79: Giove e Europa

Titolo dell’opera: Ratto di Europa

Artista: Alessandro Varotari, detto il Padovanino (1588-1649)

Datazione: 1616-1617

Collocazione: Siena, Pinacoteca Nazionale

Committenza:

Tipologia: pittura

Tecnica: olio su tela (194 x 251 cm)

Soggetto principale: Europa rapita da Giove sotto forma di toro

Soggetto secondario: Nettuno, in piedi sulla conchiglia con Anfitrite assiste al ratto di Europa, la scena è affollata da nereidi, tritoni e putti che circondano il toro, in alto a destra assistono alla scena un pastore e due ancelle

Personaggi: Europa, Giove (sotto forma di toro), Nettuno, Anfitrite, nereidi, amorini, ancelle, putti, pastore

Attributi: toro (Europa); tridente (Nettuno); toro (Giove)

Contesto: scena all’aperto sulla riva del mare

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Brandi C., La regia pinacoteca di Siena, La Libreria dello Stato, Roma 1933, p. 348; Torriti P., La pinacoteca nazionale di Siena: i dipinti dal 15. al 18. secolo, Sagep, Genova 1978, pp. 242-244; Pallucchini R., La pittura veneziana del Seicento, Electa, Milano 1993, tomo I, pp. 91, 100-106; Ruggeri U., Il Padovanino, Edizione dei Soncino, Soncino 1993, pp. 11-43, 108; Busetto G. (a cura di), Dei ed eroi del barocco veneziano: dal Padovanino a Luca Giordano e Sebastiano Ricci, Giuseppe Maimone Editore, Catania 2004, pp. 181-183; Mythologica et erotica: arte e cultura dall'antichità al XVIII secolo, a cura di Casazza O., Pennaioli R., Sillabe, Livorno 2005, p. 150, n. 21

Annotazioni redazionali: Il quadro proveniente dalla Collezione Spannocchi Piccolomini di Siena entrò a far parte della pinacoteca nazionale agli inizi dell’800. L’opera fu resa nota da Cesare Brandi che si occupò del suo restauro negli anni Trenta del ‘900. Il quadro del Varotari è arricchito da molti particolari che affollano la scena con divinità e personaggi di vario genere. In primo piano sulla sinistra è inserito il dio Nettuno, raramente presente nell’iconografia del mito, che probabilmente ritroviamo qui al fine di sottolineare l’importanza dell’elemento marittimo nell’episodio mitologico, ulteriormente rafforzato dalla presenza di nereidi e tritoni. Possiamo riscontrare la presenza di Nettuno anche nell’incisione di Giulio Bonasone del 1546, dove è rappresentato sull’estrema destra trainato dai tritoni (Cfr. scheda opera 51). Nel quadro del Varotari il dio marittimo dotato di tridente, con la barba e capelli bianchi, poggia sulla conchiglia assieme ad Anfitrite, ad una nereide e un amorino. Nelle fonti classiche ci sono due testimonianze che attestano la presenza di Nettuno e delle nereidi: Mosco negli Idilli (Eurfc04) e Luciano nei Dialoghi Marini (Eurfc13). Al centro della composizione è raffigurato il momento del ratto della principessa di Tiro: la fuga in mare è sottolineata dal movimento concitato del toro con le zampe anteriori alzate e i muscoli in torsione mentre la fanciulla si regge al suo corno come a guidarlo nella fuga. La scena sembra  avere un tono pacato, Europa abbigliata con peplo e mantello svolazzante siede sul toro con lo sguardo verso gli amorini in cielo che attirano la sua attenzione. Alcuni puttini alati e muniti di frecce circondano il toro, uno di questi lo abbraccia aggrappandosi al collo e nella mano destra reca una fiaccola accesa come Eros secondo il racconto di Achille Tazio (Eurfc12). Davanti alla scena del ratto, in primo piano, sono rappresentati due amorini mentre si baciano a ricordo dell’amore e dell’affetto tra Giove ed Europa. In basso a destra un tritone traina sul suo dorso una nereide distesa, al suo fianco un tritone suona una conchiglia. Il braccio della nereide è decorato con un braccialetto sul quale l’artista appone la firma ”VAROT”. In fondo tra la fitta vegetazione si scorge la presenza di due ancelle dal volto spaventato nascoste dietro il tronco di un albero. Non si accorgono della presenza alle loro spalle di un pastore e un toro, probabilmente da identificare con Mercurio che su ordine di Giove dirige la mandria di buoi verso la spiaggia, secondo quanto narra Ovidio nelle Metamorfosi (Eurfc07). A parere del Busetto (2004) e del Ruggeri (1993) la rappresentazione eseguita dal Padovanino prenderebbe ad esempio il dipinto del Veronese, commissionato da Jacopo Contarini e conservato a Venezia nella sala dell’Anticollegio a palazzo Ducale.Fermo restando che le due composizioni sono molto diverse tra loro, è possibile che l’analogia indicata dai due studiosi riguardi l’atmosfera festosa dei due dipinti, abitati da numerose figure, così come anche nel dipinto di Jean Cousin il Vecchio (Cfr. scheda opera 53).

Gabriella Antonacci