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LODOVICO DOLCE, Le Trasformazioni, in Venetia, appresso Gabriel Gioito de Ferrari e fratelli, Canto V, pp. 51-52

 

Questo fu alhor, ch’auolto in rozi panni,

E in mano tenendo un gran baston d’Oliva;

Come pastor pine d’amorosi affanni

Per boschi, e amici horror Febo sen giuva:

E quale uccellator,ch’ordisce inganni

Al uago Augel col suon de la sua piua;

Tal ei sonando una sampogna, tenta

D’addolcir chi lo strugge e lo tormenta.

E, mentre dolcemente iua sfogando

Di monte in monte l’amorosa cura;

Un dì l’armeto hor quinci, hor quindi errando,

Lunge da lui condusse altra ventura:

Che’l sagace e Mercurio iui passando,

Lo uede: e quello occultamente fura;

E lonscose in una selva strana,

Che ueder nol potea persona humana.

 

(p. 52)

 

Sol veduto l’hauea Batto pastore,

Ch’iui pasce gli Armenti e le Cavalle

Del Re di Pilo; e’l più cocente ardore

Fuggia ne la profonda ombrosa ualle.

Mercurio, che di lui qualche timore

Prese, che sel uedea presso a le spalle,

Accio che’l furto altrui non palesasse,

Gli accennò con la man,  ch’a lui n’andasse.

 

E gli disse: Pastor, sarai contento,

Auegna ch’amiltà meco non hai;

se alcun chiedesse, oue fosse l’Armento,

Dir, che non l’hai ueduto, e che nol sai:

E perché la tua fe non porti il uento,

Questo Giuuenca in guiderdone haurai.

E gli diè una Giuuenca; che di quella

Mandra fu la più bianca e la più bella.

 

Prima, rispose Batto, questo sasso

(E dimostrò con man) farà palese

Il furto tuo, che la mia lingua casso

D’effeto il tuo bel don, largo, e cortese,

Mercurio mostra di voltare il passo

In altra parte e; e nuoua forma prese.

Ritorna; e s’ha ueduto gli dimanda

Passare Armento alcun da quella banda. 

 

E gli promette et obliga Sua fede,

Quando information di ciò gli renda,

di uoler, ch’egli in cambio di mercede

Da lui un bel Toro et una Vacca prenda.

Batto, che raddoppiarsi il primo uede,

Senza pensar, ch’altrui la lingua offenda,

Mostra, doue è l’Armento. Ah, disse il Dio

Perfido, a me tradisti il furto mio!

 

Quindi lo uolse  in duro Selce: quello,

Ch’Indice fu da chi’l conobbe detto;

Perché fregando l’or, s’è buono e bello

Inditio mostra; e s’è purgato e netto;

Onde s’adorni poi ricco gioiello,

O se ne faccia altro lauor perfetto.

Così di tempo in tempo ancora in questa

Pietra, che non peccò, l’infamia resta.

 

Ciò fatto, si levò Mercurio a uolo,

E per l’aria spiegò le sacre penne;

U girando l’humil terreno suolo,

A  la città di Pallade peruenne

(…)