Acefr02

1522

NICCOLÒ  DEGLI AGOSTINI, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar con le sue allegorie in prosa, Stampato in Venetia per Iacomo da Leco a in stantia de Nicolò Zoppino e Vincentio di Pollo, 1522, Libro III

 

Di Acete et compagni

 

Quel vecchio li rispose, il nome mio

Acete e detto se pur tu nol sai

e in mezzo la citta fe non mi oblio

e la mia stanza se vista non lhai

figliuolo fui dun hom humil, et pio

ce meno la sua vita in molti guai

povero piscator, ilqual dapoi

la morte mi lasso li reti suoi.

 

Chaltra ricchezza non m’have da dare

s non le reti si come tho detto

et apresso fi quelle lampio mare

nelqual pescar potessi a mio diletto

Ma perche mal sapea tal arte fare

In pochi giorni mi venne in dispetto

E totalmente al fin quella lassai

Et a propheteggiar incominciai.

 

Dal prophetico spirto transportato

fui alindovinar con passi lenti

e con lingiegnio acuto, et elevato

vuolsi saper dove nascono e venti

e qual e la cagion del mar turbato

e la natura di quattro elementi

e cosi tutto il corso de le stelle

con latre cose assai da intender belle.

 

Onde per questo a governar le navi

mi diedi, e a guidar lor peglialti mari

circando porti diversi, et soavi

hor con piaceri, hor con dolori amari

ma la cagion che da li liti pravi

mi tolse, fu colui che ne fa chiari

di fama eterna, il nostro unico bacco

che dogni viver lieto ha stivo il sacco.

 

Ilqual adoro, e tengo per mio dio

per un miracol che gia far li vidi

perche una volta ritrovandome io

con una nave sopra certe lidi

Proreo patron di quella amico mio

diecinove compagni homeni in fidi

levo cheran banditi di toscna

per portar quelli in parte indi lontana.

 

Lui li raccolse in nave volontiera

e tutta quella notte navicoe

poi la matina giunti a una rivera

con la barca a tor acqua li mandoe

ciascun di lor nando con lieta ciera

et a la nave molt’acqua porte

e menor seco un vago damigello

molto soave, dilettoso, e bello.

 

Proreo lo vide e stimandolo degnio

e molto ricco, come nel aspetto

e nel vestir, e nel acuto ingiegnio

mostrava certo senza alcun difetto

li suoi compagni, et lui con dir benegnio

a quel raccomando con puro effetto

iquai sdegniati disser non dir pivi

ricomandati tu lassa star nui.

 

Alhora lo riguardai li gesti loro

e giudicai che lhaveano furato

e posto io nave per cangiarlo in horo

in qualche porto starno, e inusitato

e il patron pien daffanno, e di martoro

disse poi che il mar lieto, e il vento grato

poniamo in terra il giovinetto saggio

e seguitiamo lo nostro viaggio.

 

Quei nol volendo por si turbor molto

et un di lor che Lybis havea nome

hom strano, e  crudo, e di malvagio molto

con barba irsciuta, e rabuffate chiome

non si havendo lhebbe a forza colto

tal che fu de bol a si grave some

e for del legnio ando ne londe prave

poi con fatica torno su la nave.

 

Quel bel fanciul come da sonno desto

quando vide il patron caduto in mare

dicea verso color che vol dir questo

che fatte voi, perche tanto gridare

ch mha menato qui dettemel presto

e dove mi volete hoggi guidare

a lo qual panda amico di Proreo

ch’a il mel in bocca, e in man lasentio reo.

 

Disse ahi figliuol lo nostro non temere

perche dove vorai te guideremo

che siam qui tutti per darti apiacere

e in ogni loco al tuo comando semo

e sol vogliamo quel che voi volere

in ogni caso horribile, et extremo

alhor udendo rispose il garzone

a lisola vorrei gir di Nasone.

 

Udendo lor si volser prestamente

a me, dicendo Acete in quella parte

drizza il bon legnio, ne temer niente

ma metti in concio il busolo, e le sarte

per contentar questo fanciul piacente

alhora incomintia con la mia arte

a navicare quel loco che mhaveano detto.

 

E mentre cosi alquanto navicai

un di lor chera Ophelte nominato

a me disse gridando dove vai

col legnio bestia rea, pazzo insensato

noi non vogliamo se pur tu nol sai

gira Nason se ben than comandato

gliatri che vadi, per che il giusto cielo

vuol che namdiamo a lisola di Delo.

 

Alhora Io me turbai fuor de misura

e li remi lassai da parte gire

dicendo hor su con la mala ventura

guidate il legnio voi senzaltro dire

udendo Ethalion con faccia oscura

disse a me, tutti ne vedrai perire

se la nave non guido col mio ingiegnio

e corse lui a governar il legnio.

 

Quel belfanciul che vedeva tai cose

disse a lor con parole mansuete

le vostre voglie sono iniquitose

e questo quel che promesso mi havete

che glorie vi seran degnie, e famose

se un simplice fanciullo ingannerete

et io che duol havea de li suoi guai

subitamente apiangier cominciai.

 

Quei non curando iremi in man pigliaro

e cominciorono a vogar fortemente

ma non si mosser dove se firmaro

collegni, perche bacco onnipotente

fe si che remi, et vele si cangiaro

in herbe, e in pesci lor subitamente

che discoprendo il suo furor divino

tutti nel marandaro a capo chino.

 

Perche con la girlanda verde in testa

chera duve, e di pampani adornata

e con le lince sue con furia in testa

hebbe la lor superbia humiliata

e nel mar se gettor con gran tempesta

poi se rivolse a me con voce ornata

e disse non temer non haver doglia

per chio son bacco sta di bona voglia.

 

Alisola di Tegia fa ritorno

povera prima e non ti dar pensero

cosi col legnio senza far soggiorno

subito lo tornai col cor sinciero

io dapoi sempre da quel lieto giorno

per non voler celarti adesso il vero

lho riverito in terra, et adorato

e sempre adorato mentre haro il fiato.

 

 

Allegoria di Pentheo e di Acete

In questa allegoria la tramutatione e breve non ostante chella fabula sia lunga, Pentheo fu Thebano, e fu uno saggio e costumato homo, E perche li Thebani erano grandi bevitori per amore del vino adoravano Bacco, Onde Pentheo li reprendea, et una fiata fece pigliare uno vecchio elquale era ebrio e tennelo tanto che se disebrio, et domandolli perché egli se inebriava, elquall li disse la sopra detta fabula, laqual se interpreta a questo modo, signior mio Pentheo non ti meravigliare se io alcuna volta sono ebrio del vino, percio chio son usato di portare molto vino per mare, Ma una volta navicando con Proreo patrone di una nave per andar a mercantare lui levo sul legnio alcuni toscani che furono diecinove banditi della patria loro, et andandmo a lisola di Delo dove sono solenni vini,

et li carcamo la nave, et questo e Bacco preso in mare, et mentre le maritime onde con prospero vento varcando andavamo cominiassimo a bere per modo che tutti quelli mercatanti se inebriato, et alhora se dimostro Bacco alla prora della nave con la girlanda de pampani et uve, per laquale essendo ben ebrii se gittaro nel mare, e notta chelle velle et li remi cangianti in herba, se intendeno che a lhomo ebrio tutte le cose bianche li pagiono verde e de altri diversi colori, Et parendo a coloro chel mare fusse uno prato se giettaro tutti ne lacqua dove furono mangiati da pesci, e per cio dice che si conversero in pesci.