17: Diana e Atteone

Titolo dell'opera: Diana e Atteone

Autore: Baldassarre Peruzzi

Datazione: 1511 ca.

Collocazione: Roma, Villa Farnesina, Sala del Fregio, parete est

Committenza: Agostino Chigi

Tipologia: dipinto parietale

Tecnica: affresco (500 x 186 cm)

Soggetto principale: Diana punisce Atteone tramutandolo in cervo

Soggetto secondario:

Personaggi: Diana, Atteone, ninfe, cacciatori

Attributi: testa di cervo, cani (Atteone)

Contesto: bosco con fontana

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.italica.rai.it/rinascimento/iconografia/prot1080.html

Bibliografia: Mori G., La villa Farnesina, in I luoghi di Raffaello a Roma, a cura di Cassanelli L., Rossi S., Multigrafica Editrice, Roma 1983, pp. 32-38; Cieri Via C., L'arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel ‘500, Lithos, Roma 2003, pp. 298-301

Annotazioni redazionali: Nel 1511 sono già cominciate le decorazioni pittoriche della Villa suburbana del banchiere senese Agostino Chigi a Roma; la prima sala ad essere decorata è proprio la sala in questione, che prende nome dal fregio affrescato da Baldassarre Peruzzi in alto lungo le pareti. Le scene presentano dei miti ambientati in un unico grande bosco, a parte la parete con divinità marine e fluviali. La lettura delle scene parte dall'erma di marmo posta sulla parete est: si inizia con il Ratto d'Europa, Giove e Semele, Diana e Atteone, Mida, Nettuno e Anfitrite. Sulla parete sud le divinità marine e fluviali e a nord le fatiche di Ercole. Le fonti a cui la decorazione fa riferimento sono il De Consolatione Philosophiae di Boezio per le scene con le fatiche di Ercole e le Metamorfosi di Ovidio per le altre scene. Il Peruzzi resta fedele alle fonti dalle quali trae i temi rappresentati, anche se le scene sono elaborate con un linguaggio ancora quattrocentesco, di derivazione senese, che si rende visibile nella bidimensionalità delle figure e nella sequenza delle scene secondo una composizione modulare attardata. L'intero ciclo è stato letto come un percorso di emancipazione dell'uomo che si comporta prima accettando passivamente il volere divino (Europa, Atteone...), poi man mano con l'ausilio della ragione innalza la sua condizione; l'uomo virtuoso per eccellenza è quindi Ercole che con le sue faticose prove ostacola il volere capriccioso degli dei. Il mito di Diana e Atteone si inserisce tra quei miti in cui l'uomo impreparato entra in contatto con lo spazio divino, violandolo senza essere un eletto; per questo il povero cacciatore viene severamente punito dalla dea, trasformato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani. L'uomo soccombe alla punizione divina di fronte alla quale non può fare niente; qui infatti Atteone è spruzzato con l'acqua da Diana, la quale sta facendo il bagno con le ninfe; il cacciatore ha già la testa di cervo, i suoi cani non lo riconoscono e cominciano ad infierire contro di lui per poi ucciderlo a morsi. In tal modo Atteone degrada da uomo a bestia. È singolare come qui Diana e le ninfe facciano il bagno non in una fonte d'acqua, come narra Ovidio, bensì in una fontana circolare: questo elemento è di derivazione medievale, epoca in cui la storia viene interpretata in chiave moralizzante e la fonte naturale diventa una vasca-fontana (Cfr. scheda opera 14). Il Peruzzi sottolinea bene il gesto di Diana di spruzzare l'acqua, elemento carico di significato: l'acqua simboleggia infatti la separazione dei due spazi umano e divino, spazio che Atteone non avrebbe mai dovuto violare. La ninfa di destra indica con la mano verso l'alto come a voler sottolineare l'origine divina della punizione inflitta da Diana allo sfortunato cacciatore.                           

                                                                                    Valentina Leonardi