Titolo dell'opera: Dioniso e i pirati tirreni
Autore: Exekias
Datazione: 530 a.C. ca.
Collocazione: Monaco, Antikensammlung, proveniente da Vulci
Committenza:
Tipologia: kulix attica
Tecnica: pittura vascolare a figure nere
Soggetto principale: Dioniso e i pirati tirreni
Soggetto secondario:
Personaggi: Dioniso, delfini
Attributi: tralcio con grappoli d’uva, corno (Dioniso); delfini (pirati)
Contesto: ambiente marino
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Beazley J. D., Attic black-figure Vase-painters, Oxford 1956, p. 146; Becatti G., L’età classica, Sansoni, Firenze 1965, p. 94; Homann-Wedeking E., ad vocem “Dioniso” in Enciclopedia dell’Arte Antica Classica e Orientale, Roma 1960, vol. III, p. 112; Gasparri C., ad vocem Dionysos, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zurigo-Monaco 1992, vol. III, 1, p. 502.
Annotazioni redazionali: Questa kulix attica a figure nere è stata realizzata dal pittore Exekias intorno al 530 a.C. e costituisce una delle attestazioni più arcaiche del mito di Dioniso e i pirati tirreni. Presenta un’importante innovazione tecnica nell’uso del fondo corallino ed inoltre è uno dei rari esempi di rappresentazione a soggetto dionisiaco ad opera della bottega di Exekias. Al centro del vaso è visibile Dioniso sdraiato in una barca con protome animale che naviga verso sinistra. Il dio è barbato, veste l’ himation e tiene nella mano destra un corno. A chiarire il significato della scena il tralcio carico di grappoli d’uva, nato dall’albero della nave per miracolo del dio, particolare presente nell’ Inno omerico a Dioniso (Acefc01), e i sette delfini, i pirati puniti per averlo rapito, disposti intorno all’imbarcazione. L’iconografia di Dioniso barbuto è tipica della pittura vascolare attica arcaica, sia a figure nere che rosse, anche se nelle fonti più antiche, come quella omerica, è descritto un dio giovane e quindi imberbe. Inoltre si deve notare che la kulix è uno dei pochi esempi in cui non è raffigurata la metamorfosi in atto, ma come già avvenuta. La scelta di tale soggetto è stata interpretata in termini cultuali; infatti, secondo Gasparri (1992), “chi beveva da tale coppa, nel ricevere il dono del dio, comunicava con il dio, assisteva alla sua epifania partecipando al suo mistero. Questo vaso anomalo era destinato non ad un comune simposiasta, bensì ad un mystes”. Tutto ciò acquisisce una maggiore importanza in opposizione alla mutata concezione del ruolo di Dioniso e dei suoi culti ad opera di Pisistrato. Questo processo ha nelle Grandi Dionisie, istituite dallo stesso Pisistrato, il momento culminante; il culto del dio è infatti così allontanato dall’originario contesto estatico per inserirsi in uno più prettamente religioso, legato alle rappresentazioni teatrali ed ai simposi, ambito in cui la raffigurazione di Dioniso e delle virtù del vino era molto diffusa.
Silvia Trisciuzzi