Titolo dell’opera: Bacco e i marinai di Acete
Autore: Antonio Averlino, detto Filarete
Datazione: 1433-1445
Collocazione: Città del Vaticano, Basilica di S. Pietro, porta bronzea di S. Pietro, anta destra, bordo sinistro
Committenza: Eugenio IV Condulmer (1431-43)
Tipologia: scultura
Tecnica: rilievo bronzeo
Soggetto principale: Bacco punisce i marinai di Acete trasformandoli in delfini
Soggetto secondario: Acete al timone; i pirati rapiscono Bacco
Personaggi: Bacco, Acete, marinai
Attributi: animali mairini (marinai); corona di tralci, tirso (Bacco)
Contesto: ambiente marino
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Roeder H., The borders of Filarete’s bronze doors to St. Petere’s, in "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes", X, 1947, pp. 150-153; Antonio Averlino, detto il Filarete, Trattato di Architettura, Il Polifilo, Milano 1972, libro IX; Lord C., Solar imagery in Filarete’s doors to St. Peter’s, in "Gazette des Beaux-Arts", LXXXVII, 118, 1976, pp. 143-50; Spencer J.R., Filarete’s Bronze Doors at St. Peter’s, in Collaboration in italian Renaissance Art, New Haven 1978, pp. 33-45; Parlato E., Il gusto all’antica di Filarete scultore, in Da Pisanello alla nascita dei Musei Capitolini, De Luca, Roma 1988, pp. 115-23; Blänsdorf J., Petrus Berchorius und das Bildprogramm der Bronzetüren von St. Peter in Roma, in Die Rezeption der Metamorphosen des Ovid in der Neuzeit; der antike Mythos in Text und Bild, Internationalen Symposion der Werner Reimers-Stiftung, Bad Homburg v.d.H., Berlino 1991, pp. 12-35; Cocke R. Filarete at St.Peter. Fra Angelico in the Vatican: Art and sense of Decorum in the service of the Church. London 1992; Cieri Via C., La casa del Sole. Fonti e modelli per un’iconografia mitologica, in Le due Rome del Quattrocento, Atti del Convegno di Studio, a cura di Rossi S.,Valeri S. Lithos, Roma 1997, pp. 245-55; Cieri Via C., L’arte delle Metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 311-313
Annotazioni redazionali: L’episodio rappresentato si trova nel battente di sinistra della porta centrale di bronzo della Basilica di San Pietro. Per una trattazione sulla committenza e la realizzazione della porta si veda la scheda relativa all’interno del mito di Diana e Atteone - Cfr. scheda opera relativa. L’immagine rappresenta in un girale di acanto l’episodio di Acete, mitico timoniere di una nave di pirati che volevano catturare un giovane addormentato, da lui invece riconosciuto come Bacco. Questi, destatosi in tutta la sua potenza, resosi conto della malvagità degli uomini, li punì tutti, tranne Acete che si era opposto ai compagni, trasformandoli in delfini. Qui sono rappresentati i tre momenti cruciali della storia: nella parte inferiore a sinistra si vede la nave che, a vele spiegate, sotto la guida di Acete, si avvicina alla terra, con vento propizio. Su di essa i marinai si affrettano a controllare le sartie. Il secondo episodio mostra i marinai che, trovato un bambino addormentato su una rupe, non riconoscendo in lui Bacco, rimangono colpiti della sua bellezza e lo prendono sulle spalle per portarlo verso la nave con istinti malvagi. Il terzo episodio, il più indicativo per il significato della porta, viene incorniciato dalla voluta dell’acanto, formando quasi un tondo. In esso la nave ha perso tutta la sua mobilità ed appare ferma nell’acqua, nel momento in cui Bacco, che tiene in mano il tirso, punisce gli uomini malvagi, tramutandoli in delfini, costretti a gettarsi in mare. Le funi sono attorcigliate da fusti d’edera e tralci di viti, e tutto ha una innaturale staticità. L’unico personaggio che sfugge all’ira del dio è Acete che, posto alle spalle di Bacco, è quasi protetto da lui e mantiene la sua fisionomia. La porta centrale è stata ampiamente studiata nel suo significato iconografico nell’interpretazione cristiana dei miti antichi (Parlato, 1988, Blänsdorf, 1991). In particolare questo mito è utilizzato per l’elemento della nave che, fin dagli antichi apologeti, ha sempre rappresentato la Chiesa che salva i fedeli e li porta alla vita eterna. Pertanto Petrus Berchorius legge il mito di Acete in questa ottica, individuando soprattutto le forti responsabilità di coloro che governano la nave. Tutto l’episodio, infatti, indica che la crudeltà dei superiori provoca molto spesso l’iniquità dei sudditi, in senso traslato si può vedere quindi come nella Chiesa la crudeltà e la corruzione dei prelati porti i credenti ad allontanarsi dalla fede. Fuggendo dalla nave che non è in grado di salvarli, essi si buttano nel mare del vizio, divenendo uomini carnali e cattivi. Infatti, non proteggendo Bacco, anzi cercando la sua rovina per il loro interesse, i marinai mostrano di non scegliere il bene ma di seguire le ricchezze temporali e la corruzione. Quindi sono la causa della perdizione della Chiesa e di quelli loro affidati, che vanno vagabondi per i flutti del mare.
Giulia Masone