
Titolo: Diana e Atteone
Autore: Joachim Wtewael
Datazione: 1612
Collocazione: Boston, Museum of Fine Arts
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tavola
Soggetto principale: Diana e Atteone
Soggetto secondario:
Personaggi: Diana, Atteone, ninfe
Attributi: lancia, cani, mantello (Atteone)
Contesto: paesaggio boscoso con stagno
Precedenti:
Derivazioni:
Bibliografia: Lowenthal A.W., Joachim Wtewael and dutch mannerism, Doornspijk,Davaco 1986 pp.131-132
Immagini: http://www.mfa.org/artemis/fullrecord.asp?oid=33583&did=500
Annotazioni redazionali: L'opera realizzata su pannello ottagonale è firmata e datata in basso a destra sul ponte: “JO (in monogramma) WTEWAEL fecit An 1612”. Atteone è rappresentato a destra circondato dai suoi cani mentre sta attraversando un piccolo ponte. Il cacciatore volge il suo sguardo verso Diana, che presso un laghetto sta facendo il bagno con le ninfe; egli ha così violato lo spazio divino e viene tragicamente punito dalla dea che gli spruzza dell'acqua con la mano dando così inizio alla metamorfosi in cervo. Le corna sono già spuntate sulla sua testa. Intanto mentre due ninfe coprono con un drappo rosso il corpo nudo della dea dallo sguardo dell'uomo, altre due a sinistra fanno gesti di sgomento per l'accaduto; lo stesso fanno le altre sette sull'altra sponda del laghetto. Atteone è vestito da cacciatore con il tipico equipaggiamento da caccia appeso alla cintura, il suo abbigliamento è comunque una fantasiosa versione del XVI secolo, specie la veste tipicamente olandese. Il ponte che sta attraversando sta a significare la transizione da uomo a bestia, il passaggio da virtù a peccato e riempie totalmente il primo piano. Le more che crescono abbondanti sulla sinistra sono un simbolo di lussuria e quindi indicano il peccato compiuto dallo sfortunato Atteone. Sullo sfondo, immersi nel paesaggio boscoso si intravedono degli edifici, un mulino e un ponte che servono a richiamare ancora una volta il peccato, che costerà ad Atteone la trasformazione in cervo e la morte per mano dei suoi stessi cani.
Valentina Leonardi