arrivata 1' ora che mio figlio pianti nella terra quello splendido dono                    85

che è l'umido frutto dell'autunno, profumato ed oblioso;

Dioniso, ignaro del dolore, farà crescere i grappoli scevri d'affanni,

lui, rivale di Demetra. E mi loderai, quando vedrai

rosseggiare la vite di succo vinoso,

messaggero di gioia, e i contadini che nel torchio                                         90

schiacciano l'uva facendo pressione con i piedi

e la schiera delle Bassaridi che alle grida di evoè scuotono

sulle spalle con folli movimenti i capelli sciolti al vento.

E tutti, inebriando la mente con una coppa dopo l'altra,

grideranno evoè alla mensa vociante                                                95

in onore di Dioniso, il salvatore dell'umanità.

(..)

E il sapiente che sa senza aver appreso, Eros, pastore della vita,

batte alle porte tenebrose del Caos primordiale,

portando un'unica faretra forgiata da un dio,

in cui erano conservate in numero di dodici le frecce nutrici di fuoco

destinate a suscitare in Zeus il desiderio incostante

di unioni terrene; e per ciascuna incide di volta in volta                    115

un verso in lettere d'oro sul dorso della faretra che saetta amore:

«La prima spinge il Cronide al letto di Io dagli occhi bovini».

«La seconda da in sposa Europa al toro rapitore.»

«La terza porta il signore dell'Olimpo alle nozze con Fiutò. »

«La quarta convoca da Danae uno sposo d'oro.»                                         120

«La quinta prepara a Semele nozze fiammeggianti.» «La sesta offre ad Egina un'aquila, che è sovrana del cielo. »

(..)

Ma quando Eros le ha osservate tutte, toccandole una per una,

messe da parte le altre frecce dalla punta di fuoco,                                      130

prende con la mano la quinta e l'adatta alla corda ardente,

ponendo dell'edera sulla punta della freccia alata,

perché sia una corona adatta al dio della vite;

bagna poi tutto il dardo in un cratere di nettare,

perché Bacco faccia crescere un frutto simile al nettare.                               135

Mentre Eros si solleva in volo verso la dimora di Zeus,

Semele, levatasi insieme all'alba color della rosa,

fa risuonare attraverso la città l'eco della sua frusta d'argento

per incitare le sue mule e dritto nella polvere

s'inscrive il sottile solco delle belle ruote del carro.

Mentre i suoi occhi coglievano l'ala obliosa del Sonno,

si era immersa col suo spirito nei fluttuanti riflessi di un sogno

premonitore; aveva creduto di vedere in un giardino

una pianta dalle belle foglie verdi con corimbi appena nati,

appesantita da un frutto turgido, non ancora maturo,

bagnato dalla rugiada fertile del Cronide.

All'improvviso una folgore celeste cadendo giù dal ciclo

aveva abbattuto tutto l'albero, senza però toccare il suo frutto.

Allora un uccello planando con le ali spiegate lo aveva afferrato

ancora incompiuto e bisognoso del parto per nascere                                             150

e l'aveva porto al Cronide; il padre l'aveva preso, accolto

nel suo seno affettuosamente e cucito nella coscia; invece di un frutto

un uomo presa la forma di un toro con le corna era fiorito, in sé perfetto, sull'inguine del padre.

E Semele era la pianta. Atterrita la fanciulla  

era balzata giù dal letto e aveva spaventato il padre

con il racconto del sogno: quella vampa luminosa e quelle belle foglie!

Il re Cadmo si era turbato nell'udire dell'albero incendiato

di Semele e aveva mandato a chiamare il divino figlio di Caricle

all'alba, per raccontargli delle fiamme viste in sogno dalla figlia.                   160

Poi, dopo aver appreso il divino responso di Tiresia,

il padre aveva mandato la figlia al tempio di Alena, com'era tradizione,

per sacrificare a Zeus, saettatore del fulmine,

un toro, emblema della natura cornigera di Lieo,

e un capro, flagello delle viti, nemico delle vendemmie future.                      165

Ecco il motivo per cui Semele si sta recando fuori della città,

per accendere l'altare di Zeus, signore del fulmine; assistendo al sacrificio,

il suo ventre si bagna di sangue, la fanciulla è come inondata da quell' uccisione;

i rivoli di sangue non le risparmiano neanche i capelli

e la tunica diventa rossa per le gocce che schizzano dal bue.  

Allora correndo attraverso l'erba alta dei prati,

si affretta verso le acque ancestrali dell'Asopo,

la fanciulla col mantello macchiato, per lavare nella corrente

le vesti schizzate e impregnate delle gocce del sangue.

Ora è in preda ad un'altra paura; dall'alto della riva vicina                                       175

presso l'argine orientale del fiume che la protegge

getta nella corrente e al vento lo spavento causato dal sogno.

Ma non è senza l'intervento di un dio che va verso l'acqua, ché sono

le Ore a condurla ai flutti di quel fiume, compiendo la profezia.

E vedendo Semele lavarsi nelle correnti                                                                   180

dell'Asopo, ride l'Erinni che passa nel cielo

al pensiero che il Cronide li avrebbe colpiti entrambi

con il fulmine fiammante, accomunandoli così nella stessa sorte.

D suo corpo là ritorna candido: remando con le mani

la fanciulla nuda nuota con le sue ancelle nell'acqua.                                              

Con gesto esperto alza la testa per non bagnarla,

tendendola alta fuori dell'onda, tutta bagnata

fino all'attaccatura dei capelli; distendendo il petto sulla corrente,

respinge l'acqua indietro, battendo un piede dopo l'altro.

E non sfugge all'occhio onniveggente di Zeus, che dall'alto                                      190

travolge la fanciulla col suo sguardo infinito.

Tendendo nell'aria l'arco che aiuta la vita,

Eros si mette davanti al padre, mentre osserva la fanciulla,

arciere inarrivabile! Sul dardo ornato d'edera

la corda luccica: ecco l'arco è teso all'indietro                                              

e la freccia sapientemente scocca con un sibilo evio.

Zeus padre era il bersaglio - e che bersaglio! -, eppure

piegò il collo al piccolo Eros; simile alla scia di una stella,

la freccia degli Amori vibrata in un sibilo nuziale

arriva al cuore di Zeus, ma deviando per un impulso divino                                      200

va ad incidere la piega della coscia con l'estremità della cocca,

presagio della nascita futura. Allora il Cronide

con lo sguardo inquieto, in cui s'incanala il violento richiamo dei sensi,

è spinto dalla sferza del cinto del desiderio ad amare quella fanciulla.

Guarda Semele e trasale al dubbio se vicino alla riva                       

sia Europa che vede per la seconda volta; in fondo al cuore

è turbato di nuovo al ricordo del suo desiderio fenicio,

che ha lo stesso tipo di bellezza; sul suo volto sempre brilla

quello splendore naturale, che aveva anche la sorella di suo padre.

Zeus padre allora con un inganno muta la sua forma                                               210

e per amore di Semele diviene aquila innanzi tempo

per volare sull'Asopo, il fiume padre di molte figlie;

profeta delle nozze alate con Egina, imita lo sguardo acuto dell'uccello.

Abbandona poi il ciclo e vicino alla riva                                                         

considera il corpo nudo della fanciulla e i suoi bei capelli:

il suo desiderio non è vederla da lontano, ma ammirarla

per intero stando vicino al corpo candido di lei,

che i suoi grandi occhi abituati alla vastità dell'infinito,

- vedono tutto il cosmo! -                                                                              220

non gli paiono sufficienti per guardare una sola fanciulla.

L'acqua nera s'imporpora delle rose del suo corpo

e la corrente del fiume diviene un'amabile prateria

risplendente di grazia.

(…)

Zeus allora, turbato dal pungolo fiammante del desiderio,

rimira le dita rosee della fanciulla mentre nuota;

è irrequieto il suo sguardo che vaga senza posa

per vedere ora le scintille del suo volto roseo,

(..)

Lo spirito di Zeus celeste trasvola fuori di lui

per nuotare insieme a Semele: sotto l'effetto di una scintilla

dolce alla follia, che il suo animo accoglie (è la storia di sempre!),

il padre cede al figlio; con il suo dardo così debole

il piccolo Eros incendia il cuore del saettatore del fulmine!

Né gli scrosci di pioggia, né il fulmine vengono in aiuto

al loro fiammeggiante padrone: la fiamma celeste,

proprio lei, pur così potente, è sconfitta dal piccolo fuoco

dell'imbelle dea di Pafo. Eros, nudo com'è, sfida lo scudo irsuto,                 

(…)

Su, trascina al tramonto Eosforo, che ti precede nel cammino,

soddisfa sia il tuo che il mio desiderio: per tutta la notte                                         300

mentre tu godi la tua Climene, io, svelto, mi recherò da Semele.

Aggioga per me il tuo carro, Luna, anche tu portatrice di luce,

diffondendo uno scintillio caro alle piante, perché questa unione

predice la nascita di Dioniso, che fa crescere le piante

Sorgendo sul bel palazzo di Semele,                                                

illumina il mio desiderio con la stella della dea di Cipro

e prolunga la dolce oscurità, ancella del talamo di Zeus».

Così parla il padre, a tali accenti induce la passione.

Per placare la sua impazienza, il cono d'ombra,

balzando su dalla terra, si leva immenso verso l'alto,                                               310

portando umide tenebre, la cui ombra è opposta al giorno che tramonta.

È allora che Zeus nella foschia lascia la sua dimora stellata

per congiungersi a Semele: con un balzo dei suoi calzari

che non lasciano tracce, percorre al primo passo

tutto l'aereo cammino; al secondo giunge a Tebe,                                       

come ali o un pensiero. Davanti a lui che si slancia attraverso il palazzo,

i chiavistelli delle porte si aprono automaticamente.

Ed eccolo stringere Semele in un tenero abbraccio.

Sul letto ora emette un muggito di toro,

- membra umane e corna sulla fronte,                                                                      320

simile per natura a Dioniso cornigero –

ora si cala nella parte di un leone dalla folta criniera;

un'altra volta è pantera - deve generare un figlio audace,

conduttore di pantere e auriga di leoni

E ancora coronata dalle spire dei serpenti,                                                  

come uno sposo, cinge la chioma con un nodo di vite,

agitando i capelli inanellati d'edera, color del vino,

intreccio ornamentale di Bacco. Serpente ora che striscia curvo,

lecca la pelle rosea del collo di quella coraggiosa fanciulla

con dolci labbra; insinuatosi sul suo petto,                                                   330

s'avviluppa intorno alla rotondità dei seni sodi,

emettendo sibili nuziali e spargendo il dolce miele

d'uno sciame d'api, non il veleno micidiale del serpente.

Zeus s'attarda nell'amplesso e come se fosse vicino ad un tino

grida l'evoè per generare un figlio che avrà caro l'evoè.                              

Folle d'amore, preme la bocca sulla bocca di Semele

e la inebria, facendo sgorgare un delizioso nettare,

per mettere al mondo un figlio che sarà re della vendemmia e del suo nettare;

nunzio dell'avvenire, solleva il grappolo che fa dimenticare il dolore,

appoggiando il braccio così appesantito sul nartece, passaggio di fuoco                 340

Ecco ora alza il tirso intrecciato all'edera color del vino,

con indosso una pelle di cervo; in preda alla follia dei sensi

scuote col braccio sinistro la nebride variegata.

Tutta la terra s'illumina d'un sorriso e con foglie spontanee

una vigna corre intorno al letto di Semele;                                                  

i muri si coprono dei fiori di un giardino rugiadoso

(..)

errasse come Cadmo alla ricerca del rapitore di sua sorella, del Cronide, mio rapitore.

Ma in fondo, che m'importa di un'unione con un toro o con la pioggia?                    300

Non voglio un onore pari a quello che toccò ad una fanciulla di quaggiù.

Lascia il toro ad Europa e a Danae un rovescio di pioggia:

ho invidia soltanto delle nozze di Era. Se hai della considerazione per me,

allora adorna la mia camera con il tuo fuoco celeste,

suscitando fra le nuvole un'amorosa luce, mostra un fulmine                                  

all'incredula Agave, come prova dell'amore che hai per me;

che Autonoe tremi nella sua camera vicina alla mia,

nell'udire la tonante melodia degli Amori che fanno corteo alle mie nozze,

segnale che da solo proclama la nostra unione segreta.

Accordami di poter blandire la cara fiamma e di gioire                                              310

nel toccare la saetta e nell'accarezzare i fulmini.

Concedimi la fiamma nuziale del tuo talamo; ogni sposa

ha una torcia che annuncia il compimento del matrimonio.

Forse che non sono degna dei tuoi fulmini nuziali,

io che ho il sangue di Ares e della tua Afrodite?                                           

Come mi sento disgraziata! Il matrimonio di Semele non ha che un fuoco effimero

e torce terrestri, mentre è accarezzando i fulmini

e toccando le saette che Era è divenuta tua moglie.

(..)

in onore della nascita di Bromio, mentre sul letto senza nubi

all'interno del palazzo Zeus fa risuonare il rimbombo del tuono,

per annunciare i tamburini di Dioniso il Notturno.

Dopo l'amore si rivolge a Semele con tenere parole,                                    350

per rassicurare la sua sposa con la speranza per l'avvenire:

«Sono io, donna, il Cronide, il tuo sposo: alza la testa,

sii orgogliosa d'esserti unita ad uno sposo celeste

e non cercare un termine di paragone più grande fra gli uomini.

Le nozze di Danae non reggono il confronto con le tue.                              

Tu hai eclissato anche l'unione della sorella di tuo padre con un toro;

Europa infatti fiera delle nozze con Zeus

è arrivata a Creta, ma Semele giungerà all'Olimpo.

Che cosa c'è di più grande dopo il cielo e la volta delle stelle?

Un giorno si potrà dire che il Cronide ha onorato                                          360

Minosse sotto terra e Dioniso in cielo.

Dopo il figlio mortale di Autonoe e il figlio di Ino,

l'uno ucciso dai suoi cani, l'altro destinato a morire

per un dardo alato scagliato dal padre infanticida,

dopo il figlio di breve vita della folle Agave,                                                  

genera un figlio imperituro e ti chiamerò immortale.

Fortunata, che genererai la gioia per gli dei e per gli uomini,

tu che hai concepito un figlio, oblio delle umane pene».

Canto  8

L'ottavo contiene le parole ingannevoli e la feroce gelosia di Era,

le nozze fiammanti di Semele e la sua uccisione da parte di Zeus.

Dopo queste parole Zeus ritorna all'Olimpo, ma la sua mente

ancora vaga vicino alla fanciulla in quel palazzo, aleggiando

sotto le alte volte - che in realtà desidera più Tebe del firmamento -; il cielo

per il Cronide è l'amabile palazzo di Semele, intorno alla camera nuziale

le ancelle di Cadmo sono le Stagioni che passano veloci, figlie di Zeus.                               5

E per quell'inseminazione di un'unione con un dio,

il ventre di Semele si gonfia, appesantito d'un fardello;

a testimoniare la nascita di Dioniso che ama le corone,

la fanciulla prende a cuore le ghirlande e sulla sua testa coperta di fiori

intreccia l'edera che si avvolge ai suoi capelli, come una Tiade,

presaga delle Bassaridi; alle spose future

vicino al parto ella da un nome derivato dall'edera.

E pur appesantita com'era del divino nascituro,

se mai un vecchio pastore suonava con la zampogna

e lei nei paraggi sentiva Eco rimandarle il suono dai campi,

con indosso solo una tunica si slanciava fuori del talamo urlando in delirio,

se poi le giungeva all'orecchio, rimbalzato dai monti, il suono di un aulos doppio,

balzando senza sandali fuori dall'alto palazzo

correva da sola verso le solitudini di un declivio boscoso;

se un cembalo risuonava, volteggiava a passo di danza,

saltando di lato con i piedi inarcati.

Se udiva il muggito di un toro dalle lunghe corna,

anche lei muggiva di rimando proprio come un toro;

talvolta ai piedi dei pascoli collinari con voce invasata

accompagnava le melodie di Fan e nel ripeterle diveniva Eco;

e in risposta al suono pastorale di un aulos di corno, dava al suo passo

l'inflessione della danza, n fanciullo non ancora nato, ma già cosciente,

danzava insieme alla madre saltando nel suo ventre,

proprio come se fosse invasato dall'aulos e, pur compiuto a metà,

d'istinto faceva echeggiare un canto dall'utero materno.                                         30

Così nel ventre in cui si annida un figlio maschio,

cresce l'angelo della Gioia, un embrione già dotato di ragione;

per lui le ancelle del Cronide, le Stagioni, fanno corona nel ciclo.

Ma la Gelosia, spiando il letto di Zeus, signore del ciclo,

e la gestazione di Semele da cui nascerà un dio,                                                    

s'ingelosisce di Bacco, anche se è ancora nel ventre materno e incapace d'amore,

tutta presa dal sentimento che ispira, è colpita dal suo stesso veleno.

Allora nella sua mente disonesta ordisce un piano sleale

ed in questa farsa assume l'aspetto di un falso Ares imitandone anche le armi;

(..)

ma Zeus da solo partorirà questo figlio di una sposa illegittima,

gravido di un altro rampollo ben più potente nella sua coscia di maschio,

né ci sarà bisogno ancora della tua ascia. Tirati indietro, Atena,

smetti di glorificare la tempia di Zeus, che ti ha partorito,

perché Dioniso metterà in ombra il sapiente parto                                       85

di questa testa prolifica; nato da stirpe mortale,

sarà un olimpio autogeneratosi, come Atena, sì,

ma eclisserà il vanto di Atena di non aver madre. Ma anch'io

ho molla più vergogna, al pensiero che un mortale possa dire:

"Zeus ha dato la guerra ad Ares e la felicità a Dioniso".                              

(..)

prendere la sacra coppa al posto di Ebe celeste,

prima che veda Semele e Bacco abitare l'Olimpo

e la Corona della terrestre Arianna vagare fra le stelle

insieme al Sole, compagna dell'Aurora.

E la sposa di Zeus, Era, piena di rancore, non perde tempo.

Con un passo di tempesta si slancia                                                             110

nel cielo variegato, trapunto di stelle luminose,

per attraversare poi con passo errabondo infinite città,

alla ricerca di Inganno, il maligno, per vedere se lo trova.

(..)

Era s'introduce furtivamente nella camera di Semele,                                               180

ansante di gelosia. Apparendo come una vecchia melliflua,

prende l'aspetto della nutrice affettuosa

e premurosa, che lo stesso Agenore aveva allevato,

donandole un pezzo di terra e dandole poi marito,

proprio come un padre; in cambio della sua sollecitudine,                                       

l'aveva ripagato nutrendo al suo seno Cadmo appena nato

e tenendo fra le braccia affettuose la piccola Europa.

Con un aspetto simile al suo Era si introduce nel palazzo,

in preda alla rabbia contro Semele, Cipride e Dioniso,

che ancora non aveva visto la luce; giunta alla camera, teatro recente d'amore,    190

gira il volto verso la parete opposta,

distogliendo lo sguardo per non vedere il letto di Zeus.

Allora Peisianassa, ancella di Semele, tiria di nascita,

la fa accomodare su un seggio splendente,

mentre Thelxinoe vi dispone sopra dei tappeti.                                                       

Ed eccola là seduta vicino a Semele, la dea, ad intrecciare inganni;

trova la fanciulla appesantita per il bambino già maturo per il parto;

la gravidanza che non ha ancora compiuto la Luna della nascita

è provata dal pallore delle guance più che dalla grossezza del ventre,

(..)

Se poi, come dici, è Zeus il tuo sposo,

giunga alla tua camera con amoroso fulmine,

armato della saetta nuziale, perché si dica:

"Le saette sono il corteggio di Era e di Semele".                                                      250

Anche se è gelosa, la sposa di Zeus non ti farà del male:

che Ares, il tuo nonno materno, non lo permetterebbe.

Europa è stata più fortunata di Semele, lei che Zeus

cornigero portò sulle spalle; gli zoccoli del toro innamorato

correvano sulla superficie dell'acqua senza bagnarsi,                                             

(..)

Era giunge nel cuore del firmamento e vedendo vicino al trono celeste

le armi di Zeus depositate lì lontano dal loro proprietario,

le molcisce con queste parole amichevoli, come se potessero sentire:

«Tuono, ha lasciato anche te il mio Zeus, adunatore di nubi?                                  270

Chi ti ha rapito un'altra volta, disarmando il tuo detentore?

Tuono, sei stato rubato - ma il colpevole non è Tifeo

tu soffri le stesse pene di Era e dunque siimi di conforto:

preso com'è dal suo matrimonio, Zeus piovoso ci rifiuta entrambi.

La terra non è più aspersa di pioggia,                                                         

(..)

E una nuova pena si aggiunge ora al malcontento di Semele:

il desiderio del fulmine, focoso messaggero degli Amori;

per questo supplica il suo sposo con parole di rimprovero,

perché vuole imitare il letto di Era, coronato dal fuoco:

«Per Danae, ti scongiuro, per il suo ricco imeneo,                                         290

concedimi una grazia, sposo cornigero di Europa: che ho ritegno

a chiamarti sposo di Semele, ti ho visto solo in sogno!

Acrisio fu più felice di Cadmo: ma anch'io

avrei voluto vedere un matrimonio d'oro, Zeus piovoso,

se la madre del tuo Perseo non mi avesse sottratto questo onore;                        

avrei desiderato che mi portassi sull'acqua, toro vagante,

sulle tue spalle, perché anche lui, mio fratello Polidoro,

Se hai della considerazione per me,

allora adorna la mia camera con il tuo fuoco celeste,

suscitando fra le nuvole un'amorosa luce, mostra un fulmine                                  

all'incredula Agave, come prova dell'amore che hai per me;

che Autonoe tremi nella sua camera vicina alla mia,

nell'udire la tonante melodia degli Amori che fanno corteo

alle mie nozze, segnale che da solo proclama la nostra unione segreta.

Accordami di poter blandire la cara fiamma e di gioire                                              310

nel toccare la saetta e nell'accarezzare i fulmini.

Concedimi la fiamma nuziale del tuo talamo; ogni sposa

ha una torcia che annuncia il compimento del matrimonio.

Forse che non sono degna dei tuoi fulmini nuziali,

io che ho il sangue di Ares e della tua Afrodite?                                                      

(…)

Io non ho ancora visto il vero aspetto del Cronide,                                      340

Con queste parole Semele chiese un destino di morte;

la giovane sposa sperava così di vedere per il suo matrimonio

la dolce scintilla di un fulmine pacifico, come Era, ed ebbe breve la vita.

Zeus padre l'ascolta e maledice le invidiose Moire,

che ha pietà di Semele per la sua morte prematura; riconosce

l'ira astuta della spieiata Era, rivolta contro Dioniso.

Allora comanda ad Ermes di sottrarre al fuoco del fulmine

il figlio appena nato, non appena Tione sarebbe stata fulminata.                            350

Alla fanciulla presuntuosa il Padre rivolge poi queste parole:

«Donna, l'animo geloso di Era ti ha dunque ingannato con

le sue astuzie; ; ma credi davvero, donna, che i fulmini siano teneri?

Ti prego, aspetta dell'altro tempo, fintando che porti il tuo  fardello,  

ti prego, aspetta finché tu abbia generato mio figlio;                                              

non richiedermi gl'infuocati assassini prima del parto!

Non ho rubato la verginità a Danae, presentandomi con il fulmine,

non è stato il rombo del tuono o i fulmini a celebrare

i1 matrimonio con la tua antenata di Tiro, Europa;

Ed eccolo recarsi con passo di danza da Semele, tendere con la mano triste

le scintille nuziali del fulmine che lo priverà del suo matrimonio.

La camera s'illumina per il bagliore dei lampi, anche l'Ismeno sfavilla

per la vampa del fuoco, tutta Tebe risplende.

E Semele al cospetto dei suoi fiammanti assassini                                       

alza la testa altera e così parla in tono arrogante:

«Io non desidero il flauto armonioso, io non ho bisogno dell'aulos;

i tuoni di Zeus sono per me le zampegne degli Amori,

il mio aulos èquesto frastuono che viene dall' Olimpo, la fiaccola

della mia camera è lo splendore del fulmine celeste; torce                                       380

qualunque non fanno per me, che i fulmini sono le mie torce.

Io sono la sposa del Cronide, Agave non è che la moglie di Echione

(.)

Mentre parla, esulta e con le mani vuole toccare

il fulmine assassino: senza pensare al Destino,                                                       390

tocca con mano audace il fulmine che la uccide.

Così le nozze arrecarono la morte a Semele e con un solo decreto

l'Erinni stabilì che il suo letto fosse per lei rogo e tomba.  

Fra i bagliori del parto, la vampa nuziale del fulmine,

che Zeus non può più controllare, incenerì la sua sposa, tutta!                              

E il fulmine si fa levatrice, le folgori Ilizia;

nel momento in cui salta fuori dal ventre infuocato della madre,

Bacco è generato dalla fiamma celeste che lo risparmia

in mezzo alle scintille che hanno assassinato sua madre in un

matrimonio andato in fumo!

Il bambino, nato avanti tempo, ma incolume,

è lavato dal fuoco del fulmine che divampa con riguardo.

Semele, vedendo la sua fine nel fuoco,

è contenta di morire per un destino che genera la vita; era

possibile vedere ad un solo letto Desiderio, Ilizia ed Erinni.

Errnes allora conduce il neonato compiuto a metà, lavato

dal fuoco celeste, da suo padre, perché lo metta lui al mondo.

Zeus, cambiando l'animo di Era e la sua profonda gelosia,

attenua il peso selvaggio del suo risentimento che così si scioglie;

conduce poi Semele in fiamme su in alto verso la volta delle stelle,

dove la madre di Bacco prende dimora

insieme agli abitanti del firmamento: che discende da Era,

è figlia di Armonia, nata da Ares e da Afrodite!

E dopo aver liberato il suo nuovo corpo nel fuoco ardente e purificatore,

ottiene anche la vita eterna dell'Olimpo; invece di Cadmo

e del suolo terrestre, al posto di Autonoe ed Agave,

siede al fianco di Artemide ed ha la compagnia di Atena;

come dono nuziale riceve il cielo, dividendo la tavola

con Zeus, Ermes, Ares e con Citerea.

CANTO 9

Guarda al nono e vedrai il figlio di Maia, 

le figlie di Lamo, Mystis e il palazzo d'Ino.

L'ospite incompiuto del ventre in fiamme di Semele

nel momento in cui salta attraverso la saetta levatrice,

è accolto da Zeus padre, che cuce Dioniso nella sua coscia maschia,

aspettando che splenda la Luna in cui si compie la gravidanza.

La mano del Cronide al timone del parto                                                      5

S'improvvisa levatrice di questo neonato così ben cucito,

sciogliendo nel dolore i lacci della coscia che genera così un bambino.

La curva della coscia di Zeus gestante si fa femminile

e il bambino nasce secondo un principio che esclude la madre,

passato ancora immaturo da un ventre femminile ad un ricettacolo maschile.

Nel momento in cui emerge dal parto divino,

le Stagioni puerperali lo incoronano con una ghirlanda d'edera,

annuncio del futuro: sulla testa coperta di fiori

inghirlandano Dioniso ceraste e tauriforme

con le spire tortuose di serpenti cornigeri.

E sul monte Dracano, luogo del parto,

Ermes, figlio di Maia, vola giù dal ciclo per prendere il bambino

nel rifugio delle sue braccia. Da a Lieo appena nato

un appellativo che ricordi il parto del padre,

chiamandolo Dioniso, perché, portando il fardello in una gamba,                 20

il Cronide camminava zoppicando per la coscia così appesantita

- che nel dialetto siracusano nysos significa zoppo -

lo chiamano anche Eirafiote,

perché il padre lo aveva cucito nella sua coscia feconda.

Suo fratello Ermes solleva fra le braccia il bambino ignaro di lacrime,

appena guizzato fuori da un parto che non prevede abluzioni,

e lo consegna - immagine della Luna cornigera