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GIOVANNI BOCCACCIO, Della Genealogia degli Dei, V, capitolo XIV

Atteone figliuolo d' Aristeo

Di Aristeo e Auttonoe nacque Atteone, si come testimonia Statio e Ovidio, il quale scrive, che ancho fu chiamato Ianthio, dove dice; chiamando Ianthio, con piacevol faccia. Et sono di quelli, che dicono questo nome essergli stato da una fanciulla imposto, che fu sepolta in quel luogo, ou' egli nacque. Questi (secondo, che dimostra lo stesso Ovidio) fu cacciatore: il quale un giorno lasso per la caccia e essendo sceso nella valle di Gargafia perciochè ivi v' era una fonte fresca e chiara, affine forse di trarsi la sete, avvenne che in quella vide diana che ignuda si lavava. Di che essendosi accorta Diana e sopportando malamente, prese dell' acqua con le mani e la spruzzò nel volto di lui dicendo; va e dillo se puoi. Questi allora fu subito convertito in cervo, che veduto dai suoi cani fu incontavente morto e con i denti tutto stracciato e mangiato. D' intorno la cui fittione cosi scrive Fulgentio; Anassimene, il quale trattando delle dipinture antiche dice nel secondo libro, che Atteone amò la caccia, in gioventù e pervenuto alla matura età considerando i pericoli delle caccie, cioè veggendo la ragione dell' arte sua quasi ignuda, divenne pauroso. Et poco dopoi segue. Ma fuggendo il pericolo delle caccie: nondimeno non lasciò l' affetto dei cani: ne quali da lui invano pasciuti, consumò quasi tutta la sua facultà. Perciò fu dai cani divorato.