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2-8 d.C.

OVIDIO, Metamorfosi, II, 676-707

Traduzione da: http://www.miti3000.it/mito/biblio/metamorfosi.htm

 

Era il tempo in cui andavi coperto di una pelle da pastore

e reggevi nella sinistra un bastone strappato al bosco,

nell'altra mano una zampogna a sette canne digradanti.

E mentre, confortato dalla tua zampogna, t'assillava amore,

si racconta che le tue giovenche incustodite passassero

nella campagna di Pilo, dove il figlio di Maia

le vide e con l'abilità del ladro le nascose in una selva.

Del furto nessuno s'era accorto, se non un vecchio che sul posto

tutti conoscevano e che i vicini chiamavano Batto:

come guardiano sorvegliava i boschi, i verdi pascoli

e le mandrie delle cavalle di razza del ricco Nèleo.

Diffidando di lui, il dio lo trasse con gentilezza in disparte e:

"Chiunque tu sia, straniero, se capita che qualcuno cerchi

questo armento, non l'hai visto, e perché di ciò tu non rimanga

senza mercede, prenditi in premio una vacca bella lustra".

E gliela diede. Accettandola, quello gli rispose: "Stai tranquillo,

amico: del tuo furto parlerà prima una pietra, questa";

e ne indicò una. Il figlio di Giove finse di andar via,

ma di lì a poco tornò e con diverso aspetto e voce:

"Ehi, contadino," gli disse, "se qui intorno hai visto passare

delle giovenche, dammi aiuto e squarcia il silenzio su questo furto.

Avrai in un colpo solo una femmina col suo toro".

Il vecchio, visto che il premio raddoppiava: "Saranno

sotto a quei monti", rispose; e sotto a quei monti erano.

Rise il nipote di Atlante: "Perfido, tradisci me a me stesso?

me a me stesso tradisci?", e mutò quello spergiuro

in una dura pietra, che ancor oggi è chiamata 'la spia':

da allora, senza sua colpa, l'antica infamia bolla quella pietra.