I-II sec. d.C.
APOLLODORO, Biblioteca, 3, 10, 2
Traduzione da: http://xoomer.virgilio.it/novaphilae/Biblioteca%201.htm
(…) Maia, la maggiore, si unì a Zeus, e in una grotta del monte Cillene partorì Ermes. Il bambino era ancora in fasce nella culla, quando saltò fuori andò in Pieria, e rubò le vacche che pascolava Apollo. Per non essere tradito dalle impronte, legò alle loro zampe delle specie di calzari, le portò a Pilo e le nascose in una grotta; ma due le sacrificò, inchiodò le pelli alle rocce, e la carne in parte la bollì e se la mangiò, e in parte invece la bruciò. Poi in tutta fretta tornò al Cilene. E davanti alla sua grotta trovò una tartaruga che mangiava l’erba. La prese, la svuotò, adattò al suo guscio delle corde fatte con i tendini delle bestie uccise, e così costruì una lira e inventò anche il plettro. Apollo, in cerca delle sue vacche, arrivò a Pilo e interrogò la gente che abitava lì. Gli dissero che avevano visto un bambino guidare delle vacche, ma non sapevano dirgli dove le aveva portate, perché non si vedevano impronte. Con la sua arte mantica, Apollo scoprì che era il ladro, andò al Cilene da Maia, e accusò Ermes. E Maia gli fece vedere che era un bambino ancora in fasce. Ma Apollo lo portò di fronte a Zeus e lo accusò per il furto delle vacche. Zeus ingiunse ad Ermes di restituirle, il bambino negò tutto, ma non venne creduto e dovette condurre Apollo a Pilo e restituirgli il bestiame. Ma poi Apollo ascoltò il suono della lira, e in cambio di quela diede ad Ermes le sue vacche. (…)